Mi innamorai, calcisticamente parlando, di Mario Mandzukic vedendolo sgomitare, con la maglia del Bayern Monaco, nel doppio confronto di Champions, nei quali i bavaresi non lasciarono neppure le briciole alla Juve. In rigoroso ordine cronologiche, le prime tracce del croato, nella mia esistenza, risalgono all'estate del 2012, fase a gironi dell'Europeo, quando il giovane attaccante, di testa, fissa il punteggio sull'1-1, nella sfida fra Italia e Croazia. Dopodiché la mente si sofferma sulle botte da orbi, scambiate fra l'ariete e Chiellini, in due match dei gironi di Champions, stavolta con la maglia dell'Atletico. Le farfalle, nello stomaco del sottoscritto, aumentarono di numero, fino al giorno in cui Mario venne annunciato quale nuovo terminale juventino.

E ti amo, Mario, in virtù dei gol decisivi (o meno), messi a segno, in notti europee o sfide di campionato. La rovesciata di Cardiff, una delle gioie effimere più liete, ha quasi compromesso il ciclo vitale delle pliche vocali, di gran parte del tifo bianconero. Rammento con piacere il primo gol in assoluto, scaturito da un'incornata perfetta, conseguenza vincente del cross di Sturaro, in Supercoppa 2015, contro la Lazio. La zampata dell' "Etihad Stadium", traduzione in gol di un traversone da sinistra operato da Pogba, è emblema delle doti da rapace del croato. Sempre in Champions, è opportuno ricordare l'assist che propizia il secondo gol di Dybala, alle spalle dell'incolpevole Ter Stegen e la ribattuta in rete del ritorno con il Monaco, suggellata dall'abbraccio dei tifosi. La categoria "urlo strozzato in gola" contempla anche la doppietta del "Bernabeu", infranta dal rigore fischiato negli ultimi istanti della sfida. Quest'anno, invece, il numero 17 bianconero, in campionato, ha purgato, fra le altre: Lazio, Napoli (doppietta), Milan, Inter e Roma.

E ti amo, Mario, vedendoti, sistematicamente, prima dell'inizio della stagione, considerato fra i componenti della panchina. C'è chi, come Guardiola o Simeone, ha preferito mandarti altrove, senza troppi rimpianti, causa scarso feeling: mal digerito, dal croato, l'avvicendamento con Lewandowski; grazie e arrivederci condiscono l'addio al Cholismo. Partner d'attacco di Dybala, al primo anno in bianconero, si restringono gli spazi con l'arrivo di Higuain. Allegri, profondo estimatore dell'attaccante, pur di farlo giocare, gli cuce l'abito da esterno sinistro, nel 4-2-3-1 varato da Gennaio 2017, ruolo grazie al quale riesce a fare breccia nel cuore dei supporters.
Il croato esterno è sublime: lotta, sgomita, ripiega e segna pure. Le scorie post-Cardiff sono una zavorra per tutto il gruppo, tanto da non esentare neppure il rendimento di Mandzukic: stagione, quella dell'anno scorso, senza troppi sussulti, anche sul piano realizzativo (10 reti in totale). Estate 2018, via il Pipita, dentro CR7. Il croato, alla prima di campionato, parte dalla panca. La scintilla con il portoghese, tuttavia, scatta sin da subito, date le similitudini fra i movimenti di Benzema, alla Casa Blanca e quelli del centravanti slavo, nel servire l'alieno lusitano.

E ti amo, Mario, per quell'immagine di duro, che emerge prepotentemente dal campo. Eppure, preso in giro dai compagni, Evra su tutti, il croato mostra un discreto senso dell'umorismo; da non sottovalutare, al tempo stesso, il merchandising ideato dalla Juve, costituito, ad esempio da t-shirts con scritto "no good", frase tipica e sintesi del Mandzukic-pensiero. Gli stessi compagni raccontano di un mutismo del giocatore, dopo l'eliminazione della Juve dalla Champions, per mano del suo "nemico" Guardiola, tecnico del Bayern. Lo spogliatoio, osservando il silenzioso Mario, aveva capito la pasta di cui era costuito Marione: senso di amarezza e profonda delusione per non aver aiutato la squadra a raggiungere l'obiettivo. 

E ti amo, Mario, portatore sano di quei valori, colonne portanti della juventinità, del non arrendersi mai, di inseguire la vittoria, ad ogni costo. Egli rappresenta un unicum nella storia bianconera: mai un attaccante era stato visto, segnare e un attimo dopo rinculare in difesa e aiutare il resto della squadra, nelle operazioni di riconquista del pallone. Il tifo lo ama e lui ricambia. Una coreografia ad hoc, concepita nel novembre dello scorso anno, Juventus-Barcellona di Champions, raffigurava il croato, primus inter pares fra gli uomini in maglia zebrata; cosa c'era scritto? "Fra gli uomini, i guerrieri".

E ti amo, Mario, figlio delle bombe. Emigrato in Germania, per sfuggire agli orrori del conflitto jugoslavo. Carattere forgiato dalla guerra, all'apparenza un tantino sgraziato nei movimenti, benchè autore di gesti tecnici sopraffini (rovesciata di Cardiff su tutti e colpi di tacco). 

E ti am(iam)o, Mario, con l'auspicio che il rinnovo siglato negli scorsi giorni, ti permetta di entrare nella leggenda bianconera.