La mia adolescienza è trascorsa fra poche certezze e tanto divertimento, nonostante la prematura morte di mio papà, nel dicembre del 1972. La domenica, lavorativa per pochi, la Santa Messa alle nove e la partita di calcio alle 15, sono stati capisaldi della mia crescita. Mestre e Milan le due squadre che allora, come oggi, mi emozionano. Lo stadio cittadino era poco distante da casa, andavo con una bandiera grandissima, entrando gratuitaitamente affiancandomi a qualche signore. Fine anni sessanta, inizio settanta, quando il calcio era passione allo stato puro e la squadra rappresentava la Città. Lo spettacolo non era solo nel rettangolo di gioco, ma nella partecipazione e attrverso il calcio si cercavano rivalse "immaginarie", in una Italia in fermento, piena di speranze e ambizioni.

Il 4 marzo 1973, a quindici anni, vidi il Milan per la prima volta non alla televisione, ma dal vivo, a Vicenza. Avevo preso il treno ed ero pronto ad ammirare i miei "idoli", guidati da Nereo Rocco. Tre a zero, con un gol strepitoso di Gianni Rivera, annoverato fra i primi cinque della sua carriera, e una parata in tre tempi di Albertosi, con tanto di disegno sulla Gazzetta dello Sport, del lunedì. L'anno successivo fu la volta del derby, visto con un compagno di classe, interista. Il ricordo è indelebile e ci abbiamo riso sopra non so quante volte. Segna subito, Boninsegna, pareggia il Milan e la partita sembra avviata sulla spartizione dei punti, quando erano ancora due, invece Giacintone Facchetti propone una delle sue memorabili cavalcate, supera Schnellinger e segna il 2-1. Il Mago Herrera braccia al cielo, scattare dalla panchina e guardare proprio me, su un San Siro stracolmo, me lo sogno ancora di notte. Fortuna che non siamo andati a vedere il ritorno, perchè vedere il 5-1 per l'Inter mi avrebbe distrutto.

Ne ho visti tanti, il 2-2, lo ricordo per la doppietta di Pablito Rossi, unici gol segnati con la 9 rossonera, ma quello a cui sono maggiormente legato è quello del 28 ottobre 1984. Dovevo essere a Milano, invece era a Mestre, poichè avevo dato vita ad una manifestazione sportiva che sarebbe diventata un orgoglio cittadino. Il KM del Corso, una gara di ciclismo a cronometro sulla distanza del chilometro, per festeggiare Francesco Moser e il suo Record ottenuto a Città del Messico. Ventidue corridori professionisti e il Corso del Popolo di Mestre totalmente recintato da transenne e tracolmo di pubblico. Inter in vantaggio, pareggio di Virdis e tutti negli spogliatoio. Quando nel secondo tempo "ATTILA" Hateley volò in cielo segnando di testa il definitivo gol della vittoria, il boato si sentì chiaramente anche a Mestre, perchè tutte le radioline erano sintonizzate su "Tutto il calcio, minuto per minuto".

Il derby, molto più di una partita di calcio, e la notizia odierna della morte di Bellugi addolora e accumuna le due tifoserie. Una rivalità "sana", fatta di battute, che non ha mai oltrepassato i limiti, come purtroppo successo in altre piazze. Milano, San Siro, Jovanotti canterebbe "l'ombelico del calcio", i tifosi " Milano siamo Noi", domani sarà l'unica partita in programma alle 15, un salto indietro nel tempo, ripercorrendo gli anni gloriosi delle due squadre. Ancora poche ore e ne conosceremo il risultato, gustiamoci intanto quel profumo di gloria che, volenti o nolenti, ci fanno sempre sentire queste due splendide squadre, logicamente, più il MIlan.

P.S. Ciao Bellugi, saluta mio papà, che anche in cielo sarà rimasto interista.