Era l'estate del 1994, avevo ahimè 22 anni e mi sentivo padrone del mondo. I pensieri, i classici pensieri della vita da adulto ancora non mi interessavano, avevo il primo lavoro a tempo indeterminato, già fatto il militare, all'aeronautica di Istrana (TV), e come ogni anno passavo le vacanze estive in un paesino di montagna in provincia di Belluno, vicino al bosco del Cansiglio. Erano tempi in cui andavano di moda le casette da affittare ogni anno e le famiglie non cambiavano destinazioni, e così ogni estate ci si ritrovava lì, gli stessi amici, le stesse famiglie, un anno dopo, con entusiasmo e la voglia di passare il mese di agosto a divertirsi insieme, passando gra parte della giornata e delle serate in compagnia. A casa ci si andava solo per mangiare e dormire, perché in quel mese, in quel posto, le regole venivano accantonate e la libertà era piena. Era l'anno di Serenata rap di Jovanotti, di The rhythm of the night di Corona, ma soprattutto è stato per me l'anno di Paulo Sousa alla Juve. Era l'anno che sanciva la fine dell'era Boniperti e dava inizio a quella della triade Moggi, Giraudo e Bettega; era anche il primo campionato che attribuiva i tre punti a vittoria. Alla Juve era arrivato un certo Marcello Lippi come allenatore, che subentrava al Trapattoni bis. Ricordo che alla Juve era il momento di rivoluzioni, di cambiare marcia e già in quei tempi i centrocampisti erano l'ago della bilancia delle squadre, e Sousa era uno di quelli che, a mio avviso, avrebbe fatto la differenza se fosse venuto a Torino, e così è stato.

Una mattina come tante, arrivando in centro del paese dove mi sarei trovato con il resto della compagnia, mi fermavo sempre dal giornalio a prendere Tuttosport, costava 1200 lire, e quella mattina appena preso e letto la notizia in prima pagina che diceva "Juve, preso Sousa!" con l'ufficialità della notizia sulle righe sottostanti, ricordo ebbi un'eultanza come se avessi segnato un gol. Sì perché in quegli anni non esistevano gli smartphone, internet, le app, o le trasmissioni sportive h24, le notizie sportive o le sentivi al telegiornale sportivo (ma chi stava a casa?) oppure le leggevi al mattino sul giornale. Non ti arrivavano notifiche in tempo reale, nessun messaggio da amici, nessun articolo condiviso, ciò che leggevi al mattino ti doveva bastare fino al mattino successivo, e se un Agnelli prendeva un jet privato per volare in Grecia a prendere un calciatore, lo poteva fare tranquillamente e noi lo avremmo saputo la mattina seguente e non in tempo reale. In quel paesino di montagna, nel mese di agosto si ritrovavano persone da diverse zone del nord Italia, da Milano, Bologna, ecc e quindi nella cerchia di amicizie c'era una bella vastità di fedi calcistiche, e così ogni mattina l'appuntamento era poi al parco e chi con Tuttosport chi con la Gazzetta chi con il Corriere della sera, ci si confrontava, notizia per notizia, poi le discussioni, i soliti sfottò e poi via in giro in cerca di ragazze e di calcio se ne sarebbe parlato la mattina seguente.

Era un bene? Era un male? Non lo so, non è un classico discorso tipo "eh ai miei tempi era meglio" ma sicuramente era un modo molto più sereno e tranquillo di vivere il momento del calciomercato estivo, ognuno di noi covava dentro di sé la speranza del colpo del campione, che avrebbe comunque saputo e letto il giorno seguente. Ricordo che le trattative estive di mercato nei giornali sembravano quasi dei romanzi, delle telenovele, e quando leggevi di una possibile trattativa, poi l'articolo ti lasciava come ti lascia una puntata di una serie TV di Netflix e aspettavi impaziente il giorno dopo per leggere il seguito. Tuttosport aveva sempre una griglia, squadra per squadra, con dei riquadri nei quali su uno c'era la probabile formazione con i nomi degli acquisti ufficiali in maiuscolo e grossetto, un riquadro delle cessioni ufficiali, uno degli acquisti ufficiali e alla fine quello con le trattative in corso. Ed era sempre il riquadro quello più scrutato, con la speranza di vedere ancora scritto il nome o i nomi dei calciatori che ognuno di noi sperava sarebbero arrivati. Dopo il briefing sportivo mattutino, c'erano partite di tennis, calcetto, il bar del centro "La Stua" con il juke box, le camminate tutti insieme, fino a sera, poi a casa, cena, doccia e nuovamente fuori per la serata, con la speranza che gli ammiccamenti e il lavoro ai fianchi con le ragazze avessero fatto centro. Ci si trovava al muretto davanti la chiesa, senza orari stabiliti, senza gruppi chat su whattsap, senza notifiche, ma per magia eravamo sempre la tutti là e sempre insieme. Nessuno era distratto da un tweet, da una notizia vera o fake, in cui una trattativa saltava all'ultimo, o di un acquisto andato a buon fine, di tutto quello che succedeva in quelle giornate lo avremmo letto e discusso la mattina seguente al parco coi giornali sulle panchine. Erano anche gli anni di Beverly Hill 90210, di Dawson Creek, dei jeans larghi a vita alta, dei giubbotti di jeans con le toppe cucite, io avevo sulla schiena la copertina di "The dark side on the moon" dei Pink Floyd, e poi varie spille degli AC/DC, gli occhiali da sole rotondi e delle Nike.

Tornando al calcio, quell'anno la Juve fece veramente una mezza rivoluzione in uscita e in entrata: furono ceduti tra gli altri, Muller, Dino Baggio e l'imperatore Julio Cesar, ma arrivarono, oltre a Sousa, altri giocatori che avrebbero fatto la storia di quella Juventus come Ferrara, Deschamps e Tacchinardi. C'era un giovane Del Piero che doveva ritagliarsi uno spazio importante visto il grave infortunio subito da Roby Baggio che lo avrebbe tenuto lontano dai campi di gioco per diverso tempo. Poi c'erano i due pilastri Vialli e Ravanelli con Peruzzi in porta. Quella Juventus tornò a vincere, scudetto e coppa Italia e arrivò in finale di coppa Uefa persa nella doppia finale contro il Parma di Scala. Altri anni? Probabilmente, sicuramente un altro modo di vivere e seguire il calcio, mano ossessivo, meno maleducato, meno arrogante, più vero. Nei ritrovi al parco al mattino, ognuno con il suo quotidiano quando ci confrontavamo sulle trattative, nessuno si spingeva in discorsi su bilanci, plusvalenze, costi di ingaggi o cartellino, criticando un'operazione dei rivali in base ai costi. Oggi un affare viene giudicato in primis da quanto una squadra spende, non più dal valore del giocatore sportivo. Chi avete preso? Quanto lo avete pagato? Una volta invece era: chi avete preso? Cacchio forte quello!

Vorrei tornare a poter seguire il calciomercato come in quei tempi ma è impossibile, dovrei scollegarmi e disconnettermi dal mondo. Cercherò di rifugiarmi nei miei ricordi, e di rimanere il più distaccato possibile. Prenderò le notizie quando saranno ufficiali e commenterò quelle cercando di rimanere in un ambito sportivo, tutto il resto lo lascio agli altri. Era molto più sereno il mio rapporto con il calcio, e vorrei tornasse tale. Guardare le partite e solo quelle, non tutto il pre e i post, guardare e giudicare con la mia testa senza dare troppo peso ai commenti di tutti i tuttologi pronti a sputare sentenze in presa diretta. Sopratutto quest'anno che la Juve sta dando vita ad una nuova rivoluzione, c'è troppa carne al fuoco senza logica, carne messa sul fuoco a caso da chi già sa come andranno le cose, e che inevitabilmente attirano su di sé illusioni senza fondamento, nel bene e nel male che poi sfociano in litigi da tastiera in cui volano parole pesanti e offese per trattative saltate o andate a buon fine, ma che per un motivo o un altro hanno sempre un qualcosa su cui potessi attaccare. C'è Pirlo, bene, partiamo da qui; ci sono ancora Paratici e Nedved, ok lasciamoli lavorare e cercheremo di dare un senso quando chiuderanno le porte del calciomercato e vedremo che tipo di squadra saranno stati in grado di consegnare al mister. Per il resto rimangono chiacchiere sul niente. Fare bilanci, tra possibili entrate e uscite, come ci fossimo noi nelle stanze dei bottoni a sapere come stanno realmente le cose, è sì un gioco, ma poi a certi livelli diventa pesante.