Come gli antichi guerrieri scandinavi, a bordo delle loro drekkar, razziavano e terrorizzavano le coste delle isole britanniche, così il Milan a trazione nordica annienta gli scozzesi del Celtic Glasgow ed accede ai sedicesimi di Europa League, trasformando l'ultima trasferta di Praga in una (quasi) gita d'arte nella bella capitale ceca.

Eppure, nonostante il 4-2 finale possa suggerire ai lettori meno attenti una partita scoppiettante ma tutto sommato tranquilla, le cose potevano andare molto diversamente.  Il Milan parte col giusto piglio, dominando il campo con sicurezza, ma sbanda paurosamente in fase difensiva a causa di un Krunic e di un Dalot in serata, rispettivamente, disastrosa l'uno ed incolore l'altro. Dopo 20' il modesto Celtic, già fuori dai giochi in Europa e contestato in patria, è avanti di due gol ed ha collezionato almeno altre tre palle-gol clamorose: San Donnarumma da Castellammare, i millimetri adiacenti al palo ed un po' di atavica buonasorte tengono la drekkar rossonera a galla.

Nel marasma generale, uno dei vichinghi di maggior grado ed esperienza abbandona la nave: il danese Kjaer, di gran lunga il miglior milanista in fase difensiva della stagione, si accascia al suolo di San Siro per un guaio muscolare. L'eco dei "te l'avevo detto che oggi, almeno oggi, solo oggi, doveva riposare" si sentono forte ed al rientrante Pioli fischiano le orecchie. Entra Romagnoli, eletto per il turno di riposo e costretto agli straordinari.
Incassato il doppio colpo sotto la cintura e nel mezzo del mare in burrasca, la banda rossonera dimostra ancora una volta di avere furore umano e risorse tecniche da vendere: nel giro di appena centoventi secondi, Calanhoglu su magistrale punzione e Castillejo da inedito rapace d'area, raddrizzano il match.  Si va negli spogliatoi sul 2-2 e con la netta sensazione che l'incontro ha ancora molte emozioni da regalare, sopratutto da parte milanista.

Nella ripresa, quando le acque paiono più calme ed i nervi più distesi, sale sugli scudi il vichingo Jens Petter Hauge, ventun'anni da Bodø (Norvegia): segna subito il gol del 3-2, con una giocata individuale sulla corsia di sinistra ed un tocco di biliardo sul palo opposto. L'avesse fatta qualcun altro (Messi? Ronaldo? Qualcun altro..), avremmo i titoli dei giornali e le sigle dei TG sportivi per tutto il periodo pre-natalizio.
Nel finale, dopo un altro miracolo di San Donnarumma da Castellammare che toglie dall'incrocio la punizione scozzese del pareggio, ancora Hauge dribbla le difese nemiche e serve a Brahim Diaz un cioccolatino da spingere in porta con un soffice colpo-sotto. 

Il Milan a trazione Vichinga ottiene il primo vero obiettivo stagionale con matematica certezza e chiude, in maniera al contempo reale e simbolica, un cerchio di risultati e strategie societarie dall'indubbio sapore di "well done, guys". Hauge segna il gol che, di fatto, concretizza gli sforzi del Milan di Giugno, Luglio ed Agosto, quello della rincorsa europea dei post-lockdown e dei preliminari contro Shamrock Rovers, Rio Ave e proprio quel Bodø Glimt da cui Hauge proviene. Un giocatore costato 7 milioni che, oggi, ne vale già il doppio, ti fa passare il turno e lascia intravedere ampi margini di miglioramento tecnico e finanziario.
E' il Milan dell'occhio alle plusvalenze, il Milan delle spese oculate ed azzeccate, il Milan dei preliminari di Europa League vissuti al cardiopalma ma superati con grinta e buona sorte, il Milan di Maldini e Gazidis. Di Pioli e di Ibra. Da oggi, è anche il Milan di Hauge: un Milan Vichingo che farà di tutto per navigare con la propria drekkar nel mare aperto dell'alta classifica.