Il 3 luglio scrissi poche righe sull'affaire Ronaldo-Juve. Più o meno posso riassumerlo così: la Juventus ha fatto trapelare questa notizia assurda per raffreddare la piazza dopo il deciso rincaro degli abbonamenti. Una strategia aziendale tipicamente juventina che vede nei tifosi qualcosa di simile a delle vacche da mungere (e sia chiaro: io sono totalmente filo-societario).

Mi sono rifiutato di dar credito ai dettagli sulla trattativa che a cascata hanno investito i media ispano-italiani nelle ultime tre settimane, anche quando nelle trame tra Torino e Madrid sembrava affiorare qualcosa di più che un semplice flirt. Non mi entrava in testa come fosse possibile che una società così attenta al soldo si arrischiasse a fare il passo più lungo della gamba. In una parola: irrazionale, cioè quello che nel capoluogo piemontese non viene neppure preso in considerazione.

Diciamocelo chiaramente: non è da Juve imbastire operazioni volte al marketing. Non è da Juve prendere un giocatore già pluri Pallone d'oro. E non è da Juve conferirgli quell'ingaggio. Non è da Juve, non è da Torino, non è da Sabaudi. Sono cose che a queste latitudini non abbiamo mai visto prima e che ci lasciano senza fiato.

Non ho mai festeggiato uno scudetto in vita mia, tranne quello della rinascita (il 28/30 a seconda della contabilità), credo che stasera offrirò da bere a chiunque mi capiti a tiro nel raggio di 5 km. Mia mamma reputa da sempre il calcio come una sorta di veleno: per dire, nell'82 al posto che vedersi Italia-Brasile o Italia-Germania preferiva andare al cinema. Ebbene, sono quindici giorni di fila che non fa che parlare di Cristiano Ronaldo. Torino, la città gelida e distaccata per antonomasia che dal famoso testa a testa Juve-Toro del 1976/77 torna finalmente a ribollire di passione.