Enzo Gambaro è sicuramente uno dei più grandi talenti calcistici che la Val Polcevera abbia regalato. Più di cento presenze nel massimo campionato italiano, due Scudetti e una Supercoppa italiana con il Milan, una Coppa Italia vestendo il blucerchiato della Sampdoria e Coppa e Supercoppa d’Austria con la maglia dello Sturm Graz.

Ma come è stato il passaggio alla Samp per uno che da ragazzo è cresciuto al Ferraris guardando le partite del Genoa? «Giocare e crescere con la maglia della Sampdoria è stato fantastico. E’ vero, da bambino andavo allo stadio per seguire i miei idoli Pruzzo e Damiani che allora indossavano la maglia rossoblu, ma se avessero giocato nella Samp sarebbe stata la stessa cosa».

Nella vita di Enzo però c’è stato un salto ben più grande, perchè per uno abituato alla tranquillità dell’Appennino non è facile trovarsi catapultato a Milano, anche se lui non sembra averne sofferto più di tanto se è vero che, come detto, con la maglia rossonera ha messo in bacheca due Scudetti. «Ma la città dove mi sono trovato meglio dopo Genova è stata Parma», afferma Gambaro.
Nel corso della sua carriera ha avuto modo di lavorare con alcuni dei più importanti allenatori italiani, tra cui Fabio Capello, ma ne ricorda con affetto soprattutto altri: «Ho avuto l’onore di essere allenato da mister molto importanti, i migliori sono stati sicuramente Scala, Lippi e Pippo Marchioro. E Franco Bertolla, mio primo allenatore nella Samp, a livello giovanile è stato un genio».

Oggi Enzo Gambaro mantiene ancora rapporti con il territorio che lo ha visto nascere e crescere? «Pontedecimo l’ho sempre vissuta poco, non ero mai presente a causa di tutti i miei impegni calcistici, ma sono sempre rimasto affezionato a Serra Riccò e alla zona di Orero».
Nella sua lunga carriera, come abbiamo detto, ha avuto modo di vincere tanto, quali sono i traguardi che ricorda con maggiore affetto? «Al primo posto metto l’esordio in serie A avvenuto il 17 febbraio 1985, un ricordo indelebile. E la promozione in serie A raggiunta con il Parma nel 1990. Proprio aver lasciato i gialloblu è il più grande rammarico».