La serie A torna subito in campo per il turno infrasettimanale valido per la decima giornata di campionato. A Torino arriva il Sassuolo. Una partita dalla quale la Juventus deve necessariamente uscire con i tre punti per riprendere il cammino parzialmente interrotto dal recente pareggio in casa dell’Inter. 
Come già anticipato da Allegri nel corso della conferenza stampa della vigilia, lo schieramento bianconero presenta diverse novità rispetto alla partita giocata a San Siro. In porta tocca a Perin, protetto da una linea di difesa formata da Danilo, Bonucci, De Ligt e De Sciglio. A centrocampo, spazio per Locatelli e McKennie nel mezzo, con Chiesa sulla fascia destra e Rabiot dalla parte opposta. In avanti, si rivede dal primo minuto la coppia d’attacco titolare composta da Dybala e Morata.
Il Sassuolo di Dionisi risponde con il 4231 che da qualche stagione rappresenta una sorta di marchio per la squadra emiliana. Davanti al portiere Consigli, i neroverdi presentano una linea di quattro difensori formata da Muldur, Ayhan, Ferrari e Rogerio. A centrocampo agiranno Maxime Lopez e Frattesi. Berardi, Traorè e Raspadori formano invece il trio di trequartisti chiamati a supportare Defrel, unico riferimento offensivo.
Le prime immagini che arrivano dallo Stadium offrono uno spettacolo di pubblico non particolarmente entusiasmante. L’infelice orario d’inizio e la politica dei prezzi ancora più infelice che la società si ostina ad applicare, sono la causa dei larghi spazi vuoti che si scorgono soprattutto sulle due tribune. Dopo quasi due anni trascorsi ad aspettare il ritorno del pubblico, adesso lo si tiene fuori imponendo costi di accesso fuori portata per le possibilità di molti.
Guidate dall’arbitro Sacchi, la Juventus, in maglia nera, e il Sassuolo, in bianco, fanno il loro ingresso sul terreno di gioco. Prima del calcio di inizio, le due squadre si raccolgono intorno al cerchio del centrocampo e le luci dello Stadium si abbassano per un minuto di raccoglimento in onore di Umberto Colombo, scomparso nei giorni scorsi. Nome che magari racconterà molto poco ai più giovani, è stato il mediano della Juventus alla fine degli anni cinquanta. Era lui a coprire le spalle a quell’attacco formato da Boniperti, Sivori e Charles che ha scritto alcune delle pagine più belle dell’infinita storia bianconera. Per ragioni anagrafiche non ho mai visto Colombo in campo. Lo ricordo però, in un’epoca relativamente recente, ospite di diverse trasmissioni sportive nelle quali, con educazione e orgoglio, riusciva a comunicare il suo forte legame con la maglia bianconera. Lo salutiamo ricordando in queste righe un episodio accaduto durante una puntata del “Processo di Biscardi” ormai impolverata dal tempo.

Come spesso capita quando magari il campo non offre particolari spunti, gli ospiti presenti in studio si lanciano in una discussione che punta a stabilire chi sia stato il miglior calciatore della storia. Messi e Cristiano Ronaldo sono ancora lontani dal fare la loro fragorosa irruzione nei libri di storia del calcio e gli opinionisti si dividono solamente attorno a due nomi, i soliti. Pelè o Maradona. Gli altri, da Cruijff a Platini, passando per Di Stefano e Puskas, nemmeno vengono presi in considerazione. Colombo ha un’idea differente rispetto agli altri. Arriva il suo momento e afferma sicuro: “Il più grande è stato Sivori”. Mio padre, seduto accanto a me, sorride. Sivori rimane per distacco il giocatore che porta nel cuore più di chiunque altro. Lo studio invece accoglie con una certa indifferenza quella risposta che stona con il dibattito in corso. Il nome di Sivori viene presto messo da parte. Colombo non lo accetta. Riesce a prendere ancora una volta la parola e afferma, con rinnovata convinzione, la sua opinione. Riceve forse una risposta superficiale di troppo. Qualcuno si permette di azzardare: “Sivori era un grande giocatore ma non al livello di quei due”. Il vecchio mediano a quel punto esplode. Ricordo come fosse oggi quelle parole cariche di orgoglio. “Ma cosa ne sapete voi! Io giocavo con lui! C’ero io lì dietro!” 

Il minuto di raccoglimento si esaurisce. Le luci tornano ad illuminare il terreno di gioco. L’applauso dello stadio accompagna un vecchio amico nell’ultimo viaggio. 
L’arbitro Sacchi fischia l’inizio della sfida. La Juventus, fin dalle prime battute, prova ad impossessarsi della partita. La partenza dei bianconeri è decisamente di buon livello. La squadra di Allegri prende il controllo del pallone e piazza dieci uomini nella metà campo neroverde disegnando sul prato combinazioni veloci e precise. Crea un’occasione con Bonucci, una con Morata, trova con De Sciglio un cross insidioso che impegna Consigli poi, dopo aver vanificato, forse con eccessiva superficialità, diverse potenziali buone occasioni per fuorigioco, la squadra bianconera cala di ritmo e di intensità. La partita, complici anche numerose interruzioni e qualche errore di troppo in fase di passaggio commesso dagli uomini di Allegri, si riassesta su un piano di equilibrio. Poco prima del quarto d’ora, la Juventus perde De Sciglio. Il terzino lascia il campo visibilmente preoccupato per il nuovo infortunio subito. Al suo posto, senza nemmeno aver avuto il tempo per riscaldarsi, entra Alex Sandro. Il nuovo entrato viene subito messo in difficoltà da Berardi che, recuperata palla grazie ad un grossolano errore in impostazione di McKennie, dal vertice destro dell’area di rigore, punta e salta il terzino con eccessiva facilità. Il sinistro angolato dell’attaccante impegna Perin in una difficile quanto provvidenziale deviazione in angolo.

La Juventus agisce prevalentemente sulla fascia destra, dove si concentra l’azione di Dybala, Danilo, Chiesa e McKennie. La parte sinistra del campo rimane, come troppo spesso accade, territorio inesplorato. La manovra bianconera si riduce ad una recita prevedibile e scolastica che trova solo in qualche raro spunto di Dybala il necessario salto di qualità. Il Sassuolo, dopo le difficoltà in avvio, riesce a controllare l’avversario con relativa facilità, alzandosi in pressione nel momento in cui la difesa bianconera inizia la fase di impostazione per poi raccogliersi a protezione dell’area. Morata si ritrova molto presto isolato dal resto della squadra, scivolando lentamente ai margini della partita. La Juventus commette troppi errori tecnici e trasmette la sensazione che, in mezzo al campo, Locatelli e McKennie non riescano ad offrire un filtro adeguato. In diverse occasioni, il Sassuolo, con palle verticali, si presenta facilmente al limite dell’area bianconera. Non riuscendo a trovare le giuste coordinate nel portare la pressione in fase di non possesso, la Juventus fatica a recuperare il pallone e a dare ritmo al suo gioco. Ne viene fuori quindi un’azione sporadica e frammentata, priva della necessaria continuità, che permette al Sassuolo di restare comodamente dentro la partita. Gli errori si moltiplicano. Sbaglia Bonucci, sbaglia Chiesa, sbaglia Locatelli. Alex Sandro non ne indovina una, messo in grande difficoltà da Berardi in fase di contenimento e incapace di offrire spunti rilevanti lungo la desolata corsia di sinistra dove, in verità, gli va riconosciuta l’attenuante di ritrovarsi sempre da solo.
L’occasione migliore per i bianconeri capita sul sinistro di Dybala, quando è già trascorsa la mezz’ora di gioco. Il capitano argentino riceve palla da Locatelli, si accentra e lascia partire un tiro preciso e angolato che si infrange contro il palo alla sinistra di Consigli. Alla resa dei conti, si tratta della prima vera conclusione della Juventus verso la porta avversaria, seguita pochi minuti più tardi da un tentativo acrobatico di Chiesa che si spegne alto sopra la traversa al termine di una combinazione tra Dybala e McKennie.
Quando i primi quarantacinque minuti di gioco sembrano avviati ad una tranquilla chiusura, la Juventus, proprio allo scadere del tempo, si addormenta, concedendo il fianco ad una veloce combinazione degli uomini di Dionisi. Berardi, Defrel, Frattesi. In tre passaggi, il Sassuolo libera il giovane centrocampista in area di rigore. Frattesi è poi bravo in diagonale a trovare l’angolo basso più lontano, non lasciando scampo a Perin. Il Sassuolo passa in vantaggio, la Juventus accusa il colpo. Nonostante ci sia il tempo per provare ad imbastire almeno un’azione offensiva, la squadra di Allegri altro non riesce a produrre che un giro palla lungo e inspiegabile, lasciando esaurire il minuto di recupero decretato dall’arbitro Sacchi senza neppure riuscire ad arrivare dentro l’area avversaria almeno con un lancio.
Forte preoccupazione si legge, nei soliti messaggi che accompagnano l’intervallo, per una prestazione che ci si attendeva di ben altro spessore. Per certi versi, si ha la sensazione di rivivere la serata contro l’Empoli. Avvio promettente presto soffocato dall’incapacità di dare continuità e ritmo all’azione. La squadra in campo appare slegata. Risalta nella discussione la difficoltà della coppia di centrocampo di proporre un’azione di contrasto efficace alle manovre del Sassuolo, che con molta facilità è arrivato in diverse occasioni al limite dell’area juventina. In particolare, non è piaciuta la prova di Locatelli che è apparso in difficoltà anche sul piano fisico. McKennie, nonostante l’attiva partecipazione, pur con qualche errore di troppo, alla fase offensiva, ha dimostrato ancora una volta di non avere le caratteristiche per giocare in mezzo al campo con solo un altro compagno. La coppia proposta da Allegri ha confermato di offrire poche garanzie in termini di solidità. Non ha convinto inoltre la posizione di Rabiot. Tenerlo largo sulla sinistra ha privato la squadra di un fisico importante nel mezzo della battaglia e della possibilità di sfruttare al meglio la fascia con un uomo più portato alla fase offensiva. Non si capisce, infine, perchè schierarsi a centrocampo con una linea di quattro se in campo effettivamente si mandano tre mediani.

Al rientro in campo, Allegri propone subito una novità. Resta negli spogliatoi Rabiot, al suo posto entra Cuadrado che prende la sua solita posizione sulla destra, con Chiesa che si sistema dall’altra parte. In avvio di ripresa, la Juventus prova immediatamente a proporsi nell’area avversaria. Si tratta però di un fuoco di paglia destinato ad esaurire la sua debole fiamma troppo presto. La partita continua a snodarsi lenta e faticosa, spezzettata anche dalle continue perdite di tempo ora messe in atto dai giocatori neroverdi in occasione di rimesse in gioco e calci di punizione. Il primo quarto d’ora del secondo tempo trascorre praticamente invano. E’ anzi il Sassuolo a concludere con una certa pericolosità verso la porta di Perin. Raspadori, servito in area da una verticalizzazione di Berardi, riesce ad andare al tiro senza però trovare la via della rete.
Dopo un’ora di gioco, la Juventus scopre che si può provare ad attaccare anche dalla fascia sinistra, fino a quel momento terreno mai battuto. Alex Sandro raggiunge il fondo e crossa in area un pallone forte e teso che trova Cuadrado libero all’altezza del secondo palo. Il colombiano controlla e calcia a colpo sicuro. A Consigli battuto,  Ayhan riesce a ribattere il tiro praticamente sulla linea di porta. La Juventus prende coraggio e cerca di sfruttare quello che sembra essere un buon momento. E’ ancora Alex Sandro a proporsi sulla sinistra. Il terzino scambia con Locatelli e, ancora una volta dal fondo, serve con un cross arretrato e rasoterra l’accorrente Dybala. L’argentino, in area, incrocia forte con il sinistro, di prima intenzione, chiamando Consigli ad una importante parata. Sul prosieguo dell’azione, Cuadrado di testa rimette verso il centro dove irrompe Chiesa che però, sempre di testa, da favorevole posizione, non riesce a centrare la porta. L’illusione che la Juventus possa ora impadronirsi della partita si esaurisce con la conclusione di Chiesa. La squadra di Allegri ancora una volta non sa dare continuità alla sua azione e il Sassuolo, dopo aver sbandato alcuni minuti, riesce a sistemarsi aiutandosi anche con qualche perdita di tempo. Alex Sandro, dopo le due pregevoli iniziative proposte, si riavvolge in una partita completamente negativa, nella quale riuscirà a sbagliare anche i palloni più elementari. 
Arriva il momento di cambiare qualcosa per entrambi gli allenatori. Nella formazione ospite, Scamacca prende il posto di Raspadori. L’obiettivo di Dionisi è quello di offrire alla manovra un punto di riferimento molto fisico, in grado di tenere palla e permettere di salire ad una squadra che ha abbassato il suo baricentro per difendere il vantaggio. Nella Juventus finisce la partita di Morata, autore di una prestazione non buona che è andata via via spegnendosi con il passare dei minuti. Al suo posto Allegri manda in campo Kaio Jorge, accolto con grande curiosità dal pubblico presente allo Stadium. 
La squadra, pur proponendosi con una maggiore insistenza, continua ad apparire slegata. Le poche occasioni create sono principalmente dovute ad iniziative individuali. Avanza la sensazione che difficilmente la Juventus riuscirà a trovare la via della rete se non attraverso una giocata o un episodio. Il gol tanto sospirato arriva ad un quarto d’ora dalla fine, sugli sviluppi di un calcio piazzato. Dybala batte una punizione dalla trequarti. Il cross tagliato dell’argentino cade all’altezza del dischetto del rigore, dove irrompe McKennie che salta più in alto di Ferrari e di testa batte Consigli. Ottenuto il pareggio, la Juventus tenta di prendersi l’intera posta in palio. Allegri sfrutta le ultime due sostituzioni a disposizione per provare ad alzare la potenza offensiva della sua squadra. Vengono richiamati in panchina Danilo e Locatelli, sostituiti da Kulusevski e Arthur.
Il copione però non cambia. Il gioco viene spesso interrotto da falli e perdite di tempo. I bianconeri continuano a vanificare diverse iniziative con fuorigioco che appaiono fin troppo superficiali. Le azioni della Juventus sono solo dei frammenti slegati tra loro all’interno della partita. L'unica vera occasione da rete la crea Dybala, autore di un'azione insistita all'interno dell'area avversaria conclusa con un cross che taglia fuori Consigli e la difesa del Sassuolo e attraversa lo specchio della porta senza che né Kaio Jorge né Alex Sandro riescano a trovare il tempo per chiudere in rete.
Quello che la Juventus esibisce nei minuti finali è un tentativo di assalto frenetico, discontinuo, spesso arruffato. Gli uomini di Allegri si ammassano al limite dell’area, non sfruttando praticamente mai la possibilità di allargare le maglie della difesa avversaria con le sovrapposizioni sugli esterni, ma riducendosi a calciare dalla trequarti palloni che cadono sempre preda dei giocatori neroverdi. Sull’ultimo pallone si decide la partita. Cuadrado lascia partire dalla destra un cross troppo lungo e arretrato che taglia fuori l’intera linea di attacco bianconera. Il pallone viene recuperato da Berardi che lancia l’ultimo contropiede con la Juventus completamente sbilanciata. Il lancio dell’esterno scavalca il ciuffo biondo di McKennie, rimasto ultimo uomo, e apre il campo alla corsa di Maxime Lopez. Il piccolo francese rimane freddo davanti alla porta, scavalcando Perin con un tocco morbido e regalando al Sassuolo una vittoria di prestigio. Il tifoso davanti alla tv osserva quasi incredulo la scena prima di abbandonare il suo posto. Un ultimo pensiero circa la possibilità per McKennie di fermare quel pallone con la mano, rimediando un’inevitabile espulsione ma salvando almeno il pareggio, e la partita finisce. 

Il triplice fischio dell’arbitro Sacchi sancisce la seconda sconfitta interna stagionale dopo quella subita contro l’Empoli, la terza complessiva su un totale di dieci partite di campionato disputate. Troppe! Quella che fino ad un paio di anni fa appariva come una fortezza inespugnabile, oggi sembra diventata terra di conquista, soprattutto per squadre che mai in passato avrebbero immaginato di uscire da Torino con il bottino pieno. Cade la Juventus e cadono, con ogni probabilità, le speranze, già zoppicanti, di rientrare in corsa per la vetta. Tredici punti dal Milan e, per il momento, dieci dal Napoli sembrano davvero troppi da recuperare per una squadra incapace di battere sul proprio campo Empoli e Sassuolo. 
Si apre definitivamente il problema del gol in casa bianconera. La Juventus segna poco, anzi pochissimo. Il gioco d’attacco rimane sempre di più ancorato agli spunti individuali. La squadra non offre mai la sensazione di saper essere letale, di poter segnare da un momento all’altro. Si avverte, anzi, l’impressione opposta. Quando non riesce a capitalizzare una buona occasione, viene ogni volta spontaneo chiedersi se e quando ne ricapiterà un’altra.

Quelli che erano i progressi esibiti nelle ultime partite, sono stati spazzati via da una sconfitta che rischia di essere devastante per il morale della squadra. Avanza il fantasma della scorsa stagione, durante la quale la squadra, ogni volta che è stata chiamata a dimostrare di aver finalmente trovato la rotta definitiva, inevitabilmente falliva la partita che avrebbe certificato il rilancio. Esattamente quello che è accaduto contro il Sassuolo.