Ieri sera giornataccia. Imbarcata viola alle sei di pomeriggio con Twitter che sembrava diventato come le lucine che ci sono sull'albero di Natale: acceso, spento, spento, acceso... 
Di fatto, solo i tanto amati sistemi informatici, hanno tolto molta carne al fuoco, con ospiti di livello, che, minuziosamente, avevamo preparato per una puntata scoppiettante. Anche il Titanic non sarebbe mai dovuto affondare; il sistema tecnologico non comprendeva l'iceberg...
Non è che per caso qualcuno, invece di presentarsi, era intento alla preparazione di "brodi macumbiani?". Ovviamente scherzo. Sembrava una serata priva di sapidità, grazie anche a Saturno contro (di Ozpetek memoria), quando, invece, a Bologna è successo l'inverosimile.
Oscar Damiani, agente del portiere rumeno Radu, poco tempo fa: "Siamo delusi, noi ma soprattutto il ragazzo. E' arrivato anche Onana, a fine stagione Ionut andrà via. In Coppa Italia contro la Roma avrebbe potuto giocare mostrando le sue qualità, ma non è stato così. Il prossimo mese ci saranno tante partite. Dovesse infortunarsi Handanovic, avresti a disposizione un tesserato che ha giocato poco o niente. Continuo a pensare che avrebbe potuto lasciare spazio al suo secondo e non comportarsi come con Padelli, con cui era successa la stessa cosa. Handanovic vuol giocare sempre, da ex calciatore non lo capisco. Il suo mi pare un atteggiamento, tra virgolette, fuori dalla sportività".

Ve la siete tirata...
Non entro in tematiche nerazzurre, poiché sconosciute nei pertugi dei meandri più nascosti, però il motto del Sor Carletto Mazzone "zitti e pedalare" non era più conveniente?
Naturalmente il Diavolo, non solo rossonero, ci ha messo lo zampino: ha apparecchiato e messo su un vassoio d'argento il prossimo titolo di campione d'Italia. Domenica prossima Milan-Fiorentina sarà stupenda. Peccato che i tifosi viola non saranno al seguito; il settore ospiti, volutamente in prevendita libera, ha visto prendere d'assalto i biglietti disponibili ai supporters di mister Pioli. Una caduta di stile inimmaginabile...
Cosa avrà pensato Ionut Radu, come si evince da Wikipedia, "portiere dotato di una buona reattività che si rivela utile nei calci di rigore. In uscita predilige respingere di pugno anziché bloccare il pallone". Pensare com'è andata, avrebbe preferito essere nato negli anni '70 quando vigeva un'altra regola.
Un tocco all’indietro. La comoda presa del portiere, che tratteneva il pallone. Era una sorta di censura allo spettacolo calcistico.
Oggi i numeri 1 non solo non possono più sgarrare, ma spesso, a differenza del passato, il rinvio di piede è l’unico modo per superare situazioni difficili. Certo, per i portieri era meglio quando potevano afferrare con le mani il pallone passato da un compagno di squadra. Ma poi la regola è mutata. Il Regolamento del Gioco del Calcio è un esempio di equilibrio dove basta spostare un piccolo parametro per far cadere tutto il "castello" valutativo. Se una regola muta si verificano, inesorabilmente, una serie di adattamenti sotto forma di comportamenti tecnici, tattici e psicologici (soprattutto per i portieri in merito al retropassaggio) che coinvolgono allenatori, calciatori e dirigenti.
Un tempo, la squadra che era sottoposta agli attacchi degli avversari, col retropassaggio poteva coinvolgere "l'ultimo baluardo difensivo" in un atteggiamento, definito, "odioso". Una via d’uscita all’assedio degli antagonisti, specialmente nei minuti finali delle gare, né onorevole né elegante, ma sicuramente efficace per risolvere positivamente un attacco pericoloso. Le modalità però, erano ben diverse da quelle odierne.
Il portiere, dopo aver agguantato il pallone, doveva privarsene perché non poteva trattenerlo oltre i quattro secondi, ma disponeva della facoltà di riprenderlo anche dopo averlo fatto rotolare a terra, per un tempo indefinito. L’avversario lo andava a pressare non certo per conquistare il pallone, possibilità remota, ma per impedire il non gioco: cioè il dominio del pallone che diventava una negazione non solo del possesso, ma anche della possibile conquista da parte dell’avversario, precludendogli la possibilità di creare gioco.
Una sorta di censura allo spettacolo imposta dai calciatori interessati a mantenere il risultato. Con un inconveniente: gli astanti volevano vedere il gioco ma, senza pallone, non rimaneva altro che l’immaginazione. Una regola così concepita, favoriva eccessivamente la gestione difensiva sotto l’aspetto temporale, a scapito del minor possesso offensivo che, per ovvie ragioni, richiedeva la massima concretizzazione con un’elevata velocità di gioco, pena la mancanza di efficacia. 
Chi non ricorda Dino Zoff in Italia-Brasile ai campionati mondiali in Spagna nel 1982? Lanciava il pallone ai suoi compagni che, se non pressati dai giallo-oro, tergiversavano per poi restituirlo al portiere azzurro il quale, a sua volta, se ne impossessava e, se non insidiato da vicino dagli avversari, lo faceva rotolare per poi riprenderlo. Che al mercato mio padre comprò...
Così facendo i portieri dell’epoca ottenevano un duplice scopo: far trascorrere il tempo limitando il possesso del pallone degli avversari e interromperne il ritmo incidendo sulla loro convinzione di recuperare il risultato. Un comportamento tecnico che determinava anche un aggravio psicologico, minando la sicurezza e la tranquillità degli avversari predisponendoli all’errore. Veder trascorrere il tempo, limitando il raggio d'azione, senza alcuna possibilità di poter "escogitare" effettive possibilità per incidere sul risultato.
Il calcio, grazie all’avvento sempre più imponente e, sotto il mio punto di vista destabilizzante, della televisione, si era ormai trasformato in puro spettacolo dove si fondevano tecnica, tattica e immagine, non poteva sfuggire a una "moralizzazione" di una regola ormai antiquata. L’aumentata qualità delle immagini delle partite trasmesse e la ricerca dei particolari che sfuggono agli spettatori presenti allo stadio, hanno determinato una separazione tra la sensibilità tecnica del pubblico televisivo e quella di chi, invece, preferisce vedere calcio dal vivo. L'attenzione di chi guarda le partite in tv (purtroppo sempre in aumento anche a causa di stadi fatiscenti) è concentrata in modo tale che gli appare più evidente e "scandaloso" il provocato ristagno del pallone. Insomma, l’atteggiamento messo in atto dalle difese dell’epoca non poteva passare inosservato e la regola fu cambiata, come da regolamento, dall’Ifab interpretando l’accresciuta sensibilità degli spettatori rivolta, anche inconsapevolmente, all’etica del gioco.
Il primo cambiamento portò, se non a eliminare completamente il retropassaggio, alla limitazione della gestione del pallone da parte del portiere, che non poteva più riprenderlo tra le mani dopo che se n’era spossessato. Era necessario un tocco da parte di un altro calciatore, compagno di squadra o avversario, per rinnovarne il controllo, una sorta di input che consentiva il facile superamento della regola. Che evidentemente costituiva un ostacolo irrilevante e non così efficace nel contrastare una modalità difensiva al limite della moralità sportiva. Inoltre, per il portiere era ancora possibile, su rimessa laterale, ricevere il pallone da un proprio compagno di squadra e amministrarlo non per ma contro il gioco, in special modo se la sua squadra era in vantaggio. 
Quattro, ricordiamolo, erano i secondi entro i quali il portiere doveva liberarsi del pallone. Trascorrono dieci anni e finalmente si comprende che l’unica via era impedire al portiere di toccare con le mani il pallone passatogli indietro da un compagno, anche dal fallo laterale, come accaduto ieri sera: era il 25 luglio del 1992. L’opera di "risanamento" regolamentare si completava portando a 6 secondi il tempo del trattenimento del pallone tra le mani del portiere, specificando che il compagno di squadra, poteva passarglielo utilizzando esclusivamente la testa, il petto, il ginocchio e altri parti del corpo escluso il piede, a meno che il tocco non fosse involontario.
Aggiungiamo che "se a giudizio dell’arbitro, un calciatore si avvale deliberatamente di un modo illecito per aggirare la Regola, si rende colpevole di un comportamento antisportivo e che pertanto dovrà essere ammonito". Per aggiramento della regola, ad esempio, s’intende quel calciatore che con i piedi si porta il pallone sulla testa per passarlo al portiere.
All’attualizzazione delle norme che debbono seguire il progresso del gioco del calcio, sotto gli aspetti atletico, tattico e tecnico, non concorrono quindi esclusivamente fattori endogeni, ovvero generati all’interno, ma anche esterni. La citata necessità di preservare lo spettacolo si riferisce più a chi guarda che ai protagonisti. Più in generale, uno sport che diventa anche business spinge, paradossalmente, in due divergenti direzioni: da un lato verso l’ottenimento del risultato in base al principio che l’importante è vincere, dall’altro verso la tutela dello show sportivo e della creazione speculativa, proprio per venire incontro ai tifosi da poltrona, del campionato spezzatino.

Siamo al countdown finale per l'epilogo di questo avvincente campionato. Erano anni che lotta scudetto, Europa League e salvezza non avevano così tanto interesse a una manciata di giornate dalla fine.
Il Milan è meritatamente primo.
Ho sbirciato la classifica su una ipotetica meritocrazia senza gli errori arbitrali.

Milan 74
Napoli 69
Inter 64
Roma 62
Lazio 58
Juventus 56
Fiorentina 55
Genoa, Salernitana e Venezia sarebbero quelle indiziate alla retrocessione.

È strano, molto strano, che in tempi di Var ci siano così tante differenze nelle posizioni utili fino al raggiungimento dell'Europa, mentre per andare in serie B siano praticamente le stesse.
Delle due l'una: o anche l'arbitro in sala registrazione, con il proprio mezzo tecnico, ha la sindrome da soggezione psicologica oppure la mediocrità della sezione arbitrale è palese. Bisognerebbe davvero pensare che i bilanci si fanno, purtroppo, anche in funzione del piazzamento finale. Di tutti.
A metà Ottocento vincere le partite cominciò a essere importante, per i premi in palio e anche per la gloria. A quel punto diventarono indispensabili dei giudici di gara che godessero dell’unanime rispetto e fossero in grado di assumere decisioni insindacabili in caso di dispute, così da stroncare sul nascere ogni possibile dissidio tra i giocatori. Entra in scena la figura dell’"Umpire", cioè il primo arbitro.
La sua origine viene fatta risalire all’antico francese "Nomper", traducibile come "uomo solo". Il calcio rovesciò subito il concetto, introducendo due "Umpire". Ancora non si immaginava che gli ex "Umpire" un giorno sarebbero stati pagati decine di migliaia di euro l’anno che, grazie alla Var, sbagliano uguale.
Il Premio Nobel per la Letteratura George Bernard Shaw affermava che "Una vita spesa a compiere errori, non solo è più onorevole, ma molto più utile di una vita consumata a non far niente. Errare è umano, pentirsi è divino, perseverare nel pentirsi è cattolico. Non ho mai conosciuto un uomo che vedendo i propri errori ne sapesse dar colpa a se stesso".

Certo, gli errori non vanno sempre giustificati. Chi sbaglia paga; ma se ha di che pagare sbaglierà all'infinito.
Infatti, solo chi ci tiene rimedia.