Stiamo tutti insieme trascorrendo giorni in cui incertezza e preoccupazione assillano le nostre vite. È persino difficile sorridere, ed allora questa scintilla di felicità la ricerchiamo nelle piccole cose, nel quotidiano: un gesto amichevole del vicino di casa, un cioccolatino dopo il caffè, un tiro a giro sul secondo palo del nostro idolo che si insacca alla perfezione, quasi senza fare rumore. Il gesto tecnico che qualche mese fa avrebbe fatto esplodere in un boato di grida festanti uno stadio intero ora passa quasi inosservato, nel silenzio… uno swish e la palla è in rete.
Sembra quasi strano a ripensarci, migliaia di persone che si abbracciano, urlano, festeggiano, una accanto all’altra, nell’espressione di una passionalità che è spettro dell’essere umano, emozione che scorre viva sotto la pelle.

Oggi non è così, o meglio, rimane la gioia, ma ciò che cambia è il modo in cui possiamo manifestarla, non possiamo più essere lì, su quel seggiolino, a sentire l’odore dell’erba e lo swish del pallone, ma non per questo abbiamo meno passione, quella non passerà mai.
E quando uno si immagina una partita speciale, sicuramente il pensiero va ad una notte di Champions, il cielo sereno, le luci dei riflettori e quella tensione palpabile prima del fischio d’inizio.
Come si può però conciliare tutto questo con la crisi sanitaria mondiale in corso, dove anche essere spettatori di una manifestazione sportiva è diventato pericoloso, rischioso per la salute pubblica?

Se consideriamo la Champions League come la massima competizione per club calcistici al mondo, potremmo paragonarla all’NBA, almeno per quanto riguarda ciò che è stato fatto negli Stati Uniti per consentire di terminare il campionato e lo svolgersi dei successivi playoff. L’NBA ha infatti deciso di trasferire tutte le 22 squadre rimaste in corsa per il campionato ad Orlando, di fatto rinchiudendo giocatori e staff all’interno del Walt Disney World Resort (il più grande complesso di parchi a tema del mondo), creando di fatto una vera e propria bolla, i cui accessi ed uscite erano regolamentati e controllati. Ciò ha permesso di individuare ed isolare celermente i casi di COVD-19 e consentire, seppur senza pubblico, il regolare svolgimento delle partite fino alla finale vinta dai Lakers di LeBron James.

Potrebbe il calcio prendere spunto da questa esperienza per attuare una soluzione simile alla stessa problematica, cioè riuscire a giocare le partite e portare a termine la competizione evitando quanto più possibile i contagi tra giocatori, staff, lavoratori e pubblico?
A mio modo di vedere sì, sarebbe attuabile una soluzione del genere ma solo ed esclusivamente se si ripensa, almeno parzialmente ed almeno per il tempo necessario al cessare dell’emergenza sanitaria, la formula della Champions.
Perché mentre vedo assolutamente non attuabile la soluzione della bolla per competizioni lunghe come i campionati, dove ci sono veramente troppe partite e dove gli spostamenti delle squadre sono comunque limitati all’interno di uno Stato, per quanto riguarda le competizioni internazionali forse sarebbe la scelta più logica.

Però appunto bisogna ripensare la Champions, ma anche l’Europa League, come se fossero dei Mondiali.
Per prima cosa bisognerà dunque eliminare tutti i turni preliminari e studiare un sistema di accesso diretto alla coppa, certo a discapito di piccole squadre purtroppo ma appunto ciò varrebbe solo per questi anni di crisi.
Il secondo punto è portare il numero di squadre partecipanti a 32, cosa che già succede per la Champions.
Terza ma fondamentale questione sarà concentrare tutta la competizione in un mese, massimo un mese e mezzo di tempo, proprio come succede in un Mondiale, e spostare tutte le gare alla fine dei campionati nazionali.

Seguendo questi tre principi si avrebbero quindi i campionati nazionali durante tutto l’anno, con partite e spostamenti controllati dalle singole federazioni e Stati a seconda delle eventuali crisi sanitarie in atto.
E poi da maggio a giugno si giocherebbero Champions League ed Europa League, in due bolle separate ovviamente, in cui squadre e staff sarebbero protetti e sotto controllo. Ovviamente sarebbero cancellati anche i passaggi di squadre tra competizioni, in particolare per quanto riguarda le terze classificate nei gironi di Champions, anche questo per evitare possibili contagi incrociati.

Per le stesse problematiche anche le partite tra squadre nazionali andrebbero condensate in un periodo specifico e giocate tutte in uno stesso luogo controllato e protetto, per evitare spostamenti di persone che in questo caso avverrebbero tra l’altro su scala mondiale.
Insomma, la salute pubblica al primo posto, ma senza assolutamente rinunciare allo spettacolo e alla passione, perché è la passione che ci muove, che ci fa battere il cuore, che ci fa alzare la mattina pensando alla partita che si svolgerà la sera, che sia il calcetto con gli amici o la finale di Champions giocata dalla nostra squadra del cuore, e fin che ci sarà questo ci sarà anche speranza e spensieratezza per superare questo periodo difficile.