Chi è quel bambino, quando si accosta allo sport, che non sogna di diventare un atleta o un giocatore di calcio, da grande? Tutti siamo stati bambini in epoche diverse, ma credo che tutti abbiamo avuto uno stesso denominatore comune: il desiderio di emulare gli atleti campioni e l'impegno, chissà un giorno, di diventare forti come loro!

Io ho vissuto la mia fanciullezza negli anni '50 a Milano dove tuttora mi trovo. Ero già innamorato del calcio a quell'età e ricordo ancora oggi, molto bene, i titoli dei giornali sportivi che allora leggevo nelle edicole con curiosità e interesse, poiché a quei tempi, la televisione non era ancora arrivata nelle nostre case. Le principali vicende sportive le seguivo volentieri, quando mi recavo al cinema. Infatti durante l'intervallo fra il primo e il secondo tempo del film, era in uso proiettare la rubrica cinematografica “ Settimana Incom” che riassumeva gli eventi di cronaca, gli eventi politici e quelli sportivi principali, che si erano verificati durante la settimana precedente. Inevitabilmente si parlava di calcio e dei risultati delle partite di campionato, mostrando i goal più spettacolari e più significativi realizzati dai goleador che andavano per la maggiore.

Fu in quelle occasioni che la mia passione per il calcio si cementò ulteriormente, provando le emozioni più innocenti e più genuine, che solo un bambino di quell'età poteva avere, assistendo alle proiezioni cinematografiche di quegli avvenimenti. Avevo solamente 7 anni quando successe la tragedia di Superga, la tragedia del grande Torino. Se ne parlò a lungo e in tutti i luoghi della città (non solo al cinema), vidi tante persone piangere, giornali listati a lutto e il filmato del sontuoso funerale proiettato giorni dopo al cinema. L'accaduto mi incuriosì e mi turbò molto, tanto da chiedere a mio padre notizie più dettagliate riguardanti la gloriosa squadra del Torino, ed egli fece di tutto per accontentarmi, prima parlandomi a lungo di tutti i giocatori granata, poi fornendomi documenti fotografici e riviste illustrate che li raffiguravano. Io esaminai attentamente quelle immagini di repertorio, fino a rendermi ben conto dell'accaduto, sia pure con la fantasia di un bambino. Ritagliai i reperti fotografici custodendoli gelosamente in un quaderno e conservai quei documenti come una reliquia in una scatola di scarpe vuota, nell'intento di esaminarle ancora negli anni a venire. Ricordo ancora la mitica formazione del Torino che si fregiava di giocatori molto forti, avendo vinto diversi scudetti: Bacigalupo, Ballarin, Maroso; Grezar, Rigamonti, Castigliano; Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. Pure la nazionale Italiana fu privata della presenza di quei grandi giocatori e così mi affezionai inevitabilmente di riflesso anche alla maglia azzurra della Nazionale.

Ma il mio cuore palpitava più intensamente del solito, quando vedevo le immagini che riguardavano i giocatori del Milan. Ammiravo il trio svedese con Green, Nordahl e Liedholm, ammiravo i goal da loro realizzati e me ne innamorai. La mia scelta fu tutta per la squadra rossonera, senza alcun ripensamento! Fu la mia prima e unica maglia quella milanista e la indossai sempre quando con altri miei coetanei correvamo insieme nei prati, dando quattro calci a un pallone, che qualcuno riusciva sempre a rimediare per l'occasione. Ognuno di noi, dentro di sè, si sentiva di essere quel giocatore che ammirava più di altri giocatori. Io ero Nordahl (in cuor mio) e quando riuscivo a segnare un goal ero consapevole e orgoglioso di essermi ispirato a lui. Così quando giocavamo, sfogandoci a correre in lungo e in largo inseguendo il pallone, ognuno di noi indossava sempre la maglia della propria squadra del cuore. C'era chi indossava la maglia nerazzurra, chi quella bianconera e chi altri ancora quella rossonera. C'era anche chi indossava la maglia azzurra del Napoli, Paolino, compagno di giochi che noi chiamavamo affettuosamente “guaglione” e che si faceva tanto benvolere da tutti noi per la sua giovialità e la sua simpatia.

Ma gli anni passarono in fretta, qualcuno cambiò casa, trasferendosi in un altro quartiere e ci ritrovammo sempre in meno a dividere le nostre gioie calcistiche nei prati vicino casa.

Il campionato di calcio ci offriva, ogni domenica, la radiocronaca del secondo tempo della più importante partita della giornata. Mi piaceva già da allora sentire la voce di Niccolò Carosio che commentava direttamente l'incontro di calcio più importante della giornata. Poi a fine partita, ci si ritrovava tutti sotto casa per commentare i risultati, la scusa più innocente per poterci gustare un cono di panna montata presso la latteria vicina.

Nel 1953 chissà come, non ricordo come fu, mio padre ebbe la possibilità di avere 2 biglietti (gradinata distinti) per assistere allo stadio S. Siro al derby Inter-Milan. Mio padre avendo notato la mia sfrenata passione milanista, decise di farmi un grande regalo portandomi con sé. Fu così grande la mia gioia che, per l'emozione, non avvertii particolarmente il freddo di quella giornata rigida di novembre. Per la prima volta in vita mia, assistetti dal vivo a uno spettacolo memorabile, immerso in una cornice di colori rossoneri e nerazzurri, tra lo sventolio di centinaia di bandiere piccole e grandi, tra il suono assordante delle trombe e il clamore di incitamento degli spettatori. Fu la mia prima volta allo stadio, dove mi beai guardando da vicino i giocatori in campo che, fino allora, avevo visto solamente nelle immagini dei giornali e dei filmati. Ammirai con tanta emozione Nordahl, Liedholm, Soerensen, Frignani. Mi colpì pure l'abilità dei giocatori interisti, tra i quali ammirai anche il biondo svedese Nacka Skoglund e l'ungherese Stefano Nyers, i due fuoriclasse che portarono l'Inter a conquistare lo scudetto nella primavera successiva del 1954.

La partita iniziò e si svolse in un clima di gara alquanto combattuto ma non privo di sportività. Per tutto il primo tempo le due squadre cercarono di superarsi a vicenda, senza mai riuscirvi, per l'abilità dei contendenti in campo, ma soprattutto dei due portieri, Ghezzi dell'Inter che qualche anno dopo diventò il portiere del Milan e il portiere rossonero Lorenzo Buffon (solamente omonimo dell'attuale Gigi), anche lui molto bravo tra i pali. Tutto il primo tempo fu molto equilibrato e terminò a reti inviolate, poi nel secondo tempo, si distinse particolarmente l'interista Nyers il quale segnò un bel goal dopo pochi minuti. Il Milan tentò una reazione per cercare il pareggio, ma fu vanificata dall'ungherese, quel giorno parecchio galvanizzato, tanto da realizzare il suo secondo goal personale, questa volta scagliando il pallone in rete su calcio di rigore. Sperai in una possibile rimonta rossonera, in cuor mio mi sarei accontentato pure di un pareggio, ma per completare l'opera, lo stesso giocatore dell'Inter realizzò pure una terza rete, infliggendo una sonora sconfitta ai tradizionali rivali milanisti.

L'incontro infatti terminò con il risultato di 3 – 0 per l'Inter, lasciandomi in lacrime per la delusione ricevuta. Gli stessi tifosi interisti cercarono di rincuorarmi, augurandomi di gioire in una prossima occasione. Quella volta però devo confessare che non provai rancore nei confronti dei colori nerazzurri. Capii anche e soprattutto, per il conforto che mi fornì mio padre, e il conforto ricevuto da parte di alcuni spettatori impietositi dalle lacrime di un bambino che, le partite di calcio potevano procurare gioie ma anche dispiaceri. Imparai però che la cosa importante doveva essere quella di non serbare rancore per gli avversari, ma semmai complimentarsi con loro, riconoscendo lealmente la loro superiorità. Ricordo ancora molto chiaramente le parole di mio padre che mi disse “ ricordati sempre che per imparare a vincere, devi prima saper perdere e riconoscere la sconfitta senza attenuanti, ma soprattutto complimentarsi con gli avversari vincitori”.

Mi convinsi che anch'io avrei provato in seguito le mie soddisfazioni. Bastava attendere momenti migliori, che infatti non tardarono molto ad arrivare e così, presto provai anch'io le mie gioie, assaporandole direttamente allo stadio e anche davanti al teleschermo. La televisione infatti entrò a far parte della nostra vita, cambiando le abitudini di tutti gli italiani. Il progresso e il boom economico contribuirono ad accrescere il nostro tenore di vita. Anch'io crebbi in fretta, continuai i miei studi e continuai ad amare il calcio e il mio Milan, provando parecchie emozioni nel veder vincere la mia squadra, non solo in TV, ma anche recandomi allo stadio con qualche amico. Anche il Milan intanto crebbe in fretta, vinse campionati, coppe Europee, Supercoppe e Coppe Intercontinentali. Negli anni successivi infatti vinse parecchio, dando grandi soddisfazioni a noi tifosi.

Una grande e bella storia, quella rossonera! Una storia felice, costellata di vittorie e di titoli conquistati ovunque! Il Milan tuttora detiene il primato fra le squadre italiane che hanno conquistato più titoli internazionali, Coppe Europee e trofei mondiali. E' il Club secondo al mondo dopo il Real Madrid a vantare più titoli conquistati nella sua storia. Il Club che ha vinto tutto ciò che c'era da vincere !

Oggi, a distanza di parecchi anni, quando vedo ancora vincere o perdere il mio Milan, mi accorgo che il mio cuore palpita come allora, poiché è sempre un cuore che vive ancora grandi emozioni.

Sono le stesse emozioni vissute da quel bambino in un'epoca lontana...

 

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