Chi avrebbe scommesso un euro su un impatto così decisivo di Gennaro Ivan Gattuso? Penso nessuno. A dire la verità nemmeno io. Ma non perché non considerassi il Mister all'altezza della situazione, ma perché pensavo che il Milan di questa stagione non potesse essere guarito proprio da nessuno.
La stagione, che era iniziata nel migliore dei modi tra acquisti come non si vedevano da anni, curiosità data da una nuova proprietà tutta da scoprire e decifrare (ma che finora ha onorato tutti gli accordi stipulati) e moltissime aspettative, era andata a spegnersi quasi del tutto con la gestione Montella.
E non sembrava voler svoltare nemmeno con Gattuso. Le sconfitte con Rjeka, Hellas Verona e Atalanta, i punti più bassi della suddetta. Poi come nella più bella trama cinematografica, il risveglio, la luce, la resurrezione nella partita più sentita, nel vero proprio spartiacque della stagione.
Il Derby di Milano di Coppa Italia. Era un Milan ancora in fase embrionale, ma già si intravedeva quello che sarebbe potuto diventare da grande. E il cambiamento invisibile che piano piano si stava attuando.
Per la prima volta nella sua stagione il Milan aveva tenuto bene il campo per tutti i 90 minuti (più i supplementari), ma soprattutto aveva terminato la partita con un uomo in più rispetto ai cugini. Avete capito bene. Per una volta non avevamo finito la partita in 10 (come accadeva spesso con Montella), bensì in superiorità numerica. Ma non era stato espulso nessun giocatore dell'Inter.
E no, non era neanche il fattore campo, che peraltro fino ad allora non si era rivelato proprio un fortino inespugnabile per i rossoneri, anzi a volte teatro di fischi assordanti. Bensì si trattava di Rino Gattuso. Ma non del Mister Rino Gattuso, bensì del Gattuso giocatore.
Un uomo che ha vestito la maglia del Milan come una seconda pelle e vincendo praticamente tutto quello che c'era da vincere.
E questo attaccamento ha fatto sì che non arrivasse sulla panchina del Milan un allenatore professionista, ma bensì un tifoso professionista.

Che è ben differente. Un allenatore che vive la partita in tutte le sue sfumature. Che soffre e corre ('quasi' sempre all'interno dell'area tecnica) con i suoi ragazzi. Che esulta per i goal come se li avesse realizzati, ma che non vuole prendersi i meriti sotto i riflettori.
Un allenatore che con la sconfitta non dorme la notte.
Un allenatore che il pareggio non serve a nulla, metto le due punte per portarla a casa.
Un allenatore che ha dato un'identità alla squadra.
Un allenatore che nonostante 'giochi' ogni domenica con la propria squadra guadagna un centesimo rispetto ai giocatori che lui stesso deve svezzare.
Un allenatore che il rinnovo preferisco meritarmelo e se non mi mandano via prima rimarrei a vita nella mia 'casa'.
Un allenatore che ha riportato gioia nel cuore dei tifosi.
Un allenatore che qualsiasi sia l'esito finale della stagione m sarà vincitore lo stesso.

Un allenatore, un giocatore, un tifoso, un uomo che vive il Milan. Lo stesso Milan che a inizio stagione terminava le partite in 10 uomini e che adesso finisce per giocare in superiorità numerica.