Ne sono successe di cotte e di crude. E ancora ne capiteranno. Calciopoli, scomessopoli, criminalopoli, corruttopoli, arbitropoli, manca solo il varopoli. Ma arriverà, statene pur certi.

Il calcio, essendo lo sport più attrattivo del pianeta, uno dei più praticati ed uno di quelli che determina maggior business, non poteva essere esente dai tentacoli di chi con il calcio non c'entra niente. 

Esistono una marea di varianti, dal semplice tifoso, a chi pensa solo al business e non sa neanche quanti uomini scendono in campo in una partita.

Esistono ancora emozioni nel calcio? Sì. Esistono. Puoi maledirlo quanto vuoi, puoi non digerire quanto vuoi certe schifezze, però lo senti che è parte di te, della tua vita. Non puoi farne a meno. Calcio reale, virtuale, con tutti gli annessi e connessi. Quando pensi di averne fin oltre i capelli, dici basta. Il giorno dopo, però, ti coglierà una crisi d'astinenza così forte, che è peggio di quella di chi cerca di smettere di fumare. Questa potrebbe essere una massima semplice ed efficace. E' più facile smettere di fumare che non seguire il calcio

Ciò non significa essere imbecilli e non capire le storture del sistema. Ognuno di noi, da tifoso, commentatore, opinionista, giocatore, soggetto attivo nel calcio, cerca di contribuire per migliorarlo, cambiarlo se non rivoluzionarlo. 

Siamo tutti consapevoli che il calcio è malato. Un malato serio. E che questo malanno è contagioso. Non siamo vaccinati per ciò, ma siamo in grado, però, di capire cosa sia il male ed il bene. Una sfida tra male e bene che continua, tra chi ha in mente una sua idea di calcio, che c'entra poco con il calcio giocato che può comunque convivere con il giusto business, e chi, invece, vede nel calcio solo un modo diverso semplicemente per fare danaro, soldi. E quindi ne favorisce la distruzione, per le vie lecite a quelle illecite.

Nonostante tutto, siamo ancora qui, a parlare di calcio, a scrivere di calcio, a credere nel calcio.