Ne ero convinto sin dall'inizio: in una partita secca non c'erano possibilità alternative, l'Inter doveva vincere.
L'atmosfera tutto intorno alla partita era strana: de Vrij coinvolto in un caso tanto spinoso mediaticamente, quanto struggente dentro di lui; Immobile nella sua stagione migliore, vittima di un infortunio e recuperato in extremis; Luis Alberto, folletto fantasista, autore di una stagione da favola, fermato da un infortunio; Parolo, guerriero di mille battaglie, motorino in perenne movimento, out per infortunio. La compattezza di un gruppo che sulla solidità granitica aveva basato i suoi successi, di colpo sgretolata.

Dall'altra parte un Icardi, che con le lacrime post-Juventus, mi aveva dato l'impressione di dover dire addio, e che ora aveva il fuoco vivo dentro, pronto a portare i suoi oltre l'ostacolo. 
Spalletti: allenatore di esperienza e qualità quasi uniche nel panorama italiano, non poteva accettare di rimanere fuori dalla Champions; Rafinha, giocatore arrivato nello scetticismo generale, nascosto nelle prime partite in panchina, poi liberato e diventato in breve tempo protagonista assoluto del gioco, delle partite e delle vittorie nerazzurre, voleva rimanere a Milano e sapeva che questa partita era un viatico decisivo in questo senso. Insomma tutto nella mia testa mi faceva pensare che questa partita avesse un esito già scritto.

La Lazio passa in vantaggio, con mia grande sorpresa e grazie ad un episodio del tutto fortuito, poi centra il palo su una punizione perfetta, l'Inter la riagguanta grazie ad un calcio da fermo; poi di nuovo il vantaggio biancoceleste con la rete folgorante di un Felipe Anderson, forse accesosi troppo tardi in questa stagione; poi il rigore, anzi no: la VAR cancella quanto decretato dall'arbitro. 
Poi il rigore, questa volta sì, e Icardi da lì, non sbaglia mai.
Rosso per Lulic: la Lazio, dopo una lotta di grande qualità, stacca la spina. Ora l'inter attacca e dopo poco, su un atro calcio da fermo, trova il vantaggio. Delirio all'Olimpico. 

Alla fine a godere è la squadra più pronta, sono i giocatori che da anni attendevano di tornare a calcare palcoscenici importanti, è la squadra di base più forte, esperta, consolidata e vogliosa. Alla fine, ripensando a tutto quanto, non poteva che vincere l'Inter.