Ancora una volta ci troviamo a dover commentare, con estrema tristezza ed incredulità, fatti di una gravità inaudita. Ancora una volta in un Paese che pare essere letteralmente allo sbando, allo sfascio, mentre da Trieste a Napoli, dilagano atti vandalici di matrice nazifascista e razzista contro simboli della Resistenza, o dei diritti civili, vedi l'incendio della corona alla partigiana Vivoda di Trieste, le scritte infami alla targa dedicata ad Anselmi, al murales di TVBoy sfregiato con simboli nazisti, e via dicendo. E ovviamente negli stadi, mentre il fascismo rialza la testa in un clima politico elettorale che sembra essere a suo favore, ahimè, si scatenano con una naturalezza criminale senza ritegno cori incredibili antisemiti o con i quali si infangano gli ebrei, o si insultano con il solito razzismo i meridionali o le persone di colore. Siamo alle solite di cui sinceramente non se ne può più. E ogni volta a scrivere prediche.
In Inghilterra qualche segnale di cedimento c'è, ma intervengono in modo durissimo, in Italia siamo all'anno zero. Siamo nel regno dell'impunità e per questo si sentono tutti legittimati a fare quello che m... vogliono.
Si inizia con cose che si dicono essere da stadio. Come quel canonico e corale merd ad ogni rinvio del portiere avversario. Accade solo in Italia in questo modo. Abbiamo reso una cosa da calcio, da stadio, la becera volgarità e l'insulto. Un coro come gli altri. Mer... per arrivare poi a qualcosa di più grosso, a cui finisce che ci si farà l'abitudine. Son cori da stadio, si dirà, Certo. Visto che il sistema non riesce ad intervenire, che siano le società a rendersi responsabili di quanto succede.

Chiudessero le curve o le zone delle tribune da dove provengono questi insulti, fino a quando i responsabili non vengono individuati, ed espulsi a vita dagli stadi oltre che ad essere denunciati penalmente ed in sede civile, ed avviassero un processo di epurazione verso questa gentaglia per cercare di ripristinare un minimo di decenza.
Non è vero che non si può fare niente, il punto è che NON si vuole fare niente. E bisogna chiedersi il perchè.
Non fare niente, tollerare, banalizzare, sminuire questi comportamenti, significa sostenerli, esserne quasi complici, pur magari prendendone, ovviamente, poi le distanze con comunicati e con i pugni sbattuti sul tavolo in 140 caratteri, il tempo di un tweet e poi tutto dimenticato, fino alla prossima indecenza, che arriverà, eccome se arriverà.