Con l'introduzione della liberalizzazione delle maglie nel calcio si è assistito ad un vero caos. Saltati i vecchi numeri con i quali si identificavano i tradizionali ruoli. I ruoli, in un certo senso, sono sempre quelli, i numeri, no. Non sempre almeno.

Una volta il numero che faceva la differenza in campo era soprattutto il 10. Da Maradona, a Pelè, da Platinì a Zico, da Zidane a Baggio, da Totti a chi oggi ancora lo indossa quel numero, e lo rispetta in quanto tale. Come Messi, come Neymar. Per citarne alcuni tra i più noti a livello mondiale. Quando si era bambini si doveva quasi litigare per chi dovesse avere il numero 10 sulla maglia. Avere quel numero significava essere la macchina da gol. Il goleador. Il capocannoniere della propria squadra. Oggi, quel numero, invece, può essere indossato anche da maestri del calcio come Modric, che ti lanciano al gol, ma non sono i tradizionali numeri 10. Il numero 10, pare aver lasciato il suo tradizionale posto al numero 7. Una volta era il numero dei tradizionali funamboli. Ala destra. Veloci, in contropiede. Le classiche ali della squadra. Dovevano essere imprendibili e pronte a crossare. Come potrebbe essere ad esempio Salah. Del Liverpool. Che indossa però la numero 11. Il numero 7 è indossato dal mastino centrale Milner. Si racconta che il primo grande numero 7 della storia fu Julinho. Brasiliano classe ’29. Ha legato il proprio nome al primo storico scudetto conquistato dalla Fiorentina nel campionato 1955-1956. Per poi arrivare ai miti moderni, diventati dei veri e propri fenomeni anche mediatici. Uno su tutti sua maestà, appunto, David Beckham tra i 100 più forti calciatori di sempre. Oppure il duro Franck Ribéry , l'arcinoto Cristiano Ronaldo, il fortissimo Kylian Mbappé, Coutinho, o ancora  Callejon, Karamoh, Castillejo, Griezmann. Come si vede chi è una macchina da gol ha preferito il 7. 
Cosa che accade dai massimi livelli sino al mondo dei dilettanti. Come a Ronchi. In Eccellenza in FVG. Dove c'è un giocatore, giovanissimo, classe '99, che è destinato sicuramente a categorie superiori e che merita di essere attenzionato dai grandi osservatori del calcio. Una squadra di calcio è composta da 11 giocatori, ogni componente è fondamentale per la riuscita della squadra, si vince insieme, si perde insieme. Ma ogni squadra può avere un proprio jolly. Jolly che nel calcio nostrano, che è in cerca di talenti italiani, devono essere aiutati a crescere, migliorarsi. Ad avere opportunità. Tra questi c'è sicuramente Ciro Lucheo. Nato a Monfalcone, famiglia originaria del sud Italia, cresciuto nel Ronchi Calcio ed è stato uno dei protagonisti della rappresentativa regionale juniores del FVG contribuendo  dopo 34 anni di attese alla vittoria della formazione del FVG.
Ha una rapidità impressionate, scatto felino, è bravo a sapersi inserire tra le linee avversarie e scorazzare, grazie alla sua velocità, anche sulle ali, ha un buon controllo del pallone e sta diventando l'incubo per le difese avversarie in Eccellenza. Ha ancora importanti margini di miglioramento. Nella nella scorsa stagione 11 sono stati i gol fatti. In questa, e siamo agli inizi, ne ha già fatti 8 su 19 segnati dal Ronchi. Tra cui una doppietta nel derby contro la Juventina di Gorizia e ben 4 reti decisive. Se Ciro farà strada, sarà un beneficio per tutto l'ambiente calcistico ronchese oltre che italiano.
Insomma, il numero 7 è quello che oggi fa la differenza dalla Serie A fino ai dilettanti, sotto il segno del gol.