Era il quarto di finale più atteso e al termine dei cento minuti di gioco non possiamo certo dire di non essere stati accontentati dalle premesse tra gol, risse da saloon, cambi di modulo che si rivelano (finalmente) efficaci, arbitri infortunati e sostituiti, rete della vittoria del giocatore inaspettato (o forse finalmente arrivato). Era il quarto più atteso, ma era soprattutto il Derby di Milano.

Ieri sera nel deserto di San Siro è andato in scena uno dei Derby più attesi degli ultimi anni visto che oltre al passaggio del turno (e il conseguente accesso alla semifinale) e alla supremazia cittadina, entrambe le squadre avevano in palio molto di più: per il Milan c'era la possibilità di rimettersi sui giusti binari dopo il pesante passo falso contro l'Atalanta (non tanto per la sconfitta che contro la squadra di Gasperini è sempre preventivabile, ma per come è arrivata) e di rigettare i cugini nerazzurri in uno stato di depressione e frustrazione che certo non sarebbe stato mitigato da stampa e tifosi che anzi avrebbero acuito il malessere nerazzurro puntando dritto il dito contro l'artefice dell'ennesima sconfitta (Conte). Per l'Inter, invece, oltre alla possibilità di lanciare un chiaro segnale ai cugini rossoneri (e indirettamente ai rivali della Torino bianconera), c'era la forte volontà di ridimensionare i sogni di gloria dei rossoneri che al momento guidano la classifica di Serie A pur non essendo i favoriti per la vittoria finale.

Nessuna pretattica della vigilia per i due allenatori che schierano in campo le formazioni ampiamente previste nelle ore precedenti al match. Conte conferma (quasi) in blocco l'undici tipo cambiando solo quattro pedine: Kolarov prende il posto di Bastoni (a riposo dopo la partita poco brillante di Udine), Sanchez al posto di Lautaro (ultimamente più appannato del solito) e la coppia Darmian-Perisic al posto dei titolari Hakimi-Young sulle fasce. Pioli, invece, deve fare i conti con una rosa decimata tra infortuni, Covid e squalifiche. Per questo spazio a Dalot in difesa, Meitè in mezzo al campo e il tridente Saelemaekers (al rientro dal primo minuto), Diaz e Leao dietro ad Ibrahimovic. I primi 44 minuti scorrono via senza troppi sussulti: il Milan parte meglio (grazie soprattutto al duo Leao-Hernandez che mette in difficoltà nei primi minuti la corsia di destra degli avversari), l'Inter risponde prendendo le redini del gioco nella parte centrale della frazione grazie soprattutto al centrocampo dove Brozovic, Barella e Vidal sembrano vogliosi di ripetere la partita contro la Juve e al duo offensivo con Lukaku che elargisce sponde preziose ai compagni (sfiorando anche il gol in un'occasione) e un tarantolato Sanchez che cerca in tutti i modi di trovare varchi nella difesa avversaria.

Nonostante il buon momento dei nerazzurri (come spesso è capitato in passato) è il Milan a passare in vantaggio con il solito Ibra che grazie al tempismo e alla precisione (e all'aiuto di Kolarov che ritarda la chiusura) mette la palla nell'angolino dove Handanovic non può arrivare. Milan in vantaggio e Inter che sembra perdere le certezze accumulate fin li. 44 minuti senza troppi sussulti, dicevamo, perché al 44' dallo scontro Romagnoli-Lukaku ne nasce una rissa che porta il belga faccia a faccia con Ibrahimovic. Parte così una sequenza di insulti, spinte e provocazioni, che i compagni provano a bloccare in nome di una partita da giocare e che rischia di essere rovinata dall'intemperanza dei due. Giallo per entrambi e si torna negli spogliatoi in attesa di una ripresa che sembra promettere molto di più rispetto ad un primo tempo comunque ben giocato dalle due compagini.

Se la prima frazione è all'insegna dell'equilibrio, diverso è il canovaccio della ripresa con l'Inter che domina incontrastata la partita e il Milan arroccato in difesa. La svolta della partita arriva al 58' quando un ingenuo Ibrahimovic si fa cacciare per un fallo (inutile) in mezzo al campo. Milan in dieci e senza energie, Inter galvanizzata e pronta a tutto pur di ribaltare la partita. 77% di possesso palla contro il 23% del Milan, 20 tiri a zero (di qui undici nello specchio) e otto calci d'angolo a zero sono i dati che certificano la forza dell'Inter sui rossoneri (naturalmente bisogna tenere contro dell'inferiorità numerica). Forza che porta prima Lukaku al pareggio su calcio di rigore (follia di Leao su Barella e anche dell'arbitro che concede il rigore solo col Var) e poi Eriksen al gol vittoria con la specialità della casa: il calcio di punizione. Il tutto con Conte che cambia modulo e idee puntando sul 4-3-1-2 che esalta non solo il centrocampo ma anche gli esterni con Hakimi e Kolarov sempre in posizione offensiva (sempre per via dell'inferiorità degli avversari che concedono fin troppo campo all'Inter).

Finisce così 2-1 per l'Inter che oltre a ristabilire (parzialmente) le gerarchie, si regala altre due partite da sogno contro la Juventus (difficile che la Spal possa superare la Juve, anche se nel calcio tutto è possibile) e la possibilità di tornare ad alzare un trofeo che in casa Inter manca da dieci anni. Vittoria che restituisce il sorriso a Conte (che dopo la Juve supera nettamente anche il Milan) che dimostra anche di poter cambiare assetto a partita in corso, e che rilancia Eriksen, tolto dal mercato e indicato come regista nelle idee del tecnico salentino. Resta però da risolvere il problema del gol contro le difese schierate: contro Udinese e Shakhtar, ad esempio, i gol non sono arrivati concludendo le partite sullo zero a zero. Contro il Milan ci sono voluti due calci piazzati (finalmente sfruttata una punizione diretta) anche se bisogna sottolineare la giornata di grazia di Tatarusanu che para di tutto. Da rivedere, poi, anche la fase difensiva visto che troppo spesso l'Inter subisce gol evitabili. 

In casa Milan, invece, si leccano le ferite riportate dalla seconda sconfitta consecutiva, la terza nell'ultimo mese che forse inizia ad evidenziare un Milan che inizia a finire la benzina e che ora si trova in riserva. La sconfitta, anche per come è maturata, non dovrebbe scalfire più di tanto il percorso dei rossoneri che restano artefici di una prima parte di stagione quasi perfetta e che dovranno affrontare le seconda parte (importante anche il cammino europeo) senza perdere la spensieratezza e la convinzione che li ha contraddistinti in questa prima parte di stagione. Resta, però, la superiorità degli avversari dimostrata nei numeri e la follia di Ibrahimovic che al di là dell'ingenuità sul secondo fallo, rischia grosso con la prova tv che dovrebbe essere applicata per lo scontro con Lukaku. Una eventuale squalifica a tempo (e non a giornate perchè influirebbe solo sulla prossima edizione della Coppa Italia) potrebbe influire negativamente su una squadra che spesso si affida a lui nei momenti difficili e che al momento deve fare i conti con un Rebic fuori forma e un Mandzukic finito subito ai box.