Per far felice un bambino bastano un pallone e un maestro che si ricordi di essere stato un bambino.
Ho trovato questa frase su una lettera che una maestra di fisica ha scritto a dei genitori.

È di questi giorni un video internet che riprende un bambino di circa cinque, sei anni, che per la prima volta va allo stadio della sua squadra del cuore, in questo caso si trattava dell'Everton. Il video fa vedere gli ultimi gradini e gli ultimi passi compiuti dal bambino in agitazione e frettoloso di arrivare, e nel momento in cui davanti a lui si è aperto lo spettacolo dello stadio, del campo e del pubblico, gli occhi di quel bambino, l'espressione di immensa gioia, stupore e incredulità, ti fanno capire dove trovare ancora un pezzo di senso e di umanità in questo sport. In fin dei conti tutti noi siamo stati così, siamo stati bambini sognatori con gli occhi che brillano, davanti ad uno stadio, ai nostri beniamini, indipendentemente di quale squadra fossero, perché da bambini i calciatori sono eroi, e idoli punto.
Non sono juventini, interisti, milanisti ecc...

Mi chiedo, cosa abbiamo sbagliato? Dove abbiamo perso quell'innocenza, se ad oggi ci troviamo a litigare, offenderci, insultare tutto e tutti, compresi i giocatori della nostra squadra, che dovrebbero essere ancora i nostri eroi incondizionati. Non riusciamo mai a congratularci con un avversario per un buon affare di mercato, che magari avremmo voluto fare noi, ma semplicemente è andata così e quel giocatore che avremmo voluto noi è andato da un'altra squadra, e così iniziamo a sminuirlo, a dire che in realtà è uno scarto.
Oppure, peggio ancora, se si tratta di un buon giocatore, la mettiamo sul piano economico, e iniziamo a disquisire di bil, plusvalenze, ingaggio bonus ecc...
​Dove sono finite quelle sensazioni che provavamo, quando vedevamo un calciatore professionista? Un pallone, qualche amico, un campetto in terra, e si imitava Bruno Conti anche se giocava con la Roma, o Antognoni, o Oriali, non avevamo certi pensieri, erano eroi. Ora niente è più così, o un giocatore è della tua squadra, allora lo ami, lo imiti, lo difendi, altrimenti no, è un nemico, scarso e costoso. Poi, diamo il peggio di noi quando, non contenti di aver litigato con chiunque via social, iniziamo con l'offendere pure i nostri giocatori, quelli della nostra squadra, quelli che pochi mesi fa amavamo, che ci facevano sognare e gioire, per un gol vittoria, una parata decisiva, ora scaricati in un attimo in cambio di una plusvalenza.

In questi giorni, interisti e juventini se le stanno cantando di santa ragione, tra un Lukaku preso, o lasciato, tra un Icardi da rifilare e un Dybala da fregare, con tanto ipervalutazioni, conguagli già pronti.
Sarà una stagione lunga. Dovremo semplicemente essere felici, se da un paio di anni, da Ronaldo in poi, altri giocatori importanti stanno venendo nel nostro campionato, fin troppo bistrattato negli ultimi anni. Mi sembra che nessuno riesca più a seguire il calcio per il semplice piacere di farlo, ma più che altro col fucile puntato contro qualcuno pronto a sparare. La vittoria è secondaria, l'importante è la sconfitta altrui.
Gli juventini sperano che l'Inter non vinca lo scudetto e gli interisti che la Juve non vinca la Champions.
Questi sono i reali obiettivi che ormai hanno i tifosi.
La gioia dov'è? Dov'è quella sensazione che avevamo una volta? Perché non riusciamo a tornare a tifare la nostra squadra, i nostri giocatori, e non contro qualcuno? Eravamo tutti come quel bambino. Eravamo felici perché stavamo al nostro posto, e facevamo il nostro "lavoro", il tifoso che amava il pallone e i suoi eroi, ora siamo diventati, allenatori, direttori sportivi e amministratori delegati. E così non va!