La sconfitta con il Napoli e l’eliminazione dall’Europa League possono condizionare la valutazione sulla stagione del Milan? No! No! No! Il Milan di ieri è stato solo eliminato dallo United, esce a testa alta dalla doppia sfida, e probabilmente meritava più di quello che ha raccolto. Non ha demeritato, la prestazione c’è stata nonostante le tante assenze, punito da due errori e nulla più. Con il giusto spirito, coloro che sono scesi in campo, hanno provato a giocarsela alla pari con una squadra nettamente più forte, una squadra che rispetto ai rossoneri era favorita e che, nel momento dei sorteggi, era l’avversario da evitare per tanti.

Mentre altri avrebbero pianto per la mancanza di punte di ruolo, Pioli ha messo Castillejo davanti, rinforzando la mediana con Meité e come all’andata ha provato a fare la partita, senza chiudersi in difesa e ripartire in contropiede. Se all’inizio ha pagato dazio di fronte ad una squadra messa bene in campo, trovate le contromisure, ha preso le redini del gioco facendo vedere ai Diavoli rossi come si gioca a calcio. Un primo tempo giocato meglio, la squadra ha preso campo grazie ad un fraseggio corto con cui il Milan ha creato pericoli nell’area di rigore. Compatto e con le linee vicine è arrivato più di una volta ad impensierire la retroguardia, ma è venuto a mancare nella conclusione e nella scelta dell’ultimo passaggio. Lo United ha potuto constatare che non sarebbe stata una passeggiata e che, nell’intervallo, avrebbe dovuto cambiare qualcosa per avere la meglio sui rossoneri. Ed è così che Solskjær toglie Rashford fino a quel momento annullato dai centrali Kjaer e Tomori (anche ieri la prestazione di Fikayo è stata sopra le righe ed il riscatto deve essere prioritario nell’agenda della dirigenza rossonera), mettendo in campo quel Paul Pogba recuperato da un infortunio. Se la differenza la fanno i particolari, ieri l’ha fatta proprio l’ingresso del francese che, oltre ad aver segnato il gol qualificazione, ha fatto pesare la sua forza e le sue qualità, mettendo in difficoltà i giocatori del Milan che hanno provato a fermarlo anche con le "cattive" maniere, senza riuscirvi. Il gol di Paul è stato un duro colpo per tutta la squadra rossonera che, in quel momento, si è spenta come se avesse ricevuto un diretto in faccia, tramortita ha perso convinzione e ritmo. Il gol, nato da un errore difensivo, è stata una mazzata per la squadra che non aveva demeritato e che aveva raccolto di meno rispetto a quanto fatto in campo. Pogba, ed il suo gol, hanno spostato gli equilibri in campo ed il Milan ha giocato l’unica carta che aveva a disposizione per provare a rimettere in sesto la partita e ridare brio a tutta la squadra: l'ingresso di Ibrahimovic. Lo svedese veniva anche lui da un infortunio e aveva nelle gambe meno di un tempo. Infatti Pioli lo ha inserito a mezz'ora dalla fine, come previsto, ed Ibra ha creato l’unica occasione seria per impensierire il portiere dello United, che ha salvato il risultato ed allontanato i tempi supplementari. Per il resto ha provato a dialogare con i compagni ma oramai la spia della riserva si era accesa per molti, i quali hanno pagato la stanchezza con errori di manovra e di ultimo passaggio. Ibra, questo Ibra, che difficilmente sfida i difensori nell’uno contro uno, non ha trovato varchi per sé e per i compagni, e la ben piazzata difesa dello United non ha sofferto più del dovuto.

Peccato per come è andato il doppio confronto e le recriminazioni sono davvero tante. La partita di ieri trascina con sé anche discorsi riguardanti il proseguo della stagione. Piccola postilla: tra tutte le squadre italiane eliminate dalle coppe europee (un plauso ed un augurio alla Roma di fare bene) probabilmente, senza togliere nulla a nessuno, è quella che meritava di andare avanti. Chiusa postilla. Intanto ha decretato che, per andare in Champions, è rimasto solo il campionato. L’obiettivo lo conosciamo a menadito, ovvero il quarto posto. Obiettivo non facile, ma alla portata. Oggi, giornata di sentenze per molti, occorre capire come procedere nella valutazione della stagione, capire quali parametri usare e cosa in realtà stiamo andando a valutare. Questo discorso lo tolgo fuori oggi perché mi è capitato di sentire e cogliere già delle sentenze scritte in anticipo sulla stagione in corso. Come vado dicendo da molto tempo i conti si faranno alla fine e nessuno sarà esente da questo discorso se gli obiettivi non dovessero essere centrati. Ma aggiungo, a scanso di equivoci, che questa non dovrà essere solo di tipo quantitativo, ma dovrà tener presente anche gli aspetti qualitativi, al di là del risultato sportivo. Oggi, dopo l’eliminazione, qualcuno si è già portato avanti dicendo se il Milan non dovesse andare in Champions sarà una stagione fallimentare. Ora prima di andare avanti occorre vedere quale dimensione diamo al concetto di fallimento. Perché è vero che l’obiettivo del Milan è andare in Champions League, ed è un obiettivo importante soprattutto in termini economici e di visibilità, in quanto ti permette di avere dei margini di manovra, ma non è l’unico parametro di valutazione. La sua importanza ce l’ha ricordata anche Maldini la settimana scorsa: scordiamoci dei Top Players fino a quando il Milan non farà delle stagioni di fila in Champions, dopo ne potremmo parlare. Però se noi ci limitassimo solo a valutare il raggiungimento del quarto posto, avremmo solo una faccia della realtà, tralasciando però alcuni parametri da valutare.

Mi spiego meglio. Il risultato è una valutazione quantitativa, oggettiva, ci dice chiaramente se lo hai raggiunto o meno. Ma non ci dice il come ed il perché. In un Milan dove ci sono anche micro obiettivi sensibili, come ad esempio la crescita delle sue risorse (calciatori, allenatori, dirigenti e quindi la società stessa) si deve procedere anche in un’analisi qualitativa di quello che ha espresso durante l’anno e in quali condizioni lo ha espresso. Non è un mettere le mani avanti o giustificare in anticipo la mancanza dei risultati, che per molti contano più di tutto e tutti. Si dimentica che sono presenti anche aspetti che vanno al di là dei risultati e che devono essere utilizzati per valutare questo Milan e la sua stagione. Anche per correttezza delle tante cose dette fino ad oggi su questa squadra. Termini come "eroici", "hanno sopperito alle assenze", "hanno giocato un buon calcio" non possono essere cancellati o dimenticati per passare direttamente a "stagione fallimentare se…". Infatti, il mio concetto di fallimento sportivo è quando una squadra investe tanto per provare a vincere e poi non riesce, avendo dall'inizio anche i favori del pronostico. Invece il Milan non rientra in questa categoria. La dirigenza non ha mai fatto il passo più lungo della gamba, la squadra veniva etichettata come la quinta, sesta forza del campionato e fino ad oggi ha fatto più di quello che molti speravano. La maggior parte degli addetti ai lavori la dava fuori dalle prime quattro. E se non dovesse arrivare in Champions vorrà dire che chi preannunciava questo è stato lungimirante e la sua valutazione era basata su certezze e non su ipotetiche fantasie o simpatie.

Il Milan fino ad oggi è ancora nelle prime posizioni, tutto quello che ha fatto è frutto del lavoro e non della casualità, ed ha allontanato i giudizi iniziali di coloro che non la vedevano attrezzata per raggiungere certi traguardi. E le prime difficoltà non possono cancellare la prima parte di stagione o ridimensionarla, facendosi trasportare in balia degli eventi. Occorre casomai analizzare le situazioni che sono scaturite per poter correggere la rotta o per capire se sono stati fatti degli errori. Come ad esempio l’esser arrivati ad un appuntamento importante senza punte di ruolo. C’è stato uno sterminio che ha azzoppato il reparto che avrebbe fatto male a chiunque ma si può, eventualmente, valutare la scelta Mandzukic, che non ha ripagato fino a questo momento, o capire da cosa dipendono i tanti infortuni che hanno penalizzato la squadra. Queste sono analisi da fare subito ma non anticipare l’ombra di un fallimento se… Perché c'è fallimento e fallimento!

Come definire allora la stagione del Barcellona, del Real (non vado sulle italiane per evitare improperi, ma con un po' di immaginazione si possono anche discutere su quelle), o del Psg nel caso non dovessero vincere niente con tutto quello che spendono? Si può usare la parola fallimento se gli investimenti del Milan sono in linea con il piano aziendale e rispettano le scelte di un club che cerca di mettere in ordine i propri conti? Assolutamente no, perché non è facile fare delle scelte ben sapendo che le tue risorse sono inferiori e devono essere gestite bene. Quello di ieri è stato un assaggio che deve riportare il Milan nel club dei ricchi. Sì perché, oramai le competizioni europee sono club per ricchi, un tempo ci faceva, ma in passato la quota per rimanere in questo club era più bassa e i soci son cambiati negli anni. Quando parlo del club dei ricchi mi rivolgo a quelli che fatturano tanto, che si possono permettere certi tipi di investimenti e di spendere tanti soldi come ricorda Guardiola, e attualmente il Milan non rientra in questa categoria. Il Milan non lo può fare. Ecco perché in questa fase non potrebbe mai essere fallimento sportivo. Fallimento sarebbe se avesse investito di più di quanto potesse fare. Invece il Milan ha visto accrescere il valore dei suoi giocatori, sta lavorando nel rispetto del fair play finanziario, paga regolarmente gli stipendi in una situazione delicata come quella causata dal Covid. E sta cercando di arrivare ad avere un’autonomia gestionale, provando a far crescere di pari passo i risultati economici con quelli sportivi.

Perché ogni volta che le cose non vanno bene al Milan dobbiamo fare catastrofismi e vestirsi a lutto in anticipo? Andiamo avanti, senza essere funerei, senza essere troppo giudicanti sul Milan. Riconosco che il Milan che non entra tra i primi quattro avrà toppato la stagione, ma si dovrà valutare al di là del risultato conseguito o meno. Perché il Milan non è più all'anno 0. Lo era lo scorso anno. Questo è l'anno 1 ed il prossimo sarà il secondo. Ci dovrà essere continuità, senza buttare a mare tutto quello che è stato fatto. Le difficoltà del Milan sono comuni a tante squadre che devono ripartire o che sono nelle prime fasi della ripartenza, solo che su alcune si è più permissivi, sul Milan no. Ieri è stato il primo passo su quello che deve essere una costante, ovvero sfide di valore, a cui il Milan era abituato in passato. Ieri c'è stata la prestazione, è mancato solo il risultato. Occorre lavorare affinchè i risultati siano in linea con la storia del Milan. Con fiducia, ma valutando il giusto.