Sono arrivate in Italia diverse calciatrici afghane fuggite dall'ira funesta del medioevo talebano che si appresta a governare su quel territorio dove l'Occidente con oltre vent'anni di guerra e 1000 miliardi di dollari ha solo seminato il terreno fertile all'avanza del terrorismo talebano. Un capolavoro politico da premio Nobel. Per dire. Chi può è fuggito. Chi può è venuto in Italia. Nella consapevolezza che non ci può essere posto per tutti, ovviamente, nella consapevolezza che nel mondo di crisi umanitarie ve ne sono a decine, a partire dalla Libia. Dove non c'è la stessa attenzione, la stessa sensibilità, lo stesso sensazionalismo. Quando i migranti muoiono in mare, oramai non fa più clamore. E su ciò si dovrebbe riflettere, e anche agire, perchè evidentemente non tutte le persone sono uguali e non tutte le persone meritano lo stesso livello di protezione e considerazione pur fuggendo ugualmente da regimi dittatoriali.
Arrivano in Italia. Che non è l'isola felice che vogliamo far credere al mondo. Anche noi abbiamo i nostri talebani. Oltre 2milioni e ripeto, oltre 2milioni di violenze sono quelle subite dalle donne in Italia e negli ultimi vent'anni ne sono state uccise più di 3mila! Non siamo come l'Aghanistan, ovvio, ma non siamo neanche il paradiso che si vuol inculcare a livello mediatico, come se qui andasse tutto benissimo. Detto ciò, sarebbe una bellissima cosa, un bellissimo messaggio, se le calciatrici afghane giunte in Italia potessero integrarsi giocando in qualche campionato di calcio femminile. Dove ancora la strada per equipararsi a quello maschile è lunga, dove il professionismo continua ad essere trattato come dilettantismo. Il calcio può tante cose, unire, integrare, regalare spiragli di normalità. Le calciatrici afghane un giorno ritorneranno nella loro terra, se è questo che vorranno, quando sarà sicura, ora però sono qui. E un ponte di solidarietà deve passare attraverso il calcio che magari, guardando al mondo femminile, può cogliere la palla al balzo per superare quelle discriminazioni che ancora esistono rispetto ai colleghi del maschile e potrebbe essere questa l'ennesima occasione per fare quella svolta che si attende da decenni, iniziando magari dal calcio femminile, per arrivare a tutta la società.

Ecco, visto che si è riscoperta l'importanza della lotta alle discriminazioni che subiscono le donne, contro le violenze, il faro acceso sulla condizione delle donne afgane deve aiutare a rendere anche il nostro Paese, un Paese migliore rispetto a quello che è stato ed è ancora oggi.