Il titolo sembrerà blasfemo, soprattutto nella settimana santa che conclude la Quaresima e ci porta verso la Pasqua.
Ma era anche il titolo di una canzone degli anni sessanta, composta da Francesco Guccini e cantata dai Nomadi, una canzone di protesta nella quale si denunciava la completa assenza di Dio nelle persone, che accettavano tutte le brutture immorali della vita, senza ribellarsi allo scempio dell'indifferenza. E tale canzone fu censurata dalla Rai, e mai trasmessa dalle radio, al pari di "C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones", che invece denunciava la guerra del Vietnam.
Ebbene, sapete la cosa più curiosa? Che entrambe le canzoni venivano trasmesse continuamente sulla Radio Vaticana, forse perchè chi dirigeva tale Ente aveva capito che si esprimevano dei valori e non c'era nessuna critica politica, o peggio, contenuti immorali.  
Il ritornello del testo recitava:

E' un Dio che è morto,
ai bordi delle strade, Dio è morto.
Nelle auto prese a rate, Dio è morto.
Nei miti dell'estate, Dio è morto.

Era una denuncia del consumismo e dei falsi miti che già allora si stavano creando, insieme all'indifferenza dei veri problemi sociali presenti nella società di allora, con un finto" boom"economico, che faceva credere che tutti eravamo più ricchi, ma che agli inizi degli anni settanta ci presentò subito il conto, con le prime restrizioni petrolifere e l'inflazione che cominciava a crescere in modo incontrollato. 
Ed oggi mi sembra che il tema possa essere attuale. L'anno scorso abbiamo gridato dalle finestre, cantato l'inno di Mameli, incensato i nostri eroi, gli operatori sanitari, stringendoci tutti insieme nella solidarietà nella speranza di avere mascherine, cure e soprattutto, vaccini. E qui adesso posso notare che non solo abbiamo le mascherine, ma le abbiamo pure personalizzate, con il logo della squadra di calcio del cuore, con i colori della bandiera, con motivi fantasia, il marchio dell'azienda in cui si lavora, e quanto altro ancora. Le medicine, non si è ancora trovato il farmaco definitivo, ma si conosce meglio la cura che si deve applicare e nuovi farmaci sono in sperimentazione per debellare a livello clinico il virus. Ora abbiamo anche i vaccini, che pare siano l'unico mezzo per uscire da questa situazione, eppure ci complichiamo la vita. "Non sono sicuri", dice qualcuno, oppure presentano effetti collaterali, fanno venire la febbre, dopo l'inoculazione ci si sente strani. Beh, qui si può anche discutere, tutti i vaccini presentano degli effetti, diciamo secondari, ma sono proprio gli effetti indotti dai vaccini che stimolano il nostro corpo alla produzione di anticorpi, a causa dell'"aggressione" prodotta dal virus modificato immesso nel nostro sistema immunitario. E non tutti hanno una reazione visibile, anzi, la maggior parte dei vaccinati non sente nessun sintomo. Ci sono stati casi di morti "sospette", avvenute dopo la somministrazione di vaccini, ma nessuno di questi casi è da ricondurre ad una causa diretta dovuta all'inoculazione. L'Ema, ha sospeso momentaneamente le vaccinazioni, ma ha subito risolto il caso, dimostrando che nessuno dei fatti conclamati si poteva ricondurre al vaccino Astra-Zeneca. Purtroppo le notizie  descritte hanno ridestato il partito dei "no-vacs", già allertati dall'arrivo dei vaccini, e ora in tumulto per le notizie diffuse. Molte persone, pur avendone diritto, hanno rifiutato il vaccino, mentre altre persone, che vorrebbero vaccinarsi devono aspettare il loro turno. Mi sembra ridicolo considerare che, mentre l'anno scorso pregavamo Dio perchè arrivasse un vaccino, anche uno qualsiasi, a salvarci,  oggi rifiutiamo o contestiamo i vaccini finalmente arrivati. Forse la nostra società si è imbruttita, a causa dello stress subìto dalla lunga pandemìa, o forse dall' impossibilità di svolgere una normale vita di relazione, ma non si può essere così intolleranti, o peggio infantili, nell'affrontare la situazione inusuale che ci troviamo ad affrontare ogni giorno. 

Forse siamo stati troppo abituati ad un sistema consumistico mediatico, che ci ha indotti ad una società irreale, forse frutto di immagini social, alle quali pensiamo di appartenere, come un supereroe, intoccabile, invincibile, dotato di poteri eccezionali, che tentiamo di imitare virtualmente, conformandoci mentalmente, fino alla prepotenza verbale. Il risveglio è stato drammatico, ci siamo ritrovati chusi in casa, senza contatto con amici e parenti, se non proprio in social, ed allora cadiamo preda dei miti che non riusciamo più ad imitare, non sappiamo più essere invincibili, forti, determinati. Ci è mancata la terra sotto i piedi. Dio è morto! Ma forse pensavamo di essere noi, Dio.   
Invece siamo estremamente vulnerabili. Ma perché siamo di colpo caduti così in basso? Semplice, non eravamo mai cresciuti, a causa del rifiuto della realtà economica e sociale nella quale viviamo, nell'inganno dei social, senza i quali non riusciamo a vivere. Abbiamo abbandonato la lettura di buoni libri, di manifestazioni culturali, della stessa storia che ci appartiene e che ci insegna sempre qualcosa. E le pestilenze del passato, hanno molte coincidenze con l'attuale.
 
Facciamo un esempio. Nel 1720 a Marsiglia arrivò la nave mercantile Grand St.Antoine, aveva un carico di tessuti e cotone, proveniva dalla Siria. Durante la navigazione, scoppiò a bordo la "Yersinia pestis" una grave forma di peste, arrivando al porto, il capitano comunicò alle autorità portuali che a bordo c'era la peste. La nave, come era uso ai quei tempi, fu tenuta alla fonda in quarantena. Ma dopo qualche giorno, le autorità della città, spinte dalle richieste dei commercianti che reclamavano il carico, fecero sbarcare alcune merci. Fu un errore imperdonabile, ancora oggi si ricordano le migliaia di vittime e il danno economico prodotto da quell'idea sciagurata. La città si riempì di ammalati e ne uscì solo dopo molti mesi.
Oggi notiamo pulsioni identiche, non pensiamo alla salute, ma all'aspetto economico, sì importante, ma che può passare in secondo piano rispetto al valore più che economico della vita umana. Nino  Manfredi in una vecchia canzone recitava: "Basta a' salute en par de scarpe nove, e puoi girà tutto er monno!" Sì, la salute è tutto, senza la salute non si fa economia, perchè i morti non lavorano, non guadagnano e non spendono. I negozi non li chiude il Governo, ma il virus. Ma per combattere il virus, c'è bisogno che tutti si sia uniti, perché l'unica speranza del virus di vincere è proprio"divide et impera", ovvero dividi e regna su di loro. Capisco che ci sia stress, ma ognuno di noi dovrebbe imparare a sapere affrontare anche lo stress, le privazioni, i sacrifici, cosa che fa ogni atleta in campo per  ogni partita che vuole vincere. Abbiamo dimenticato la competizione, ce la prendiamo con l'arbitro, anche se non si sa chi sia. Ah sì, i poteri forti, anche qui chi siano non si sa, forse le banche, che oggi penano molto come ogni attività economica. Capisco comunque coloro che sono realmente in difficoltà, e mi riferisco ai bar, ristoranti, alberghi, agenzie di viaggio, lavoratori dello spettacolo, sia artisti che maestranze. Il conto più salato lo pagano sicuramente loro, ma io credo che con molta capacità di resistenza, potranno tornare presto a lavorare e guadagnare, ma questo solo se raggungeremo un numero tale di vaccinati che consenta, se non proprio l'immunità di gregge, almeno un numero di contagi ridotto, che ci consenta di convivere con il virus, in attesa di sconfiggerlo definitivamente.

Si continua ad invocare la libertà, come se fosse un concetto variabile, legato più ad una pretesa adolescenziale che ad un concetto assoluto. La libertà non è fare tutto ciò che ci pare, ma è la possibilità di esercitare liberamente i nostri diritti fondamentali, che non devono mai penalizzare altri soggetti, perchè la mia libertà finisce dove inizia la libertà o le pretese di  chiunque altro soggetto portatore di diritti propri. Il diritto di infettare altri non esiste, e sarebbe bello reclamare non  l'esercizio di un diritto, ma il pretendere di esercitare il proprio dovere di salvaguardare l'incolumità e i diritti di altre persone.

Voltaire diceva: "Non sono d'accordo con le tue opinioni, ma mi batterò fina alla morte perché tu possa esprimerle liberamente". Ecco, forse è qui il concetto massimo di libertà. Ma vorrei citare un pensatore più modesto: mio padre. Un giorno da ragazzo andai da lui e gli dissi: "Sono in crisi, ho dei problemi esistenziali, forse avrei bisogno di potere parlare con un medico". La risposta fu: "Senti figlio mio, noi non abbiamo né il tempo e nemmeno i soldi per risolvere i tuoi problemi, vedi di arrangiarti". La guarigione fu breve.

Saluti.