Il piacere quasi baudelairiano di perdersi tra le maglie avversarie, che simboleggiano il proprio mondo. La gioia sottile e muta di guardare senza esser visto. Osservare. Il conforto di poter far a meno dell’ansia di mostrarsi, e mostrarsi quando conta davvero. In un universo che vive di immagine e meraviglia, spettacolo, come quello del calcio, la discrezione è forma di reazione, è contrasto.
La discrezione è un’arte, una scelta di vita, quella di non essere sempre e irrimediabilmente presenti. “È l’arte della sottrazione, non per negare ma per affermare se stessi.” Secondo Pierre Zaoui (docente di Filosofia presso l’Università di Parigi VII): la discrezione è la nuova faccia della modernità. Le anime discrete, afferma Zaoui, sono quelle che fanno il mondo: senza di esse, più nulla può reggere.

Il pensiero corre a José María Callejón, in procinto di lasciare l’Italia a fine stagione. José María Callejón che è stato per anni tra i calciatori più moderni ai quali abbiamo assistito proprio grazie alla sua discrezione, in campo e fuori. José María Callejón, anima discreta che ha fatto il mondo del Napoli, un mondo che senza lui non avrebbe retto.
Gli uomini senza gol, l’importanza di non segnare.
Lo spagnolo, in scadenza di contratto, ci ha colpito con tutta una miriade di gesti decisivi al fine di una partita, o una stagione, che spesso sono passati inosservati. Fondamentali sottovalutati dagli spettatori e/o a volte anche dai giocatori stessi.

Callejón è stata una delle risorse più importanti nello scacchiere di Benitez, che lo ha voluto a Napoli, poi nello spettacolare Napoli di Sarri, dopo ancora in quello di Ancelotti che trovava in lui quella duttilità alla quale troppi giocatori azzurri erano poco inclini. Un calciatore tra i migliori di almeno sei degli scorsi campionati, di cui si è parlato meno.
José María Callejón è entrato poco nei dibattiti, sicuramente non a sufficienza, perché non è, non lo è mai stato, il classico giocatore da copertina. L’uomo dei trenta gol a stagione, dei venti assist, quello dal dribbling ubriacante o dalla maestosa visione di gioco. José María Callejón non è un uomo di palla, in un gioco in cui la palla è elemento imprescindibile.

A pensarci bene, però, durante una partita un calciatore passa più tempo senza che con il pallone. All’interno del gioco di posizione, ad esempio, la capacità di generare linee di passaggio pulite è essenziale. E l’ex Real ha usato quel tempo a sua disposizione, usa tutt’oggi quel tempo, spesso meglio di tutti gli altri. Da lì sono arrivate gran parte delle fortune del Napoli, dall’utilizzo discreto di quel tempo attraverso i movimenti alle spalle della difesa e in profondità.

Il taglio sul lato debole, conclusione sicura

Quando definiamo il talento calcistico di un giocatore, che sia alle prime armi o già fatto, ci riferiamo a ciò che sa fare “palla al piede”, ma se parliamo di Callejon, al contrario, urge modificare i criteri di definizione, perché a dare la cifra del suo potenziale è ciò che ha espresso senza pallone, stando semplicemente in campo e fornendo una quantità offensiva e difensiva superiore a tanti suoi pari.
Lo spagnolo è stato un giocatore unico nel nostro campionato per i suoi movimenti, per la capacità di interpretare sempre in maniera giusta l’azione, scegliendo di conseguenza i tempi giusti per effettuare un inserimento, una copertura preventiva, uno scambio di posizione.
Se Mario Mandžukić per anni è stato l’incubo dei terzini destri avversari, bullizzandoli per l’applicazione di una forza bruta, quelli sinistri hanno sognato malvolentieri Callejon, l’uomo che poteva apparire alle proprie spalle all’improvviso.
Non c’è stato nessun altro calciatore che ha influenzato la manovra del Napoli, senza toccare palla, più del numero sette azzurro. La sua posizione larga sulla destra è stata la condizione d’esistenza del lato sinistro del Napoli, ovvero quello creativo e produttivo, dove le squadre di Benitez, Sarri e Ancelotti hanno costruito il gioco attraverso le intuizioni di Ghoulam, Hamsik e Insigne.
Gioco che aveva sempre una possibilità sicura di conclusione, ovvero il taglio sul lato debole di Callejon, la presenza sul lato debole di Callejon. Abbiamo visto questo schema così tante volte da averlo stampato nella memoria per sempre.

Il senso della posizione

È stata la posizione dello spagnolo a contribuire e a rendere fluida e simmetrica la fase offensiva della squadra del triennio Sarri: secondo tre tipologie di movimenti basati sulla sua posizione larga a destra.
1) Callejon largo a destra portava la conseguenza di una scelta nei difendenti e spesso le linee difensive avversarie finivano per allargarsi in un modo o nell’altro. Se il terzino sinistro optava per rimanere bloccato su di lui, inevitabilmente si distanziava dal difensore centrale, aprendo uno spazio che sarebbe stato poi sfruttato dalle mezzale azzurre di lato o opposte (Hamsik, Allan, Zielinski), ma anche dal centravanti.
2) Quella posizione facilitava la continuità dell’azione. Affidando la palla al numero sette, infatti, anche passando per Hysaj, si riusciva ad attirare il blocco avversario sul suo lato, in modo di creare gli spazi per tornare ad attivare la catena mancina.
3) Lo sbocco sicuro. Che Callejon, in un modo o nell’altro, sarebbe comparso alle spalle del terzino sinistro avversario al tempo giusto era cosa risaputa per tutti, gli stessi avversari erano consci che tra le loro maglie si sarebbe infiltrato lui, lo avrebbe fatto in modo discreto e veloce, conquistando due o tre metri di anticipo senza alcun pericolo di finire in fuorigioco. Insigne o Hamsik lo avrebbero cercato con precisione e la palla sarebbe finita o in rete o poggiata in mezzo per l’attaccante, per segnare l’ultimo atto delle sinfonie scritte dal Comandante.

Il valore di Callejon

Quel Sarri, maestro della posizione, che non poteva non amarlo, che ne riconosceva l’unicità: “È tra i migliori al mondo. Un giocatore per noi fondamentale. Assolutamente determinante. Da chiudere in una teca e riprenderselo per farlo rigiocare”.
Un’unicità che il Napoli perderà breve, che ha già perso da qualche mese, perché il Callejon degli ultimi tempi è stato un calciatore distratto da un futuro incerto e da un rapporto difficile con la società, un futuro lontano dal Vesuvio e forse a tinta roja, e forse non troppo a lungo in campo perché l’età avanza (sono 33 anni).

Non ci resta, allora, che elogiarlo, e augurarci che nel calcio non venga mai il giorno in cui anime simili scompariranno, schiacciate dall’onnivisibilità, che non venga mai il giorno in cui rimarranno soltanto riflettori, perché il gioco che conosciamo, e la bellezza del gioco, crollerà.