Su di una strada sterrata che conduce a un dirupo svettante sul mare, due macchine stanno correndo all’impazzata verso quel salto nel vuoto. I due giovani alla guida dei veicoli si scambiano sguardi di sfida. Con espressioni incoscienti, s’imbeccano per tutto il tragitto, tra colpi di acceleratore e speronate stentate. Più i secondi passano, più il limite mortale della loro folle corsa si avvicina, ma nessuno dei due osa mollare per primo. È una sfida che non si può perdere, per nessuno dei due, nonostante il rischio sia estremo. Ma più il pensiero di poter finire schiantato in quello strapiombo si fa forte, più la paura comincia a scorrere copiosa nelle vene di entrambi. Alla fine, come ci si poteva aspettare, uno dei due sterza violentemente e si ferma a poche decine di metri dal dirupo. Il suo sfidante, esultante per aver vinto la sua battaglia, decide di fare lo stesso. La distanza che lo divide da limite è oramai troppo breve, tanto che sterzare non servirebbe a nulla. Non resta che lanciarsi fuori dalla macchina in corsa, ma dato che dove la fortuna è cieca, la sfiga è ipermetrope, aprendo la maniglia la sua giacca vi rimane impigliata. Così, mentre l’auto comincia a mangiare metri di vuoto, l’altro giovane osserva il suo sfidante scomparire nel nulla.

Per chi non l’avesse riconosciuta, questa è una famosissima scena (un po’ riadattata, lo ammetto) di un vero e proprio cult del cinema.
Essa infatti descrive la chicken run che Jim Stark, alias James Dean, e Buzz Gunderson, interpretato da Corey Allen, imbastiscono nello stupendo Gioventù Bruciata. Una scena tragica, che descrive alla perfezione quanto il proprio orgoglio, soprattutto se intriso d’incoscienza, possa essere fatale. Una situazione che, in realtà, è possibile ritrovare in numerose situazioni, sia private che pubbliche, anche se con risvolti finali meno estremi. Proviamo a pensare quante volte abbiamo visto, o magari abbiamo persino impersonato, personaggi desiderosi di un’unica cosa: avere ragione. Soggetti che a volte non danno importanza alla sostanza di ciò che stanno facendo, ma solo ed esclusivamente alla propria volontà votata alla vittoria. Una cosa che, sebbene nel silenzio di una finta tranquillità, è accaduto ai piani alti di Casa Milan. Uno scontro all’ultimo sangue è infatti stato quello inscenato da Ivan Gazidis e Zvonimir Boban. Un duello in cui i due galli della situazione, invece che giungere al massacro in via diretta, hanno preferito puntare il tutto sulla loro resistenza. La resistenza nel mantenere la barra a dritta il più a lungo possibile, nel portare avanti il proprio credo senza mai deviare. Una guerra fredda la potremmo chiamare, ma in realtà in grado di essere assai deleteria. Distruttiva in quanto è una battaglia in cui esiste il rischio che entrambi i contendenti perdano. E anche quando uno dei due riesce a spuntarla, la sconfitta aleggia comunque nell’aria, perché simili vittorie portano spesso con sé un grande clima di divisione. 

Anche se può apparire strano, simili dinamiche sono state assai studiate e argomentate negli studi economici. In gergo vengono chiamate Chicken Game, che sebbene in italiano si traduce simpaticamente come Gioco del Pollo, in realtà nel mondo anglosassone viene inteso come Gioco del Codardo. Si tratta di un aspetto indagato dal vastissimo campo di studio noto come Teoria dei Giochi, disciplina matematica atta a studiare i processi decisionali e le strategie.
Ebbene, nel Gioco del Pollo avviene esattamente quello visto nella folle sfida di Gioventù Bruciata:

  • 2 contendenti
  • 2 sole scelte a loro utilizzo
  • possibilità che lo scontro finisca senza un vincitore

Una lotta se vogliamo insensata, la cui capacità distruttiva aumenta quando, attorno ai due contendenti, si staglia un ambiente lavorativo da essi influenzato. Tale strategia decisionale infatti non prevede mezze misure se non la vittoria di una delle due parti, o la disfatta per entrambe. In ogni caso, l’ambiente ne viene dilaniato perché, come capita sempre, in simili occasioni la faziosità è all’ordine del giorno. Credetemi quando vi dico infatti come, a lotte del genere, ho assistito parecchie volte. Così come, a causa di esse, ho avuto prova diretta di come esse portino con sé un numero incalcolabile di effetti collaterali. Nel mio piccolo, io infatti le chiamo bombe atomiche sociali, in quanto dietro di sé lasciano scenari apocalittici, economicamente parlando. Esattamente quello che sta accadendo in Casa Milan, dove lo scontro Boban Vs Gazidis sta facendo solo vittime. Prima fra tutti il Milan stesso, il quale ne uscirà inevitabilmente indebolito. Ma in questo caso preciso, chi dei due è il volatile codardo che alla fine ha sterzato? Chi ha ricoperto il ruolo del giovane Stark, impaurito di fronte allo scranno dello sfacelo? Ebbene a ritirarsi alla fine è stato proprio Boban il quale, dopo aver ingoiato tanti rospi, di fronte a quello mastodontico di Ralf Rangnick ha ceduto. E, così facendo, ha lasciato passare Ivan Buzz Gazidis, il quale deve aver provato un piacere indicibile, di fronte alla resa dell’avversario intestino. Una sterzata quella di Boban, palesatasi con quella famosa e maledetta intervista, in cui egli ha voluto palesare il problema che da tempo dilania dall’interno la società.

Un errore? In tutta sincerità, mi asterrei dal definire la decisione di Boban in questa maniera. Sta di fatto però che tale gesto ha palesato una sorta di debolezza, da parte del dirigente croato. Un po’ come quando i bambini si sfidano nella lotta degli sguardi, alla fine Boban non è riuscito a resistere a quel fastidio terribile sotto la palpebra, trovandosi così costretto a chiudere gli occhi. Se non lo avesse fatto, se avesse evitato di parlare con quel giornalista, sarebbe cambiato qualcosa? Senza dubbio, ciò avrebbe protratto la sfida con Gazidis sino all’estremo epilogo. Mentre Boban è uno che riflette sulle proprie decisioni, Gazidis da buon anglosassone pare essere quello che punta all’obiettivo, qualsiasi cosa accada. Il che avrebbe portato a reiterare lo scontro in estate, ovvero il momento peggiore per una lotta intestina. Questo perché per i club di calcio l’estate è il momento in cui le idee devono essere chiare, condivise e pronte a tramutarsi in azioni. Forse perché consapevole di un simile scenario, forse perché giunto ai limiti della pazienza, Boban alla fine ha dunque mollato il colpo. E nel mentre ha cercato di giocarsi la carta opportunità/imprevisto. Purtroppo per lui, la proprietà era già schierata dalla parte del suo contendente e il risultato ottenuto è oramai di dominio pubblico. 

Con Boban dunque oramai fuori dai giochi, Gazidis può spadroneggiare come e quanto vuole all’interno del Milan. Quello che probabilmente non sa, è che il suo veicolo è ancora lanciato a grande velocità verso il burrone. Se non dovesse accorgersene in tempo, c’è da sperare che la manica della sua giacchetta non si impigli nella maniglia. Ma, a ben guardare i suoi ultimi NON conseguimenti, le possibilità a suo favore non paiono moltissime. Sta di fatto che, se quanto deciso da Gazidis dovesse dimostrarsi controproducente, il boato dello schianto si udirà per chilometri. Perché a schiantarsi con lui sarà il Milan stesso. 

“Ogni testardaggine è basata sul fatto che la volontà ha usurpato il posto della conoscenza” - Arthur Schopenhauer

Un abbraccio

Novak