Al giorno d'oggi il calcio non può essere considerato più soltanto come un gioco, poiché vi ruota attorno un vero e proprio universo di interessi, manifestati in variopinte giravolte di denaro che si spostano da un lato all'altro del mondo. Il calcio in veste di business mondiale? Chissà se nelle menti dei nostri predecessori ci fosse spazio anche per una visione del genere, con quello che loro consideravano niente più che un gioco di squadra, trasformatosi nel corso degli anni in un'implacabile macchina da soldi, capace di attrarre capitali e investitori nel fiore della globalizzazione.
Magari qualcuno, ambizioso per sua natura, avrebbe anche potuto auspicarlo, quando durante lo svilupparsi del XIX secolo iniziavano a nascere le prime società con l'obiettivo di trasmettere la passione per questo sport, oltre alla voglia mai celata di vincere oltre che a partecipare, tipica della competizione umana in sé. Ma se dal punto di vista economico nessuno avrebbe potuto quantificare le cifre che ruotano al giorno d'oggi attorno a quello che ormai si definisce un business a tutti gli effetti, forse qualcuno, magari coinvolto dalla passione per quel pallone che si insacca in rete e genera entusiasmo o delusione, avrebbe potuto immaginare che questo sport si sarebbe velocemente diffuso dapertutto coinvolgendo le masse e diventando per loro una sorta di ragione in più per vivere. Infatti è sotto gli occhi di tutti come da generazioni in generazioni, questa pratica così semplice ma complessa al tempo stesso, si sia radicata saldamente dentro ognuno di noi, al punto di farci tremare il cuore, a dimostrazione che le emozioni non per forza derivano da un collegamento fisico con qualcuno o qualcosa, ma si creano dai legami che si stabiliscono con il mondo esterno.

Tuttavia perché vi sto parlando di tutte queste cose? Beh il motivo è molto semplice: sta per avvicinarsi una data di assoluta importanza, che in base allo sviluppo degli eventi all'interno della stessa, potrà cambiare l'esito di un'intera stagione. Di fronte vi sono due compagini, da anni in lotta per la supremazia: da una parte la vecchia signora bianconera che da quasi un decennio domina respingendo le inseguitrici, mentre dall'altra c'è un gruppo dalle sembianze di un malato tutt'altro che immaginario, alla disperata ricerca della propria cura per guarire e tornare ad essere sé stesso. Ma l'origine della malattia partenopea, perché proprio di Napoli stiamo parlando, è da ricercarsi proprio nell'ultima grande sfida con i bianconeri, in quel folle 4 a 3 marchiato dall'incredibile autorete di Kalidou Koulibaly allo scadere, giunta per condannare all'oblio la propria squadra nonostante lo sforzo per rimettere in sesto una partita che sul 3 a 0 sembrava praticamente già persa. Da quel momento il Napoli ha sempre faticato, non ha più mostrato le proprie eccelse qualità nel gioco tranne che in Champions League, ha smarrito le proprie certezze raccolte nella figura di un capitano psicologicamente segnato da quell'errore così imperdonabile, non tanto da parte degli altri, ma più che altro inaccettabile per se stesso. In tal modo la formazione partenopea ha iniziato una sorta di percorso di autodistruzione, così esasperato da ritrovarsi sempre più lontano dai propri standard e da quelli che ormai "erano" gli obiettivi stagionali: ad annata ormai compromessa il presidente Aurelio De Laurentiis decide di esonerare Ancelotti per sostituirlo con Gattuso, ma nonostante sia cambiato il direttore d'orchestra, la musica è rimasta la stessa. E se neanche un guerriero nato come Ringhio riesce a risollevare moralmente questa squadra, verrebbe da chiedersi quale sia la tanto agognata cura da applicare per guarire questo Napoli, ormai vicino alla definitiva capitolazione.

Beh provo a rispondere, nonostante mi renda conto di non poter dare un'indicazione precisa: alla luce di quello che ha originato questa peculiare malattia, mi sentirei di dire che la medicina potrebbe essere proprio quella stessa Juventus che all'andata colpì nel segno, una formazione di assoluti campioni che sta letteralmente schiacciando chiunque si frapponga tra lei e la vittoria. Infatti per un gruppo con scarse motivazioni come quello partenopeo affrontare i bianconeri rappresenta una ragione forte ed evidente per rialzare la testa, un'opportunità irrinunciabile per restituire al popolo di una delle città più belle in assoluto, ciò che merita di vedere quando decide di sintonizzarsi sulla linea del San Paolo. Uscire con un risultato positivo dal match che si disputerà nel posticipo di domenica sera alle 20:45, significherebbe lanciare un segnale chiaro all'intero campionato, e così il Napoli potrebbe davvero venire fuori dalla propria crisi dimostrando a sé stesso, più che agli altri, che è possibile risorgere dalle proprie ceneri, attraverso una motivazione più forte di quella di lasciarsi andare al proprio destino. Niente può essere più stimolante di lottare duramente per conquistare qualcosa, e in questo caso il Napoli ha la reale possibilità di riconquistare in un solo colpo quella fiducia ormai svanita da tempo, da quel maledetto 31 agosto allo scoccare del minuto '92.

Vorrei dunque chiudere questa breve riflessione con una frase un po' ad effetto, tratta dalla celebre scrittrice statunitense Anaïs Nin, che appunto in riferimento al destino affermava: "Quello che chiamiamo il nostro destino è in realtà il nostro carattere, e il carattere si può cambiare."