Sembrano passati secoli dall’entusiasmo post closing, il mercato scoppiettante, i “passiamo alle cose formali”, i viaggi di Mirabelli per trattare e comprare giocatori. Ormai il campionato è concluso, il Milan ha collezionato l’ennesima figuraccia allo scadere del secondo tempo contro l’Atalanta ed è quasi ora di tirare le somme su un’annata che si preannunciava piena di soddisfazioni per il tifoso rossonero, ma che invece ha regalato ancora una volta rimpianti su quello che poteva essere ma che invece non è stato.

Quello che il tifoso si chiede è come è possibile essere arrivati al sesto posto (non ancora sicuro) dopo aver speso 230 milioni. Quello che il tifoso vuole sapere è perché si è passati a dire “porteremo di nuovo il Milan sul tetto del mondo”, “il Milan è come una Ferrari lasciata tre anni in garage” a sentire gli stessi identici discorsi del duo Berlusconi – Galliani che tanto hanno fatto infuriare nelle precedenti stagioni, ad esempio la dichiarazione di Mirabelli dopo la partita di ieri: “Scordatevi il Milan delle 7 Champions, non abbiamo più l’appeal né i soldi. Ora con gli sceicchi bisogna fare un altro tipo di mercato, portare potenziali campioni perché ormai quelli affermati non desiderano più giocare nel campionato italiano”.

Non sembra che a capo della Juventus ci sia uno sceicco, tantomeno a Napoli, quel Napoli che ha dato filo da torcere ai bianconeri fino alla fine, che ha un fatturato ( tema tanto caro a molti) in ogni caso minore di quello della società rossonera.
Andando ad analizzare l’operato del nuovo duo bisogna fare una premessa, ovvero che difficilmente dopo una rivoluzione tecnica del genere ci potesse essere un sensibile miglioramento o lottare per lo scudetto, nessuna squadra ci è mai riuscita soprattutto dopo un cambiamento del genere, ma ci si aspettava in ogni caso qualcosa di più dopo i proclami estivi, dove si era posto l’accesso in Champions come obiettivo minimo.
Invece ci siamo ritrovati ad avere praticamente gli stessi identici punti dell’anno scorso, con una squadra che evidentemente è stata costruita male considerando la mole di denaro speso. Tralasciando la follia di spendere quasi 70 milioni solo per il reparto offensivo ritrovandosi, senza l’exploit di Cutrone, con la media goal più bassa della storia, il giudizio da dare è solo uno : progetto tecnico rivedibile e progetto economico di crescita non adeguato.
Passando all’operato di Fassone salta all’occhio immediatamente un fattore importantissimo: Milan China. Secondo il primo rapporto consegnato all’Uefa che poi ha portato al rifiuto del voluntary agreement e al probabile settlement con ancora più probabili sanzioni, l’ AD rossonero aveva previsto un incremento di guadagni francamente poco realistico, passando da un 30 milioni il primo anno, 90 il secondo, 150 il terzo e così via. Il “fiorente” mercato delle sponsorizzazioni cinesi in una stagione ha portato in dote al Milan solamente Alpenwater, con un guadagno di qualche milione, lontano dalle rosee aspettative di Marco Fassone riguardo all’oriente. Insomma una prospettiva quella di Milan China non destinata a durare nel tempo, una missione fallita.

In secundis, non meno importante però, la faccenda del rifinaziamento del debito. Un problema non da poco, poiché per le finanziarie il problema non è risolvere il debito del Milan che si aggira sui 180 milioni, ma quello di Yonghong Li, che evidentemente non offre abbastanza garanzie per poter avere un rifinanziamento a lungo termine , sui 4-5 anni almeno.
Tutti questi fattori hanno portato incertezza in società e di conseguenza in tutto l’ambiente, e con lo spettro di Elliott che si avvicina (ottobre la scadenza per la restituzione del prestito) la posizione dei due, soprattutto quella di Mirabelli, traballa non poco.
L’unica cosa che interessa al tifoso è avere un progetto tecnico adeguato e una proprietà che possa far fronte al calcio odierno, non vivacchiare come è stato per il Milan degli ultimi anni di Berlusconi e Galliani.

Per ora, sicuramente la missione che ci si aspettava da questa società e da questa squadra è ad oggi fallita, aggiungendo che la speranza non muore, la pazienza sì.