C'è una domanda che da molto tempo mi perseguita e a cui continuo a non voler dare risposta: "posso non essere tifoso?". Per tutte quelle persone che, come me, considerano il calcio al pari di una religione, sarebbe come domandare: "posso non essere cattolico?", certamente no. Essere tifoso è una fede, si sostengono i propri colori, nel bene e nel male, in ricchezza e povertà, fin che morte non ci separi. Una filastrocca che chi si è sposato conosce perfettamente e che io rispetto totalmente festeggiando con la mia metà, trentatre anni di unione.

Essere TIFOSO è un sentimento, PURO, l'unico, o fra i pochi ad aver resistito al passare degli anni, alle mode, a tutti quei cambiamenti a cui abbiamo assistito e che sotto la dicitura, "progresso", hanno portato a vivere in modo completamente diverso dal passato, ma non per questo totalmente migliore. Oggi molti tifosi rischiano di restare "prigionieri di un sogno", poichè la cruda realtà cammina per la sua strada, senza fronzoli, senza romanticismo o sentimentalismo, sventolando l'unica bandiera che accomuna moltissime proprietà di Società Sportive, quella del Calcio-buisness. Se gli stadi vuoti, a causa dell'emergenza del post Covid 19, sono l'immagine più brutta e cruda di questa tendenza, le false plus valenze, fatte con scambi di giocatori, gonfiandone il valore, sono la dimostrazione di quanto poco rispetto ci sia per la lealtà sportiva.
Il tifo è partecipazione, è saper gioire, saper superare le difficoltà, credere sempre nel domani. Affermando che il tifo è una forza a cui nessuna Società può rinunciare, non dico certamente una sciocchezza. Ed è qui che le mie certezze si smarriscono, poichè mentre io e moltissimi altri garantiamo fedeltà e passione, c'è chi gioca con i nostri sentimenti, privilegiando il bilancio economico al desiderio di primeggiare in ambito sportivo. Sia chiaro, non è una questione di categoria, di vittorie o sconfitte, ho tifato e gioito anche con il Milan in Serie B, oppure di chiedere al proprietario di turno di sprecare il suo denaro, per accontentarci. E' il desiderio di vedere nella proprietà la stessa nostra passione, sapersi calare nella parte, indossare una sciarpa, esultare per un gol, o scusarsi con i tifosi quando i risultati sono vistosamente insufficienti. Certamente non stare a chilometri di distanza, senza farsi mai vedere e senza conoscere i giocatori della proria squadra.

In passato mi è successo di essere privato della squadra della mia Città. L'imprenditore Zamparini, acquisito il Venezia, comprò anche il Mestre, con l'intento di usufruire del bacino dei tifosi della terraferma. Una scelta esclusivamente economica che affiancava al brand della città unica al mondo, enormi potenzialità. La fusione che ne scaturì, mantenendo la dicitura Venezia, ma aggiungendo l'arancione ai tradizionali verde e nero della squadra lagunare, cancellò la mia squadra, per moltissimi anni. Zamparini portò quella squadra in serie A, anni gioiosi, prima della fuga a Palermo e dei fallimenti, ma non è riuscito ne a costruire lo stadio, impresa sempre difficilissima in Italia, ne a conquistare il cuore di chi, allora come oggi, che siamo in serie D, tifa Mestre.
Forte di questo insegnamento, così come sono stato privato del piacere di tifare per la squadra della mia città, posso e devo rinunciare di tifare Milan se la proprietà è un Fondo Finanziario, privo di sentimenti e che probabilmente non conosce neppure la Nostra Storia? La risposta dovrebbe essere scontata, o almeno, ogni persona che volesse usare la logica, saprebbe cosa rispondere, ma non ce la faccio, mi aggrappo alla solita speranza, a quella di tutti, al domani, perchè essere tifosi non consente retromarcia ed ecco trovata la risposta.

Resta solo ESSERE. Allora, omaggiando il grandissimo Morricone, che con la sua musica ha reso memorabili moltissimi film, concludo con la celebre frase di Rossella O'Hara, che calza perfettamente, superfluo scrivere che la pellicola era Via con il vento: "Domani è un altro giorno" e sarà anche il mio compleanno.
FORZA MILAN!