I 55 milioni di CT nostrani si sono sollevati - quasi tutti dopo il fischio finale, ma qualcuno onestamente anche prima - reagendo scandalizzati alle scelte di Ventura.
Come si possa affrontare la Spagna con il nostro 4-2-4, pensando di reggerne l'urto, rimane in effetti un discreto mistero. 
Ma nella furia delle critiche come al solito ci sono alcuni salti logici. Il primo dei quali è che i professionisti sbagliano, ma quando l'errore di un professionista ci appare elementare oltre misura, dobbiamo fare l'ipotesi di essere noi a non aver capito. Sempre che sia stato un errore, il punto è riconoscere di quale errore si tratti. 

Per capire Ventura dobbiamo provare a costruire un mondo di pensiero nel quale quel 4-2-4 fosse la scelta migliore. Escludendo errori da dilettante, cosa può aver convinto il tecnico a compiere quella scelta?
Un indizio sono le sue parole dopo la partita: "Stiamo facendo un cammino". Quello che ha in mente Ventura è un percorso lungo, lui è un insegnante di calcio e gli insegnanti lavorano sul futuro, investono sul processo di crescita a volte a scapito dei risultati immediati. Quello che noi vediamo come fallimento lui lo chiama esperienza. E non dico che sia corretta la sua visione, ma è una visione che ha un senso prospettico.

Proviamo a pensare a Spagna-Italia da un altro punto di vista. Ventura sa che per noi c'è un solo risultato. E sa anche che si tratta di un risultato irraggiungibile. Vincere in Spagna con questi giocatori non è un'impresa, è una fantasia. E dal punto di vista della qualificazione, perdere o pareggiare è la stessa cosa, perché le altre avversarie le devi comunque battere e se non le batti è giusto che tu stia a casa. Ma è chiaro che queste non sono cose che può dire, né ai giocatori né a noi. Nessun coach parte dicendo che tanto perdiamo, ma non è detto che non lo pensi.

Quindi in gioco cosa rimane? Rimane il percorso di questa squadra. La crescita. E cioè: portare al Bernabeu il 4-2-4 significa dire a questi ragazzi: noi siamo questi e non dobbiamo avere paura di esserlo mai. 

Detto questo, non sto sostenendo che le scelte di Ventura siano necessariamente condivisibili. Lui dice che stiamo facendo la nostra strada, ma anche i mille gatti che vediamo a bordo carreggiata stavano facendo la loro strada. Crescere implica essere vivi. Se un'esperienza mi traumatizza non è più un'esperienza, ma la fine di un percorso e della fiducia. Eri tu condottiero a dover sapere che quella era un'autostrada e che io non avrei avuto la forza di attraversarla senza essere investito. Quindi posso capire il ragionamento di Ventura - sempre che sia questo e che non siano mie fantasie personali - ma qualche dubbio me lo tengo lo stesso.

Ventura come dicevo è un docente di calcio. E anche lì, si tratta di vedere se un docente è la figura giusta per la Nazionale. Di tutti i Mister, il ct è quello con meno tempo a disposizione e insegnare richiede moltissimo tempo. Ancelotti non lo vedo in Nazionale proprio perché ha un gioco complesso o può contare su un blocco che già lo pratica oppure rischia di non aver tempo.
Mourinho lo vedrei benissimo. Ha un gioco relativamente semplice ed è un motivatore immediato abbastanza straordinario.

Da ultimo, si dovrebbe tornare sulla nozione di commissario tecnico. Si chiama tecnico perché fa valutazioni tecniche. Tipo che carico può reggere questo centrocampo? Che caratteristiche di corsa hanno i miei esterni? Che condizione fisica ha il portiere? Invece a volte si ha la sensazione di assistere allo show di un commissario artistico. La squadra d'autore. L'idea geniale. Anche lì, prendere o lasciare. Sono interista, so che Eto'o può giocare terzino, ma un'intuizione pazzesca di Mourinho non significa che per i 7 anni successivi dobbiamo essere condannati a veder giocare gente fuori ruolo. 

Prendere o lasciare. Puoi trovare Picasso o il pittore sul Naviglio. 
Nel frattempo andiamo a giocare contro Israele. Vediamo cosa ci riserva la vita.