Non ho lo coscienza e la conoscenza calcistica adatta per imporre il mio pensiero, ma scrivo per la prima volta in questa sezione per rispondere ai tanti disillusi utenti e giornalisti sull'operato Milan e descrivere il mio pensiero su questo mercato pronto a terminare che, chiarisco subito, ritengo positivo e lungimirante. Sono anni che il Milan naviga a vista, si arrabatta per avere il consenso dei tifosi in qualsivoglia modo e maniera e questo risale a più di 10 anni fa, prima dell’ultimo scudetto milanista. Ha iniziato Berlusconi, ignorando il pericoloso deficit, ingaggiando vecchie glorie strapagate o super colpi svenandosi per un riscontro subitaneo, per anni e anni. Ha continuato il misterioso leader orientale, investendo ingenti somme per rivoltare come un calzino la rosa, ma chiamando a raccolta la Uefa che ha subito puntato il dito sul nuovo Milan. Infine eccoci alla versione rossonera a stelle e strisce. Il potente fondo d’investimento ha preso subito in mano la palla, escludendo chi non aveva le carte per il nuovo corso. In primis quindi esclusi Fassone e Mirabelli, forse anche per una questione d’immagine che il mondo aveva di loro dopo la parentesi cinese. Via quindi al Milan nella sua essenza, nel suo essere, un Milan rossonero: Maldini e Leonardo come voci silenziose. Elliott sa come rivedere l’immagine del Milan, decaduto ormai da tempo e due bandiere come loro sarebbero state l’ideale, come anche cercare di continuare con Gattuso, ma Gattuso è uomo di principi. Il nuovo Milan lo vedeva pieno di leader, come il Suo Milan, ma di diverso avviso era la compagine americana e il nuovo AD Gazidis, considerato quel Milan non fattibile al momento. Non solo Gattuso si trova a dover rinunciare per chiare divergenze, ma anche Leonardo, sempre pronto a mettere cifre importanti e a spendere tanto, troppo, per ottenere meno, quasi sempre, tornando da chi gli possa garantire mani bucate. Nonostante quindi l'idea rossonera di Elliott nasca con qualche intoppo, è comunque stata fedele ad un progetto tecnico ben preciso: essere Milan, ma non essere quel Milan, per poterlo riportare veramente Milan.

I punti erano chiari. Creare un Milan dall’immagine appetibile ai mercati e alle borse, creare un Milan sostenibile e virtuoso, creare un Milan che fosse Quel Milan, ma non lo stesso Milan. Essere e non essere. E' partito individuando un amministratore delegato, conosciuto per avere lavorato in un'azienda con intenti simili, l'Arsenal dei giovani che ha portato 4 Fa Cup, 5 Communit Shield, una finale di Europa League, e un costante ottavo di finale in Champions League il tutto in 8 anni. Poi si è individuato Tare come DS ideale per scovare quei giovani che hanno fruttato alla Lazio importanti plusvalenze nel corso degli anni e un costante affaccio nelle zone alte in classifica. Le difficoltà hanno portato però a direzioni diverse, con una versione romana alternativa, Massara, forte anche lui, della nomea di scova giovani, anche se qui, abbiamo anche discrete sequele di fallimenti. Infine completare la dirigenza, trattenendo l’ultima bandiera rimasta, affidandogli maggiori compiti e iniettando un'ottima dose di conoscenza istituzionale (per controllare attivamente l'occhio indagatore della Uefa) come Boban, anch'esso milanista, due piccioni con una fava. Infine identificare un allenatore che sappia valorizzare i giovani e Giampaolo, per la sua conoscenza in Italia e la sua peculiarità e la sua gavetta, è stato giustamente identificato come il compromesso ideale. Ecco il team quindi, ecco il progetto, ecco il nuovo Milan.

Perché però si è optato per un progetto che prevedesse l’acquisizione di giovani promesse, qualcuna con esperienza europea seppur minima? Qui secondo me nasce l’equivoco di molti utenti. Hanno visto il fondo di investimento come una mera entità che volesse ricavare, ricavare e ricavare senza un riscontro sportivo, solo a fini di lucro. Pur non vedendo anche io di buon occhio i fondi di investimento nel mondo del calcio (e così credo la pensi anche la Uefa, che non nasconde mai i suoi intenti bellici verso questo genere di dirigenze), poiché generano squilibri che fanno male nel contesto generale, mi trovo però concorde con l’idea progettuale. Mi spiego meglio. Il progetto attuale va di pari passo con la volontà e la costrizione di voler andare incontro alla Uefa, un ostacolo fin troppo chiaro e alto per ignorarlo come hanno fatto Berlusconi e Li Yonghong. Cosa succede se la Uefa applica pesanti sanzioni al Milan? Questa è la domanda che si sono posti Elliot & Co. E la risposta è ovvia anche a chi non ha un’ampia conoscenza del calcio, come posso essere io: succede che lo scenario del Milan europeo potrebbe finire prima ancora di iniziare. Ed è questo che devono capire i tifosi. Come fare quindi a coprire un deficit di oltre 120 milioni in tre anni, allentando la presa della Uefa e al contempo costruire le basi per un futuro roseo? Quotazione in borsa, nuovo stadio, incremento del valore della rosa, abbassamento del tetto ingaggi, nessuna iper valutazione dei giocatori in entrata, ma non sarebbe bastato, e qui nasce l’idea definitiva, sgradevole, ma più che efficace, del croato Boban. Patteggiare un esclusione dalle coppe europee (quelle piccole), per avere respiro, senza lente di ingrandimento. Questo a mio modesto parere è stata la prima vera importante svolta, una svolta concreta, che ho visto fare da una dirigenza milanista, da tanto tempo a questa parte. Perché quando ti trovi nella melma, sono le scelte coraggiose e pesanti che possono portare a concreti cambi di direzione.

Quindi ci si poteva concentrare con relativa calma al progetto che, ribadisco, per volontà e costrizione, non poteva essere diverso da quanto è stato scelto; questo devono capire i tifosi che giustamente di pazienza non ne hanno più. Perché se vuoi incrementare il valore della rosa e al contempo abbassare il monte ingaggi, non puoi fare altro che puntare su giovani dal potenziale interessante, qualcuno con esperienza seppur minima in Europa, con ingaggi quindi sostenibili. Non il Sanchez preso dall’Inter, non il Rabiot preso dalla Juve, non il Manolas del Napoli o lo Skrtel dell’Atalanta, per fare qualche nome. C’è una coerenza e un’idea chiara e questo non accade da tempo e soprattutto unità d’intenti. Questo è ovvio non porta a sicuri risultati, per non essere frainteso, ma è un approccio lungimirante che ha permesso in un solo anno di abbassare di 20 milioni lordi il monte ingaggi e di 35 milioni il deficit societario, senza aumenti di capitale.

Ecco quindi i punti fondamentali:

1 - Svincolare elementi non utili o dall’ingaggio elevato, quindi via Abate, Montolivo, Bertolacci, Zapata, Strinic, Halilovic, Mauri.

2 - Via i giocatori validi dal punto di vista tecnico, ma dall’ingaggio troppo elevato rispetto al valore intrinseco e comunque superiore ai 2,5 milioni, tetto fissato a inizio progetto, quindi sul foglio delle cessioni ecco Donnarumma, Suso, Biglia, Silva. Qui le difficoltà sono state molte e per ogni elemento, differenti, ma non necessariamente dipese dal Milan.

3 - Poi si è passato al discorso tattico, cercando di far uscire elementi non adatti al gioco del nuovo allenatore. Quindi via Laxalt, Cutrone (sì, discorso a parte, un’uscita coerente e giusta), Kessie e Castillejo. Operazione riuscita a metà e qui le colpe sono probabilmente ascrivibili ai dirigenti milanisti, perché, ovviamente, non intendo dire che Maldini, Boban e Massara siano esenti da errori.

4 - Ricerca quindi di tasselli, per numero e caratteristiche, che potessero coprire le uscite. Qui le scelte del terzino sinistro di spinta (Hernandez), il centrale di potenziale (Duarte), il regista giovane con esperienza italiana o europea (Bennaccer), il vice Kessie vista la mancanza e la difficoltà nel vendere l’africano (Krunic), la punta duttile capace di coprire due ruoli (Leao), il trequartista che cerca la profondità (identificato da Giampaolo nel nome di Suso, anche se qui mi trova in disaccordo) e la seconda punta con dribbling e tecnica (Correa), sono figlie di un’analisi della rosa ben precisa e nessuno di questi acquisti ha dei punti deboli a mio parere.

Manca appunto Correa, seguito da tanto tempo per un semplice motivo: difficile, se non impossibile, trovare un giocatore del suo livello, con esperienza e valore tecnico, adattabilità al nostro campionato e alla rosa in essere, disposto ad accettare un contratto da massimo 2,5 milioni di euro. Per questo l’accanimento che con ogni probabilità purtroppo, complice anche Silva (ma anche il Monaco), porterà ad un nulla di fatto. Quello che voglio dire è che questo Milan ha una pianificazione importante, una direzione chiara e condivisa da ogni suo membro (per questo le uscite di Gattuso e Leonardo), una pianificazione che va vista nel medio periodo, senza fretta, partendo sì da un ingresso europeo, ma non con ossessione per le grandi orecchie, una pianificazione in sintesi che porti il Milan ad essere nuovamente Quel Milan, ma scrollandoselo di dosso momentaneamente, senza false pretese. Essere e non essere il Milan, è questo il problema, è questa la sfida.