Una locuzione latina attribuibile a Sallustio recita così: "FABER EST SUAE QUISQUE FORTUNAE", tradotta in "Ciascuno è artefice del proprio destino".
Spesso mi chiedo se realmente siamo noi gli artefici del nostro destino oppure siamo segnati da esso, al quale non possiamo sfuggire in alcun modo. Emiliano era un ragazzo come tanti, con i propri sogni, le proprie ambizioni, la propria famiglia e gli amici.
Emiliano voleva solo giocare a calcio, come faceva da piccolo in Argentina nella sua Santa Fe e magari sognava i grandi palcoscenici o,chissà, il grande calcio europeo. Ad un certo punto della vita, si presenta un'opportunità, arriva la chiamata del Bordeaux e dal Sud America si vola in Francia, appunto, si vola.
Le nuove avventure, si sa, non sono sempre facili, hai bisogno di ambientarti, di capire chi sei realmente e capire fin dove puoi spingerti per arrivare ad essere grande tra i grandi. Ti ritrovi lì a ricoprire un ruolo importante,sei l'attaccante, la squadra ha fiducia in te, sai che loro sono lì a correre e muovere la palla per farti fare goal. Emiliano aveva solo bisogno di tempo per essere grande.
Anche se i goal nei primi anni non arrivavano a raffica, pian piano si faceva strada nel calcio francese, sino all'arrivo nel 2015 al Nantes. Lì inizia il suo exploit, 120 goal in 3 anni, tanti, tantissimi per un attaccante che gioca in un club in cui non ci sono tante ambizioni, in un club che rimane su quella linea sottile tra salvezza e retrocessione. Eppure lui è lì, a sgomitare e correre come un matto, e i goal arrivano, uno,due,tre, non si ferma più perchè il suo nome dal tabellino proprio non lo vuole cancellare. Le squadre di mezza Europa cominciano a notarlo, una in particolare, il Cardiff in Premier League.
Chissà cosa avrà pensato: il fascino della Premier, il confronto con grandissimi campioni, la voglia di mettersi in mostra e forse, finalmente, diventare grandi tra i grandi. Non aveva fatto i conti con il destino, non aveva fatto i conti con un maledettisimo velivolo dalle piccole dimensioni, il Piper PA-46, non aveva fatto i conti con David Ibbotson, un pilota che aveva ricevuto l'idoneità di guida per i velivoli ma non poteva trasportare passeggeri. Tutto accade in un attimo: l'aereo si alza in volo, ti godi il panorama, guardi il mare e la mente viaggia tra i meravigliosi ricordi vissuti con i compagni di squadra al Nantes e i nuovi tifosi inglesi, pronti ad urlare il tuo nome ogni volta che insacchi la palla in rete.

Poi capisci che qualcosa non va, strani rumori, l'ansia ti prende e vorresti non essere solo perché la paura di volare non può diventare paura di morire. Il messaggio vocale agli amici e poi quello al papà: "Sembra che l'aereo stia andando a pezzi, se non avete mie notizie nel giro di qualche ora venite a cercarmi".
L'hanno cercato, e anche tanto, dal 21 gennaio le ricerche sono andate avanti quasi senza sosta, salvo poi fermarsi durante la notte a causa della scarsa visibilità.
Qualche giorno fa, un piccolo sottomarino ha ritrovato il velivolo a circa settanta metri di profondità sul fondo del mare nella Manica; all'interno un corpo incastrato tra i rottami. La paura cresce, i familiari e gli amici sono increduli, poi, arriva il referto del medico sulla corrispondenza del DNA: il corpo ritrovato appartiene ad Emiliano Sala.

Oggi Emiliano lascia la sua famiglia, gli amici e soprattutto il calcio. Lascia a noi tanto sgomento, incredulità, perchè non si può morire così a 28 anni. Allora, caro Emiliano, esci da quel maledetto aereo, esci dall'acqua e torna a volare, su ti aspettano tanti campioni come te, veglia e proteggi i tuoi cari perchè sicuramente sono fieri e orgogliosi di te e anche se in pochi potrebbero accorgersene, tu sei diventato GRANDE tra i grandi...
Riposa in pace Emiliano.