Nulla di fatto, salta il tanto decantato progetto seconde squadre, almeno per quest'anno. A sentire i giornali era tutto pronto, si doveva partire ad Agosto, la foto di Costacurta su tutti i giornali come l'artefice di questa riforma lampo che nessuno era riuscito a portare avanti in questi anni. E dire che se ne parlava da tempo, tanto tempo... Già Demetrio Albertini la proponeva nel 2014 ostacolato dall'allora Presidente della Lega Pro, Macalli, e da Carlo Tavecchio.  

Tutto pronto quindi? Un piccolo problema però: al 27 di Luglio, data d'iscrizione delle seconde squadre, soltanto la Juventus ha aderito; si sono defilate Roma, Inter, Milan e Torino, con il Presidente granata che in occasione dell'amichevole contro il Nizza ha parlato di un tempo non sufficiente per l'organizzazione della squadra B in questa stagione che tanto valeva aspettare per non fare figuracce. 

In effetti la frenesia e i tempi corti possono essere la causa principale di questo temporaneo fallimento. Ha parlato anche Gravina dichiarando questo flop di facile previsione e precisando come egli stesso avesse suggerito di partire dal 2019 con una Lega Pro in gironi da 18 squadre. La maggior parte dei club di Serie A aveva infatti chiesto il rinvio alla stagione successiva, anche perché i problemi da fronteggiare non sono pochi: sistema delle promozioni, ripescaggi, limiti per il tesseramento, fuoriquota, e soprattutto costi. 

I costi sono il problema più importante, la stessa FIGC aveva precisato in un comunicato che non sarebbe stata affatto un'iscrizione gratis: costerà 1.200.000 euro sotto forma di "contributo straordinario". Qualche società aveva già pensato di raggirare tale ostacolo attraverso l'acquisto di società già iscritte al campionato di Serie C e vicine geograficamente ma questa non sembra la soluzione più indicata.  

E mettiamoci che magari neanche tutte le società sono così interessate ad aderire a questa riforma. Non è follia pensare che le società di serie A possano aver maggior interesse a fare plusvalenze coi giovani piuttosto che spendere ulteriormente su di essi. E visto che parecchie società falliscono e tante città rimangono senza una squadra professionistica, conviene magari fare come la Lazio che ha fatto in pratica della Salernitana la sua squadra B e la utilizza per far crescere i suoi giovani. 

Come se non bastasse la riforma si scontra con gli interessi della serie B che si è fortemente opposta a quest'ultima. Nascerebbero inevitabilmente gravi problemi economici per le società di B che verrebbero scalzate dalle seconde squadre nella crescita dei giovani delle big italiane dalle quali ricevono in prestito molti ragazzi. 

Partiamo da un presupposto: la sconfitta è del "sistema calcio" nel suo complesso ma una parte di colpa se la prendono comunque i commissari, rei di non aver preso in considerazione tutti i fattori e di non aver fatto i conti con la poca disponibilità generale a partire subito con questa riforma. Questa di mettere ex calciatori al comando con zero esperienza dirigenziale sta diventando un'abitudine rischiosa.  

Non siamo sicuri che la riforma sarebbe stata risoluzione del problema giovani, se andiamo a vedere si tratta solo di emulare paesi come la Spagna e Germania che stanno facendo meglio di noi con i loro giovani talenti. In questi anni non sono poi così tanti i giocatori che escono dalle seconde squadre ed esplodono. Non tutte le stagioni escono fuori giocatori come Busquets e Muller.  Però se non altro era qualcosa, un modo per uscire da questo nulla perenne in cui gravita il calcio italiano. 

Ma in fin dei conti si continua a parlare di riforme e cambiamenti ma quando si tratta di venire al punto si rimane sempre fermi e niente cambi. Rischia dunque di naufragare anche questo progetto come sta naufragando quello del calcio femminile.