Il 4-4-2, per definizione il modulo che garantisce la miglior compattezza, sia in fase di occupazione del campo avversario che di protezione del proprio, con due linee strette a protezione del portiere e due attaccanti a disturbare il gioco da dietro, nel calcio di oggi, caratterizzato dall’ossessiva ricerca del gioco negli half-spaces, ha subito vari cangiamenti che tengono da conto anche delle caratteristiche di calciatori specializzati a giocare tra le linee, conducendo in fase di occupazione del campo avversario a disposizioni come il 4-4-1-1 od al 4-2-3-1 con un rombo offensivo costituito nel caso della Juve dalla verticale tra il trequartista centrale, Dybala, ed il centravanti (Ronaldo) e le diagonali che uniscono le direttrici del loro movimento alle ali o trequartisti esterni (Bernardeschi e Douglas Costa).

Sebbene queste varianti altro non sono che un’interpretazione dinamica del 4-4-2, queste varianti, influenzate dalle caratteristiche dei calciatori che le interpretano, modificano sostanzialmente il modo di interpretare le due fasi.

In fase di possesso palla, il rombo offensivo impone una mobilità collettiva lavorando molto sui movimenti corali tra gli elementi del rombo d’attacco e di essi rispetto ai mediani e terzini. La costruzione privilegia il fraseggio corto. I 4 giocatori avanzati, oltre ad agire piuttosto vicini tra loro, soprattutto (9) e (10), sono molto mobili e portati ad interscambiarsi le proprie posizioni anche durante lo svolgersi dell’azione.
In questo senso, la disponibilità di coordinati interscambi posizionali permette di prescindere da un 9 fisico, roccioso, che apra il gioco ai compagni di reperto, permettendo ad un centravanti di movimento come può essere Ronaldo, di sfruttare i movimenti ad uscire verso l'esterno sinistro, Douglas Costa, o il suo trequartista, Dybala, per sfuggire alla marcatura dei centrali, avere campo aperto nella conduzione di un eventuale contrattacco, e di liberare lo spazio, l'area di rigore, per l'inserimento dei trequartisti.
Il taglio esterno del (7) e dell' (11) permette poi il costante allargamento del campo che, di contro al 4.4.2 dove son le ali a cercare il fondo, viene invece demandato alla fluidificazione dei terzini, Cancelo ed Alex Sandro. 
A maggior ragione per l'assenza nel caso della Juve di un centravanti "pesante" che abbisogni di cross dal fondo per trovare la porta.

Il 4-2-3-1 si differenzia da un 4-4-2 soprattutto nella fase di non possesso, perché il rombo d’attacco, quando la palla è all'avversario, possono non dare sempre il loro apporto tramite rientri profondi, per ricomporre una linea difensiva di 4 uomini davanti alla ulteriore linea difensiva. 
I 2 esterni sono chiamati poi a compiere le diagonali di centrocampo almeno quando l’azione avversaria si sviluppa a squadre schierate. (9) e (10) sono chiamati invece al pressing alto sui difensori centrali; mentre quando non sono impegnati direttamente nell’aggressione, (10) rimane piuttosto alto, non integrandosi nella linea mediana, ma disturbando eventualmente il “regista” avversario. Se si riduce la mobilità del rombo offensivo e la sua attitudine al gioco di squadre, il rischio di subire pesanti transizioni è elevato. Ciò però comporta il vantaggio che essi siano subito pronti a proporsi quando la squadra riconquista palla, ma obbliga alla presenza di due mediani solidi dal punto di vista delle attitudini difensive, con buona capacità di coprire l'arco del campo, in verticale ed orizzontale, per accompagnare l'azione offensiva, o semplicemente tamponare l'eventuale transizione dell'avversario.

La mentalità italiana a “scappare” in questo senso può in un certo senso amplificare questa difficoltà di opposizione alla transizione avversaria. Non a caso il miglior interprete di questa metodologia tattica sono Guardiola e Kloop, che impongono ai proprio calciatori di essere immediatamente aggressivi sulla perdita del pallone; aggredendo il portatore di palla e accorciando tutti gli appoggi più prossimi, per la più rapida riconquista del pallone.
In questo contesto la novità tattica della Juventus rappresentata da Emre Can è il fattore che migliora la stabilizzazione e l'equilibrio del 4.2.3.1.
Emre can è l'unico box to box a disposizione di Allegri capace di sviluppare le due fasi, una dote in possesso anche di Bentacurt e Matuidi, con tuttavia la personalità ed esperienza che fa difetto all'uruguagio, ed il senso tattico e la giusta capacità di smistamento e posizionamento che fa difetto al caotico Matuidi. Messo accanto a Pjanic per altro non sottrae come sarebbe nel caso di Matuidi, quella precisione nell'uscita in transizione dalla propria metà campo del pallone necessaria a sostenere l'idea di calcio che ha Allegri, aggiungendo i chili e la potenza fisica necessaria a dar quella densità e presenza nella propria metà campo essenziale a sostenere il rombo offensivo che lui e Pjanic sono chiamati a sostenere.

Il calcio di oggi tuttavia ha sperimentato nuove direttrici, il primo a sperimentarle fu Ancelotti, con l'invenzione di Pirlo, anche se in realtà fu un'altro Carletto, Mazzone, a metterlo lì per primo, per aver un primo controllo sulla riconquista del pallone il più fluido e veloce possibile per trovar scoperta la squadra avversaria sul controposizionamento.
E' Guardiola tuttavia colui che ha ottimizzato questo principio, il doppio regista davanti al mediano difensivo, Xavi e Iniesta, poi copiato da Zidane, con Modric e Kroos davanti a Casemiro, permetteva non solo il controllo del pallone, per la semplice teoria che se gli altri non ne han il controllo, non possono recarti un danno, ma lo veicolava con la precisione e rapidità di esecuzione in quegli half spaces, le linee, dove isolare per l'uno contro uno i Messi, i Douglas Costa, i Sanè capaci di mandarti in porta.

Allegri, seppur non abbia nulla di Guardiola, ha fatto sua questa logica ed è per questo che Pjanic è così centrale nel suo calcio. L'unico a tenere un 90% di accuratezza dei passaggi, con appena 10 palloni a partita in media persi, finisce per diventare un'arma difensiva, se usata bene, e si applica bene ovviamente, ed offensiva al contempo.