• Gennaio 2020.

L’Inter, dopo un serratissimo corteggiamento, riesce a strappare Christian Eriksen al Tottenham.

Insieme al ritorno di Ibrahimovic al Milan è il vero grande colpo della sessione invernale di mercato del nostro campionato. Un acquisto che ha confermato il buon trend del nostro torneo, il quale ha ricominciato ad attrarre i migliori atleti anche in campo internazionale, dopo anni tristemente sotto le aspettative.

Come da buone abitudini, però, l’approdo di uno dei centrocampisti più forti al mondo non è stato accolto in modo uniforme: da una parte urla di giubilo scandite dal popolo sostenitore della società acquirente, dall’altra fortissime perplessità dai corrispettivi concorrenti.

Sia ben chiaro, è un discorso che vale per tutti: ricordo ancora l’acquisto di Cristiano Ronaldo da parte della Juventus bollato con gli arcinoti slogan del calibro di “ormai è finito, è vecchio”, “se ha scelto l’Italia significa che è venuto a passare il tempo” e simili. Frasi che si commentano da sole, riferite ad uno dei due calciatori più forti del pianeta e tra i più grandi di tutti i tempi, le quali ricordano, ovviamente con le dovute proporzioni, quelle dal medesimo tenore che hanno accompagnato l’arrivo del danese da Londra appena cinque mesi fa: “è sopravvalutato, vedrete che flop”, “se lo volevano davvero le grandi d’Europa se lo prendevano”. Quest’ultima frase può essere definita come il manifesto critico per eccellenza, volto a screditare un’operazione di mercato sfavillante: 20 milioni di euro per un campione della portata dell’ex Spurs rappresentano una cifra straordinariamente vantaggiosa (ovviamente favorita dalla scadenza del suo contratto originario) e che rende questo investimento eccezionale in rapporto alla qualità del giocatore in oggetto e per cui andrebbe fatto un plauso alla dirigenza che ha regalato il profilo tanto richiesto da Antonio Conte per proseguire nel percorso di crescita intrapreso alla guida del timone della Beneamata.

Insomma, siamo alle solite: un grande giocatore arriva alla corte di una squadra e gli avversari, un po' per timore un po' per convinzione, denigrano quell’acquisto, finendo anche per sminuire la stessa massima serie e, in tutta onestà, tale atteggiamento risulta abbastanza discutibile.

Perché se un calciatore sceglie il nostro campionato deve per forza trattarsi di una ruota di scorta? Perché un professionista non dovrebbe abbracciare un progetto ambizioso ai fini di divenirne uno dei punti saldi mentre, al contrario, dovrebbe scegliere di finire in una big continentale con il rischio di stare più in panchina che in campo? Mistero.

Chiarito ciò, fin qui nulla di eccezionale: sarà come al solito il campo a parlare e stabilire chi avrà ragione, sebbene appaia abbastanza curioso dibattere sul contributo che potrebbe fornire uno dei centrocampisti più forti dell’ultimo decennio calcistico nel pieno della sua carriera.

L’esordio con la Fiorentina in Coppa Italia (uno spezzone di gara nella ripresa) ovviamente non incanta: deve ancora integrarsi, serve tempo e pazienza. Tutto in regola, ma non per i contestatori, i quali già dopo venti minuti scarsi di gioco avrebbero voluto etichettare l’acquisto come fallimento, quasi come se fosse lecito attendersi triplette e sombreri alla prima apparizione.

 

  • Febbraio/Marzo 2020

I detrattori conquistano sempre più credibilità: nelle tre sfide di campionato contro Udinese, Milan e Lazio, il tecnico salentino lo tiene in panchina, facendolo entrare solamente a gara in corso.

Ma come? Uno dei più grandi acquisti di sempre relegato a riserva di lusso? Questa l’ironia che si coglie da più parti, quasi a voler proseguire nello sminuire un calciatore che sicuramente non impatta come forse i facili entusiasmi facevano sperare, ma che nello stesso tempo non meritava di essere giudicato immediatamente tacciandolo già come flop, essendo appena inseritosi in un contesto completamente nuovo.

Da qui, infatti, il grande tema: perché è stato preso Eriksen se il modulo non è quello a lui congeniale? Il 3-5-2 puro, apparentemente, non gli permette di sfruttare al meglio le sue caratteristiche migliori, quali il tiro esplosivo e la rifinitura per i due attaccanti di ruolo e questo si palesa nei pochi minuti di gioco disputati.

Insomma, il malumore cresce anche tra chi lo aveva accolto con ottimismo, spaventati dal dover ammettere di aver (forse) sbagliato giudizio.

Come al solito, esagerazione totale!

Eriksen è giunto in un nuovo campionatio, in una squadra con un assetto completamente differente e con un tecnico che applica un calcio dispendioso, il quale richiede il tempo adeguato allo scopo di poter assimilare schemi e trame di gioco.

Solo che questo non fa notizia, è molto più facile attribuire i soliti demeriti alla campagna acquisti neroazzurra, capace di sbagliare anche questo acquisto.

Peccato che le valutazioni, spesso, sono figlie di dettagli: che cosa sarebbe accaduto se durante il derby quella punizione da distanza siderale si fosse insaccata invece di sbattere cinicamente sulla traversa dei pali difesi da Donnarumma?

Il goal contro il Ludogorets in Europa League non fa testo, e anche la prestazione contro la Juventus, in un clima ormai surreale, non è sicuramente sufficiente.

Pertanto, con la sospensione del campionato, il verdetto è servito: Eriksen non è un campione e la sua esperienza neroazzurra è già da considerarsi non all’altezza.

 

  • Giugno 2020

Si ritorna dopo oltre tre mesi a giocare.

La sfida di Coppa Italia contro il Napoli apre il finale colmo di impegni per concludere questa travagliatissima stagione.

Pronti, via: il primo goal post-lockdown del calcio italiano è firmato proprio da colui che era stato già frettolosamente indicato come “bidone”: Eriksen, direttamente dalla bandierina, con la complicità involontaria di Ospina, segna e fa sperare nella rimonta.

La gara, come ben sappiamo, non avrà l’esito sperato per la squadra milanese, con il trequartista (e adesso ci arriviamo) che ha avuto sui piedi la palla del possibile 1-2, fermato dalla strepitosa parata del portiere colombiano, prontamente riscattatosi dopo un inizio horror.

Se dunque il risultato non ha premiato l’Inter, di certo la prestazione collettiva fornita, soprattutto nel primo tempo (eccetto la distrazione sulla rete subita), è stata incoraggiante e ancora di più la tenuta di Eriksen, apparso diverso.

Ma è domenica sera che, finalmente, il suo talento si presenta ufficialmente al calcio italiano: goal annullato, assist per il vantaggio di Lukaku al culmine di una combinazione eccellente e varie altre giocate che lo promuovono a pieni voti tra i migliori in campo della sfida contro i blucerchiati.

Adesso, con il massimo rispetto per tutte le opinioni, ma come è possibile aver anche solo pensato per un solo istante che questo calciatore non avesse i mezzi per poter incidere con la maglia neroazzurra?

Certo, il primo mese e mezzo tutti ci saremmo attesi qualcosina in più ma ha dovuto pagare lo scotto tra l’ambientamento e, soprattutto, la collocazione in campo.

Ed eccoci al nodo cruciale: Eriksen è un fuoriclasse ma deve giocare trequartista.

Giocare da interno non fa per lui: deve essere libero di poter svariare sulla trequarti in quanto ha una visione di gioco strepitosa, tempi di lettura pazzeschi e tiro da fuori che serve come il pane in alcune determinate situazioni.

Lui, che nel passato è stato paragonato a Sneijder, ha necessità di “fare ciò che vuole” tipico degli estrosi. E lui lo è. Lo è sempre stato e ancora viene da chiedersi come si sia potuto anche solo pensare per un momento di aver preso un “pacco”.

Ancora la strada è lunga e questo è solo l’inizio ma una cosa è certa: Eriksen si sta integrando alla grande e se l’intesa con la coppia offensiva (rafforzata dalle voci di mercato apparentemente più rassicuranti sul futuro di Lautaro) dovesse procedere come pare, allora potrebbe davvero essere l’arma in più per questo finale di campionato e, soprattutto, per la stagione ventura.

E adesso, probabilmente, anche i critici della prima ora si staranno ricredendo su quanto valga questo fenomeno assoluto.