"Dieu est mort". A volte i messaggi più semplici sono anche quelli di maggior impatto. L’Equipe, noto quotidiano sportivo francese, omaggia così Diego Armando Maradona. E' davvero complicato non essere banali e soprattutto non ripetere ciò che in tanti hanno già scritto riguardo a un simile eroe. A proposito, lui è parte della categoria. In quest'ultimo periodo, penso si possa aver confuso il significato del termine. Il vocabolario Treccani sancisce che, per la mitologia, si tratti di un "essere semidivo al quale si attribuiscono gesta prodigiose e meriti eccezionali". Diverso, invece, è il senso che si intende nel linguaggio comune: "chi, in imprese guerresche o di altro genere, da prova di grande valore affrontando gravi pericoli e compiendo azioni straordinarie". Mi riallaccio alla prima interpretazione e noto che il mito è unico. E' visto quasi alla stregua di una divinità che nella sua essenza ha la specificità. L'impresa compiuta da tale figura deve renderlo immortale all'interno della società. Serve un seguito. E' necessario che la sua immagine rifletta un significato filosofico e letterario dirompente. Il medico non è un eroe. E' un angelo che, seguendo il giuramento di Ippocrate, tiene fede alla sua professione e dedica la vita agli altri. Il dottore, quello bravo, è un buono. Attenzione! Non voglio affermare che vi sia una prevaricazione di un concetto sull'altro. Semplicemente ci si trova di fronte a immagini diverse che credo non possano essere confuse. Gandhi e Che Guevara, per esempio, sono eroi perché scrivono la storia e i loro nomi rimarranno impressi come personalità che hanno modificato l'avvenire scuotendo le coscienze. Il missionario in un Paese del terzo mondo è una creatura celeste che impegna la sua esistenza per il prossimo e non desidera essere ricordato alla stregua di un mito non essendo nella sua vocazione.

IL PRIMO "MIRACOLO"

Diego è un eroe. Punto. El Diez compie "miracoli" tramite la sua scomparsa. Credo che il Destino non sia mai casuale. Sapete cos'è Villa Fiorito? E’ un barrio di Buenos Aires come Fuerte Apache. Sì, signori. Vi chiedo scusa per il paragone e non vorrei incappare nella lesa maestà, ma noto un'importante somiglianza tra El Pibe de Oro e Carlitos Tevez. Entrambi sono Figli del Popolo, nati e cresciuti nel disagio più clamoroso. Vissuti da simbolo di una realtà che si riscatta. Anzi, forse questo è il vocabolo sbagliato. Sarebbe più corretto sostenere di una società che emerge. Campare in quelle zone è considerata una sfortuna e probabilmente è così, ma il termine "riscatto" ha una componente quasi spregiativa nei confronti di chi vi alloggia. Vorrei che la chance di uscire da tali posti non fosse più considerata un'anomalia, ma un'impresa possibile. Per levare tale retro pensiero, non è necessario foderarsi gli occhi di prosciutto e sostenere che un ragazzino della Boca abbia le medesime opportunità di quello di Set Cohen a Orange Country. Urge solo modificare la prospettiva e credere che ogni individuo disponga delle stesse cartucce da sparare indipendentemente dalla razza, dal sesso, dall'orientamento che da esso deriva, dall'opinione politica, dalla fede o dalle altre diversità emergenti nell’articolo 3 della Costituzione. Sono un utopista. Lo so. Ma penso che, se non variamo il punto di osservazione, non risolveremo mai totalmente il problema. Dal momento in cui, al fine di tutelarla, poniamo una categoria in una posizione di svantaggio, stiamo ammettendo che lo sia e inconsciamente la indeboliamo creando un dualismo con il resto della realtà. Per essere davvero tutti alla pari, occorre iniziare a immaginarci tali e ragionare come se lo fossimo. A volte mi pare di captare paradossi incredibili. Si lotta tanto e correttamente per "l'uguaglianza dei sessi", poi si assiste a scene bizzarre. Allo scopo di essere molto semplice, diretto e banale: vi sono signore che, giustamente, percepiscono retribuzioni più elevate degli uomini però si nota ancora chi si sente umiliato a farsi pagare la cena dalla fidanzata. Scusate, ma che senso ha tutto questo? Il bon ton? Lo trovo assurdo. Perchè, nel 2020, deve esistere un istituto come quello delle "quote rosa"? E' svilente. Se una fanciulla merita più di un ragazzo è giusto che abbia il riconoscimento, ma questo non può avvenire partendo da una posizione di vantaggio. Probabilmente ciò era consigliabile nei momenti in cui il maschilismo risultava assolutamente predominante e da debellarsi, ma oggi serpeggia in modo nascosto quindi ancora più ostile. Pari opportunità ha un significato assolutamente chiaro. Non si può svilire la posizione femminile. Mi auguro davvero che uno dei miracoli di Diego sia proprio questo: urge effettuare un ulteriore passo in avanti cancellando arcaici preconcetti che ormai non sono più utili a combattere il pregiudizio. Uguaglianza significa accettazione e ammirazione per le differenze.

IL GIUDIZIO FINALE

El Diez è scomparso proprio il 25 novembre come George Best. Inutile disquisire sui loro stili di vita. Tutti li conosciamo. Non sarò certamente io a fare la morale. Non mi permetterei mai e non è nelle mie corde. Chi mi conosce lo sa. Anzi, sono qui a rimarcare come l'esistenza nuda e cruda si accanisca contro certe personalità. Pare disprezzarle. Sembra allontanarle. Loro non meritano quel destino, ma sono parti di altri disegni e palcoscenici. Se ne vanno in modo assurdamente truce. Così, di punto in bianco. Come un alito di vento che spegne l’esile fiammella di una candela, ci lasciano un'eredità infinita. Non dobbiamo guardare troppo al loro passato e a eventuali errori. Qualcuno li ha costantemente criticati, ma la loro morte unisce tutti in un unico dramma. Questo è un immenso miracolo. Ognuno di noi ha sofferto per l'addio al Pibe. Solo un cuore di pietra potrebbe non essersi sciolto di fronte alle immagini della sua casa a Villa Fiorito. Esisterà un Paradiso tutto loro. Ne sono convinto. Amo la vignetta in cui Diego si presenta al cospetto dell'Altissimo restituendogli la mano. La mano de Dios. E' assurdo pensare come ogni altro uomo sulla faccia della terra sarebbe stato tacciato per la mancanza di sportività. Ha segnato il gol del vantaggio della sua albiceleste in una finale mondiale con un braccio e in maniera palesemente irregolare. Dai diciamocelo. E' praticamente impossibile che non se ne sia accorto. Il 2-0, però, ha cancellato tutto. E' arte. E' poesia. Non è sport. E' emozione. Basta udire la telecronaca del radiocronista argentino per percepire un pathos che conduce diretti alle lacrime. Ha ragione Paolo Condò: è un tango danzato su un campo da calcio con la sfera come dama. E' soprattutto un dono immenso a un Popolo. Qualsiasi suo connazionale ama e venera El Diez. Buffa racconta che è divenuto parte integrante del linguaggio. A quelle latitudini, "comportarsi come il dieci" significa assumersi grandi responsabilità per tanti. Tale aurea incredibile che ruota intorno alla figura di Maradona è qualcosa di mitologico. Per questo poco cambia dalla scorsa settimana a oggi. Diego è ancora qui perché vive nella mente delle persone. E' la grande realtà di chi sostiene che El Pibe sia eterno. Per carità, non intendo svilire la sofferenza dei suoi cari o ingigantire una figura umana. Il sudamericano non è un Dio Religioso e sarebbe blasfemia considerarlo tale. La sua scomparsa vale come quella di qualsiasi persona viva sulla faccia della terra, ma Lui è un eroe. Concordo con Klopp: "Diego era sensazionale, poi ha avuto qualche difficoltà, ci mancheranno entrambi i lati" (ANSA). A volte, forse, occorre avere la forza di non giudicare. E' un compito che non spetta a noi e questo amore incondizionato per Maradona potrebbe aver lanciato un importante messaggio in tal senso.

COME ASTORI

Diego Armando Maradona come Davide Astori. A guardarli bene pare di essere fuori da ogni logica. In realtà non è così. Tra i due esiste un vincolo fermo. Ricordate il giorno della triste scomparsa del lombardo? Io sì, come se fosse ieri. Era il 4 marzo 2018. L'indomani vi sarebbero state le elezioni politiche e , come sempre, sarebbero potute andare in scena lunghe battaglie dialettiche, dibattiti e, a tratti, chiacchiericci. L'ex difensore della Fiorentina pose tutto in secondo piano riportando l'uomo alla realtà di un giovane trentenne colto nel sonno e scortato direttamente in Paradiso. I telegiornali, la stampa e i media erano dedicati a Lui. Non si parlava di partiti, di promesse, di "farò". Davide si era giustamente preso il proscenio mostrando la fragilità umana. E' inutile sbattersi, arrovellarsi, distruggersi, guerreggiare, offendersi per raggiungere un certo scopo, tanto non dipende da noi. Questo non significa cancellare ogni ambizione. Tutt'altro. Vuole soltanto rappresentare che la mancata conquista di un traguardo può esclusivamente fungere da punto di partenza per una nuova missione. Il destino è solo parzialmente nelle nostre mani. Ogni risultato colto o fallito porta con sé sempre qualcosa di positivo ed è davvero poco efficace demolire se stessi o gli altri per agguantarlo. La morte di Diego è giunta nel pieno di una pandemia senza che questa abbia avuto alcuna colpa. Ha ricondotto le persone con i piedi ben saldi a terra. Siamo correttamente e costantemente preoccupati da tale nemico invisibile, ma non dobbiamo perdere la traccia. E' necessario che non ci rubi l'anima. Non possiamo farci terrorizzare. El Diez ci ha tirato per la maglietta riportandoci in noi. Il rispetto delle normative e l'attenzione verso il prossimo sono obbligatorie e segnalano la capacità di essere dentro la realtà. La paura, però, è nostra nemica e ci trascina fuori dalla concretezza dei fatti. Ci costringe a perdere il senno. Ci annienta. Bisogna evitare di farsi coinvolgere. Occorre tenere la barra diritta e navigare verso un futuro più sereno. Se a marzo tutto appariva buio e pestilenziale perché ci si trovava innanzi a un perfido nemico sconosciuto, ora non è più così. Il Covid-19 si è mostrato e sappiamo attaccarlo meglio. Vediamo, poi, di fronte a noi la soluzione chimica. Il vaccino c'è. Occorrerà avere pazienza e il tempo che ci separa dalla fine della pandemia non è breve, ma bisogna conviverci e giungerà a conclusione. La scienza, imperfetta per natura, ha dovuto cedere il passo e stiamo assistendo alla desolazione più totale. Ora, però, pare abbia trovato una via d'uscita e occorre fidarsi. Comprendo che in tanti possano sentirsi delusi e restii verso certe posizioni. Non sono sicuramente io a volervi convincere del contrario, ma credo che sia necessario confidare in essa. Proprio perché conoscevo la sua essenza umana, non mi aspettavo miracoli e ora ho la forza di affermare che, nel momento in cui mi sarà proposto con le dovute assicurazioni, mi vaccinerò.

L'ULTIMO REGALO AL CALCIO

"Con la morte di Maradona, il calcio è finito!". Non è così e non può esserlo. Diego non lo avrebbe voluto. Un altro miracolo legato alla sua scomparsa dev'essere la rinascita di questo sport. Ultimamente il pallone è stato bistratto e maltrattato da tanti. E' stato considerato come la ghianda da affibbiare al popolino la domenica. La disciplina di basso profilo che serve a divertire chi non riesce a farlo con mezzi più elevati e sofisticati. L'attività non essenziale. Qualcuno ha voluto il male di tale ambiente, ma El Diez ha mostrato a tutti che serve rispetto per l'arte. Il pallone è della gente. Appartiene a lei e non esiste personalità più adeguata dell’argentino per sancirlo. Lui è il suo eroe. "Se stessi con un vestito bianco a un matrimonio e arrivasse un pallone, lo stopperei di petto senza pensarci". Secondo Voi, un uomo che parla così gradirebbe che la sua morte cancellasse un amore tanto viscerale? Non credo proprio. Anzi, tutto il contrario. Maradona vorrà divertirsi ancora guardandolo da Lassù. A volte, c'è bisogno del sacrificio dell'elemento più importante per ridare nuovo vigore al sistema. Il calcio non ci lascia con Diego perché Diego vivrà in lui. Questo è il vero pensiero che ci deve guidare. Sono convinto che la proposta di Villas Boas non possa avere grande seguito. Perchè l'Uefa dovrebbe levare il numero 10 dalle competizioni? Sono forme di rispetto che non comprendo e mi paiono soltanto utili a privare qualcuno del sogno di poter indossare quella camiseta. Siccome si tratta di un simbolo, è giusto che continui a esserlo perché sono sicuro che nascerà un altro campione come Maradona e dovrà assumersi la responsabilità di vestire quella maglietta. Il pallone non è la cosa più importante delle meno importanti. Il pallone è importante e basta. Senza altri inutili panegirici lessicali. Non è solamente una professione ormai fondamentale per milioni di individui, è una passione immensa. E' emozione. E' un gioiello che ci hanno tramandato quelle generazioni di cui il virus si sta appropriando. E' pure per loro che dobbiamo rispettarlo, curarlo e coltivarlo. Boicottiamo quelle pessime derive che purtroppo, a tratti, presenta. Devono essere isolate perché non abbiano più linfa vitale in modo da venire poi eliminate come l’erba secca. E' necessario che le istituzioni, alcune di esse purtroppo a tratti paladine di una strana battaglia a questo gioco, riescano a concepirlo in un'ottica diversa. Diego ha compiuto pure tale miracolo in quanto la sua morte ha trascinato messaggi infiniti d'amore per questo sport. Basti osservare l'eco mediatica e non solo avuta dalla notizia per comprendere il concetto. Ora sta a noi proteggere un simile dono perché, che lo si voglia o no, di ciò si tratta.

"Oh mamma mamma mamma... Oh mamma mamma mamma, sai perché mi batte il corazon? Ho visto Maradona... Ho visto Marandona e mama innamorato sono…"

PS: Vorrei dedicare questo pezzo a chiunque lavora nel calcio e vive grazie a questo sport. Dai calciatori, ai dirigenti, segretari, addetti stampa, magazzinieri, giardinieri, giornalisti, media… Mi piacerebbe che fosse anche per le loro famiglie. E' un personale modo di manifestare vicinanza anche agli appassionati di quest'arte, a chi si diletta nel seguirla, a chi la ama, a chi spende denaro ed energia per coltivarla pure all'interno del mondo dilettantistico. Ringrazio ancora una volta la Redazione perché con VivoPerLei ci garantisce la chance di manifestare questi pensieri.