Un detto recita che gli inglesi amano molto se stessi e tutto ciò che loro appartiene. Sostengono che non esistano altri uomini come loro e nessun altro Paese come l’Inghilterra. Quando vedono uno straniero di bell’aspetto dicono che «egli assomiglia ad un inglese» e che «è un gran peccato che non debba essere un inglese». Insomma, gli inglesi vivono perlopiù di certezze e di amori per tutto ciò che inglese, come il calcio e la Regina. Regina, in questo caso Elisabetta II, che oggi tra l’altro compie 94 anni, e, a sua volta, ama l’Inghilterra e, come fosse un sillogismo, il calcio.

Non è un caso che il primo incontro pubblico tra la Regina Elisabetta II e il football sia avvenuto nel 1953, ovvero l’anno della sua incoronazione.
Si gioca a Wembley e quella finale passerà alla storia come la Matthews Final, perché Stanley Matthews, considerato da molti il miglior inglese della storia, primo Pallone d’Oro della storia, al terzo tentativo riesce finalmente a conquistare quel maledetto trofeo. Stanley ha 38 anni e si trascina il Blackpool sulle spalle: a 22′ minuti dalla fine il Bolton è avanti per 3 a 1, ma Stanley sale in cattedra, sforna assist come se fosse la cosa più semplice del mondo, e la partita finisce 4 a 3.
Al Blackpool la prima coppa della sua storia, stessa cosa vale per Matthews, e tutto questo sotto gli occhi dalla Regina appassionata.  

Excursus storico: da Omero alla Regina

Tenendo fede a quanto scritto nell’Odissea, il passo dalla prima partita a cui la Regina Elisabetta ha assistito e gli albori del calcio è lungo circa 3000 anni. Ulisse, di ritorno da Troia, sbarca sull’isola di Scheria, l’attuale Corfù. Quella era la terra dei Feaci e, sopratutto per restare in tema, del Re Alcinoo, il quale essendo ignaro di trovarsi dinanzi al violatore della città di Priamo, accoglie quell’uomo, e i suoi, come ospiti assai graditi: offrendo banchetti e organizzando giochi simil-olimpici. Inoltre, Laodamante e Alio, figli di Alcinoo, in preda all’entusiasmo e al vino, strappano una sfera dalle mani di un liberto e i presenti cominciano a dare spettacolo semplicemente lanciandosela: è la prima testimonianza della nascita del calcio o di qualsiasi cosa da cui abbia preso i natali.

«Nelle man tosto la leggiadra palla / si recaro, che ad essi avea l’industre / Polibo fatta, e colorata in rosso, / L’un la palla gittava in ver le fosche / nubi, curvato indietro; e l’altro, un salto / spiccando, riceveala, ed al compagno / la rispingea senza fatica o sforzo, / pria che di nuovo il suol col pie toccasse» 
Omero  

Il gioco sull’asse Roma-Londra  

Indagando circa le origini di questo sport, soffermandoci principalmente sulle attività che comprendevano l’uso della palla, non possiamo menzionare quanto lasciato scritto dal medico greco Claudio Galieno che a proposito del harpastum romano diceva: “la superiorità del gioco della palla rispetto alle altre discipline non è mai stata sufficientemente analizzata… io affermo che il migliore di tutti gli sport è quello che non solamente fa lavorare il corpo, ma serve anche a divertire…”.
L’harpastum era un misto di calcio e rugby, ma anche lotta, hobby dei legionari e antesignano del calcio storico (o mediceo) che si sarebbe giocato poi a Firenze, insomma non il nostro calcio per dirla tutta, o almeno non il nostro se non fosse arrivato a Londra, o giù di lì.
L’arpasto è ciò che i romani lasciarono in eredità agli anglo-sassoni conquistati. Fu un regalo ben accetto, perché sull’isola videro in quello sport tre lati positivi: si rinvigorivano i muscoli, ci si divertiva e, soprattuto, il passo tra uno scontro di gioco e una rissa era davvero breve. Gli inglesi hanno sempre amato le risse.
Dalle fonti sappiamo che già nel 1314 Nicola di Farndone, Lord Mayor di Londra, vietava il gioco della palla: troppo pericoloso. Cinquant’anni dopo, anche Edoardo III era della stessa idea: volete divertirvi? Bene, giocate con l’arco e con le frecce, il gioco della palla è eccessivamente violento.
Niente da fare. Il gioco della palla da attrazione principale dei popolani cominciò ad affascinare la borghesia. Per circa 500 anni quel gioco, che è meglio definire ibrido, fu conservato.  

Nasce il football che conosciamo  

Conservato fino al 1800: rivoluzione industriale e borghesia dominante. Adesso facciamo ciò che ci pare e piace. E ciò che ci pare è piace è giocare a calcio.
È in quel periodo storico che nascono, praticamente, tutti gli sport che oggi conosciamo. È in quel periodo storico che nasce il football. Cioè non si gioca più a palla, si gioca a football ovvero piede-palla. Certo i greci, bene i romani, ma il calcio l’hanno inventato gli inglesi.
Il calcio lo hanno regolamentato loro. Nel 1823, al college di Rugby, avviene la prima distinzione, se giochi con le mani è rugby, se giochi con i piedi è football. Facciamo le distinzioni William. Si perché ad aprire il dibattito fu un certo William Webb Ellis, uno studente, che mentre si giocava a palla, se ne impossessò, la strinse con le mani e se la tenne stretta fino alla meta. I giocatori si guardano negli occhi: così il punto vale o non vale? Giochiamo con i piedi o con le mani?
Sarà l’Università di Cambrige, poi, nel 1848 a prendere carta e penna e a stilare un regolamento: misure del campo, larghezza della porta, marcamento, punizioni, infrazioni, numero dei componenti di ogni squadra. Questo è importante: undici per ogni squadra. Sì, undici, perché ogni camerata ha undici letti. Regge.  

Doppio filo verde che unisce l’Inghilterra al calcio  

Insomma, la terra verde, la terra di Albione, è la terra del football. Lì ha preso i natali la stessa Coppa del Mondo, ma questa è un’altra storia. Lì è nato lo Sheffield ovvero il primo club, che possa dirsi tale, della Gran Bretagna, dopo di esso l’Hallam, il Cray, il Worksop e tanti altri.

E, ancora in Inghilterra, nel 1863 in un lunedì piovoso d’ottobre, in una fradicia taverna di Queen Street, a Londra, è nata la Football Association, la prima lega. La prima lega che sette anni dopo avrebbe dato vita alla prima competizione ufficiale: la Football Association Cup, conosciuta meglio come FA Cup, o Coppa della Regina. Coppa della Regina proprio perché, come abbiamo detto, l’amore della Regina nei confronti del calcio si è palesato subito.  

Le squadre della Regina  

Ciò che sappiamo, inoltre, è che questo amore è anche cristallizzato in tifo. Negli anni alla Regina Elisabetta sono state attribuite più o meno tutte le squadre, ma a scaldarle il cuore sembra ce ne siano due su tutte: il West Ham, squadra dell’East End londinese, e l’Arsenal dell’Holloway, quello per cui teneva la Regina Madre.
Se la passione per gli Hammers è stata negli anni mantenuta segreta dalla monarca, quella per i Gunners è stata confessata.
“Sua Maestà tifa Arsenal” è il titolo del Sun nel febbraio 2007. Elisabetta per un problema alla schiena non riesce a partecipare alla cerimonia d’apertura del nuovo Emirates Stadium, per farsi perdonare decide di invitare l’intera squadra dei Gunners a palazzo.  

La confessione di Elisabetta  

La confessione è mascherata, chiacchierando con Arsene Wenger, già ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico da cinque anni, la domanda è: quest’anno la vincete la Premier? La risposta è attesa con trepidazione, come se le importasse davvero, come effettivamente le importa.
Cesc Fabregas dirà successivamente: “La Regina ci ha confidato di essere una nostra tifosa. Sembrava che sapesse perfettamente chi fossi e abbiamo scambiato alcune parole”. 
Solo qualche mese dopo una fonte della casa reale rivelerà apertamente la fede Gunners di Elisabetta, aggiungendo “Sua madre era una grande ammiratrice di Denis Compton”, un crickettista che si diede al calcio e lo fece, naturalmente, con la maglia dell’Arsenal.  

Dio salvi la Regina e il calcio  

Oggi il calcio è fermo, più o meno, in tutto il mondo ma se la Regina dovesse annoiarsi durante questo compleanno in quarantena le consigliamo vivamente di non guardare alla classifica odierna, quella che era, dei Gunners, ma di spulciare, magari su Youtube, tra i video degli invincibili: la squadra dell’ultimo titolo, stagione 2003/04, che dominò il campionato senza alcuna sconfitta.
Per tutto il resto: Dio salvi la Regina e il calcio, facendoci tornare presto a tifare proprio come Elisabetta.
Happy Birthday Queen!