Stop. Fine.
Il 20 maggio si è concluso il Campionato di Serie A più indefinibile di sempre.
Vissuto con grande partecipazione, con la speranza di non ascoltare sempre quello che oramai è diventato un disco rotto, la Juve che vince e le altre ad inseguire.
Ed alla fine è finito proprio così. Anche se è durata più del solito la sfida per il titolo. Tra alti e bassi, ha prevalso la Juve, giunta alla fine di un ciclo nella consapevolezza che dovrà rinnovarsi per puntare ai dieci titoli consecutivi e vincere quella Champions che corteggia da diverso tempo.
Retrocedono due squadre del Sud su tre. Un dato significativo che rappresenta lo stato del nostro campionato, sempre più sbilanciato verso il Nord con le squadre del Sud in difficoltà nella massima Serie. Sopravvive il Cagliari e avanza solo il Napoli, eterna seconda come la Roma. 

Si ha la sensazione che solo le milanesi ad oggi potranno mettere in discussione il dominio assoluto della Juve ed il ritorno dopo 6 anni dell'Inter in Champions lascia ben sperare perchè sarà certamente l'Inter a candidarsi per l'anno prossimo a contendere lo scudetto alla Juve.
Un rinnovamento profondo sarà quello che caratterizzerà anche il Napoli, con le incognite delle romane su cui sono sempre in pochi a puntare però alla fine dei conti arrivano sempre in alto con una Roma che è la squadra che è andata più lontane di tutte in Europa e la Lazio che per solo tre minuti pazzi ha sfumato il 4° posto.

Un Campionato segnato dal tremendo dramma che ha colpito Astori e la Fiorentina, divorato dalla voracità del calcio che lascia sempre un piccolo ritaglio alle emozioni per poi dare corso a quella ordinarietà che vuole lo spettacolo al primo posto. Il resto, un ricordo, un ricordo che è durato comunque più del solito.
Un Campionato di livello discreto, distante anni luce dalla Premier, inarrivabile oggi da tutti, e che necessita di un profondo cambiamento culturale per essere rilanciato. Quello che in Italia non si intravede neanche con il telescopio.
Basterà invece un binocolo per osservare i Mondiali
di calcio 2018, con l'Italia meritatamente fuori, dell'umiltà può essere solo sana, così come distante è la parità tra il calcio femminile e maschile, sono qualche secondo di interesse fugace per la vittoria della Juventus femminile e per la Nazionale di Calcio femminile che si è qualificata ai Mondiali. Diciamolo pure, il calcio femminile è percepito come un qualcosa di diverso rispetto a quello maschile. Se ne parla solo per far finta di voler raggiungere la parità, ma non siamo tutti uguali ed il calcio femminile e maschile non lo saranno mai.

Non interessa, non fa business, ed è ancora nel mondo dei dilettanti con tutte le discriminazioni del caso. Possiamo sprecare mille bla bla bla ma il calcio che conta è quello maschile, è un dato di fatto perfettamente in sintonia con il nostro tempo che pare viaggiare indietro nel tempo andando alla ricerca di precetti, valori o disvalori e principi che non hanno segnato il bene della nostra società, vi è aria di nostalgia di ventennio sempre più diffusa, ciò dovrebbe allarmare tutti, ma pare invece essere accettato da tutti come un qualcosa di normale, perchè, si sa, i cicli si ripetono e all'uomo piace essere diabolico.
Alla fine parliamo tutti di rispetto, ma il calcio di oggi non fa rima con rispetto, a partire dal bidone dell'immondizia a posto del cuore, che rimarrà per sempre nella storia infelice del calcio, al razzismo che sussiste alle vigliaccate commesse contro Anna Frank, al problema delle mafie e della criminalità.

Il calcio è la vetrina della nostra società e del nostro tempo ed in questo Campionato si è rappresentato, con diversi eventi ed episodi, lo stato di declino del nostro Paese. La speranza che le cose possano cambiare esiste, ma il cambiamento non arriva per dono o per miracoli, non cadrà dal cielo come una stella cadente.