Dopo il caso umano Serra, si sperava in una riflessione sul sistema VAR, su delle regole che necessitano di essere riviste, sul momento del fischio che favorisce dei paradossi pazzeschi. Invece, no. La notizia è stata la sanzione, le lacrime, la comprensione del re Ibra. Neanche il tempo di metabolizzare quanto successo che si riapre un nuovo caso, che interessa sempre il Milan. Orsato. E non sarà più lui ad arbitrare una partita fondamentale forse più per la Juventus che per il Milan, che con questo ritmo rischia di cedere il passo proprio ai rivali bianconeri. L’Inter, salvo suicidio collettivo, è al momento non agguantabile dai rossoneri.

Si è arrivati ad un punto quasi di non ritorno. O forse lo siamo già da tempo? Ci manca solo che le squadre si scelgano gli arbitri. Ciò è un qualcosa semplicemente di inaccettabile. Certo, abbiamo avuto calciopoli, con tutte le sue varianti, il vaccino non c’è stato, il virus incombe sempre nell’aria e ancora oggi se ne vedono gli effetti. Però si ha la sensazione che l’arbitro stia diventando l’alibi dei propri fallimenti sportivi, dei propri mancati successi, in campo. Innegabile è che nel calcio di oggi gli episodi sono sicuramente determinanti, ma non ci si può appellare solo al fattore arbitrale. Avevamo i migliori arbitri del mondo, oggi, si può dire lo stesso? E cosa si sta facendo per migliorare la qualità arbitrale?

Oggi scegliere di fare l’arbitro è quasi come candidarsi ad una lapidazione pubblica. Perché si diventa lo scudo di tutte le meschinità di un sistema calcio non in grado di disintossicarsi dalle proprie nocività, anzi, ha scelto di conviverci, di adattarsi. Stiamo ritornando ai periodi bui del calcio, e quando si mette in discussione la fiducia nell’arbitraggio, la cosa è grave. Gli strumenti per avere una forma di arbitraggio ai limiti dell’infallibilità ci sono.

La tecnologia c’è. 
Siamo negli anni '20 del 2000, stiamo per andare su Marte, e non riusciamo ad evitare situazioni che sul campo che si ripetono da decenni, nonostante il progresso a portata di mano.  Ciò per molti significherebbe porre fino al libero arbitrio dell’arbitro, ma se l’alternativa è continuare ad avvelenare il calcio, a questo punto, sottraiamo agli ultras del complottiamo carne dalla loro brace.
Rimarranno poi soli, con le loro beghe mentali con le quali dover accettare che i fallimenti non sono colpa di un fischio mancato, ma di prestazioni sportive, sul campo, non all’altezza di un campionato di alto livello, in una società dove non è contemplato perdere, dove la cultura della sconfitta non esiste, dove l'errore non è ammesso, salvo quando non si sia gli artefici dell'errore, ma chi si mette oggi realmente in discussione?