Che questo Milan primo in classifica ed imbattuto da 21 turni consecutivi in Serie A sia considerato una sorpresa assoluta, c'è poco da obiettare. Anche il milanista più fiducioso ed intriso di ottimismo rossonero, non avrebbe potuto immaginare un avvio di stagione pari o solo avvicinabile a quello che sta realmente accadendo.

Per non parlare della critica e della stampa sportiva: tutti concordi nel giudicare il Milan come "la grande incompiuta" del mercato estivo. Rapida ad approfittare del vulnus interista nell'affare-Tonali, troppo povera di risorse economiche ed idee tecniche per completare una rosa sempre più Ibra-dipendente.

Ma giunti a questo punto, la gara al riferimento passato, al paragone storico, è apertissima e ricca di concorrenti: quale Milan della storia moderna può essere accostato all'edizione 2020/2021? Molti concordano, probabilmente con buone ragioni personali a supporto, che la squadra portata al tricolore da Zaccheroni nella stagione 1998/1999 avesse molti punti in comune con quella guidata da mister Pioli quest'anno.

Sicuramente l'effetto-sorpresa di quello Scudetto, ha un ruolo fondamentale nel processo mentale che porta a tale affermazione: quel Milan veniva da due stagioni negative (i tristementi noti cavalli di ritorno di Sacchi e Capello, conclusisi in tristi tragedie sportive), fuori dalle competizioni europee ed alla ricerca del bandolo della matassa. Oggi come oggi, ci pare robetta da ordinaria amministrazione, ma nel potente club berlusconiano di fine Anni Novanta, era un qualcosa più che straordinario.  Quel Milan partiva per riconquistare un posto europeo, senza ambizioni di vittoria finale ma con l'intento di ricostruire un discorso interrotto anni prima: la classica "stagione di transizione" senza eccessive pretese di classifica. Lo scudetto era faccenda di altre squadre, meglio attrezzate: su tutte la Lazio stellare di Cragnotti, allenata da Eriksson e con i vari Vieri, Nesta, Stankovic, Nedved, Veron, Salas in campo. I paralleli col Milan attuale, secondo il nostro modestissimo parere, finiscono più o meno qui: stagione presentata come transitoria, priva di grosse pressioni.

Partiamo da un dato fondamentale, che deve essere sempre tenuto in mente dal lettore: quel Milan, a prescindere dai risultati deludenti delle ultime due stagioni, era senza ombra di dubbio un top club di livello mondiale, tra i più ricchi e solidi su scala globale (se non il più ricco ed il più solido, in assoluto). Era il Milan di Berlusconi nel pieno del suo splendore, che viveva un momento ben circoscritto di down fisiologico incastonato tra gli splendidi cicli di Sacchi-Capello (1997-1996) e quello di Carlo Ancelotti (2001-2009).  Il Milan di oggi, al contrario, viene da tre cambi societari in quattro anni, sette stagioni fuori dalla Champions League (che vuol dire sette campionati sotto le prime quattro posizioni di Serie A: calcisticamente, è un'eternità), nove stagioni senza uno Scudetto e tredici senza un qualsiasi trofeo internazionale.  Un conto è un biennio di assestamento, del tutto naturale all'interno di un ciclo trentennale sotto lo stesso proprietario, ben definito ed identificabile in ogni momento, nelle vittorie sul campo e nella solidità del conto in banca. Altro conto è un club che cambia continuamente proprietà senza trovare un briciolo di soddisfazione sportiva e che, in alcuni frangenti, soffre paurosamente a livello finanziario ed economico

Scendendo in campo, sul terreno di gioco, le differenze tra quel Milan e questo Milan sono altrettanto marcate ed evidenti: basta ricercarle con un minimo di senso critico e conoscenza dei fatti storici. Quella rosa veniva tacciata di "inferiorità" solo perchè stretta nella morsa della meraviglia del Milan immediatamente precedente e di quello subito successivo: i Van Basten, Gullit, Baresi, Rijkaard, Savicevic da un lato, i Shevchenko, Nesta, Pirlo, Seedorf, Rui Costa, Inzaghi, Kaka dall'altro.

Ma ad uno sguardo attento, quella rosa aveva al proprio interno materiale tecnico al cospetto del quale, oggi come oggi, ci leveremmo cappello e scarpe. In primis i grandi senatori che avrebbero traghettato il club tra i grandi cicli di vittorie di cui sopra: capitan Maldini e Billy Costacurta (già pluricampioni d'Europa e del Mondo), nonchè il Metronomo Albertini e Zorro Boban (protagonisti del Milan dei Record di Fabio Capello). Tutti e quattro vissero una stagione di grande riscatto, dopo le critiche dei due anni precedenti: sopratutto i due leggendari difensori, definiti "al capolinea" da più parti, ebbero un ruolo fondamentale in quell'impresa. I senatori di oggi rispondono ai nomi meno altisonanti di Romagnoli, Kessie, Calabria, Calhanoglu: con tutto il rispetto, stiamo raccontando davvero un'altra storia. E ripeto e ribadisco: con tutto il rispetto, per gli uni e per gli altri.

Oltre a questi, la rosa a disposizione di Zaccheroni faceva affidamento su un fuoriclasse assoluto come George Weah (Pallone d'Oro e Fifa World Player appena tre anni prima), un bomber di calibro internazionale come il tedesco Oliver Bierhoff (capocannoniere della stagione precedente ed autore della doppietta finale che consegnò l'Europeo 1996 alla Germania), il campione del mondo brasiliano Leonardo (e finalista mondiale l'anno precedente). 

I giovani che si affacciavano al grande calcio, in quel contesto di assoluta qualità, erano atleti come Ambrosini e Abbiati, che faranno la storia rossonera degli anni seguenti, divenendo capitani e leader di formazioni che avrebbero continuato a vincere in Italia e sopratutto nel mondo.

Il roster del Milan di oggi, a livello di curriculum e qualità assoluta, non può competere con quello: fine del discorso. Oltre ad un fuoriclasse assoluto, infinito e senza tempo come Zlatan Ibrahimovic e ad un prospetto di fuoriclasse come Gigio Donnarumma, la rosa è completata da giocatori buoni, talvolta ottimi, ma assolutamente privi di esperienza nel calcio ad altissimi livelli. A parte Ibrahimovic, praticamente nessun giocatore rossonero ha vinto nulla di importante in carriera, da protagonista. E' la stessa cosa quando hai, in squadra, gente come Maldini, Boban e Weah? La risposta mi pare ovvia: sono due pianeti differenti.

Ora mi direte: ma quella squadra, alla fine, vinse il titolo a Perugia con Guglielminpietro e Sala, titolari in quel Milan per poi terminare le proprie carriere a livelli inferiori. Certo, è indiscutibile e nessuno vuole negarlo: ma quei profili "minori" si inserivano in un contesto solido e quotato a livello mondiale. Oggi i Conti ed i Krunic, per fare due nomi a caso, hanno il solo Ibra come punto di riferimento: tutt'altro conto sarebbe avere quattro o cinque Ibra su cui puntare il tiro e le aspettative nei momenti decisivi. Nel 1998/99, quando l'occasione di vincere un incredibile tricolore si palesó come possibile, Boban salí sugli scudi per disputare la migliore stagione della sua intera carriera. Maldini, dal canto suo, si riscoprí come uno dei difensori centrali più forti del mondo, dopo essere stato il terzino sinistro più forte della storia: nei momenti decisivi, l'esperienza conta, conta chi sei e quello che gli altri percepiscono di te.

E poi, per dirla tutta: quel Milan era di per sè un ottimo Milan (seppure non formidabile, come già detto più volte) ma la storia di quello Scudetto è, fondamentalmente, la storia di un clamoroso suicidio calcistico. La Lazio 1998/1999 era di gran lunga superiore a chiunque e, proprio come il Milan 2011/2012, sprecò una serie infinita di match-ball fino a perdere un titolo che era praticamente vinto, con sette punti di vantaggio a sette turni dalla fine. Dietro il trionfo di Perugia, oggi preso ad esempio, ci fu l'effetto sorpresa, ma anche tanta esperienza e la giusta combinazione astrale.

Quindi: Pioli come Zaccheroni, 1999 come 2021? Ce lo auguriamo tutti, ma non sovraccarichiamo nessuno di pretese eccessive. E lasciamo che ciascuno faccia il proprio dovere. Anche le forze soprannaturali.