Da mercoledì non avevo fatto altro che chiedermi come avrebbe reagito Pioli alla batosta. Nelle dichiarazioni a caldo, aveva dimostrato non soltanto di essere andato in bambola durante il match, ma di esserlo ancora a match terminato. La tramvata era stata completa, soprattutto tattica più che tecnica, per cui era stato ingiusto parlare di piccoli errori e mancanza di lucidità, spostando la responsabilità sui singoli. Pioli, tuttavia, deve aver pensato molto agli errori di Londra, come ha dimostrato l'assetto tattico di ieri, ancora di più della formazione in sé. In uno sport di squadra non conta solo chi schieri, ma anche come disponi gli uomini e ciò che chiedi loro di fare. Chiunque, messo in condizioni di rendere... finisce per rendere.

Ieri Pioli ha rinunciato all'esterno destro alto anzi, in un certo senso ha rinunciato alla fascia destra in generale come autostrada di attacco. Diaz, infatti, è stato schierato in posizione di falsa ala destra. Ha percorso in prevalenza le linee interne, in un ruolo da mezz'ala con un raggio di campo più limitato del solito. Alle sue spalle c'era Kalulu, come marcatore puro e non fluidificante, per coprire la mancanza di filtro proprio sulla fascia destra. Tale soluzione era stata resa possibile dall'innesto iniziale di Gabbia, apparso molto sul pezzo nel finale di Londra, quando ha contribuito a evitare il tracollo dei compagni, come un esperto triario in una legione romana. 
Anche contro il Chelsea Pioli aveva rinunciato all'esterno destro, schierando Krunic nella posizione di falsa ala, ma lo aveva fatto in maniera scriteriata, lasciando alle spalle del bosniaco il povero Dest, sul quale si era scaricata una pressione che non era adatto a reggere. Il tutto in un centrocampo che a Londra è rimasto largo, lento e ballerino come una fisarmonica. Ieri, invece, il centrocampo è stato compattato con l'innesto di Pobega in posizione di mezz'ala sinistra. Il centrocampista avrebbe riempito la zona centrale con la sua fisicità, oltre che con la sua indubbia bravura, e la sua fisicità non è molto inferiore a quella di Kessie che, a detta di tutti, manca al Milan attuale. Ma la compress orizzontale del centrocampo era completata dal Leao, che pur partendo dalla sinistra, spingeva meno sulla fascia. Restava indietro per lanciare gli attaccanti con spioventi insidiosi e questo gli consentiva di coprire meglio. Era Hernandez che martellava la fascia mancina con decisione, non disdegnando però di svariare, talvolta, a destra. Tomori appariva più sereno con Gabbia e Kalulu schierati in contemporanea e con il secondo bloccato saldamente in marcatura. In un certo senso, i centrali erano 3, ma la squadra giocava comunque con la difesa a 4, visto che Hernandez riusciva a fare il difensore e l'attaccante di fascia. 

Queste soluzioni non rinnegavano la filosofia della squadra, lunga per far salire la palla in velocità, in quanto il centrocampo restava un trapezio, il cui lato basso era formato da Tonali e Bennacer, dei quali uno a turno saliva, completava il lato alto e consentiva agli altri di avanzare senza indebolire lo schieramento. Il trapezio del Milan è dinamico e sa diventare un triangolo. Ieri è stato davvero efficiente.

E' vero che il Milan aveva davanti una squadra tatticamente diversa dal Chelsea di mercoledì. La Juventus di Allegri era densa, ma solo nella zona difensiva, senza essere né corta né alta. I bianconeri non hanno pressato alto molto spesso, ma hanno atteso a centrocampo. Lo scopo era di aggirare il Milan sulle fasce con rapide ripartenze, non di schiacciarlo in 30 metri a ridosso della porta e imprigionarlo in una morsa a tenaglia come aveva fatto il Chelsea. Il risultato ottenuto dalla Juventus, però, è stato davvero minimo, visto che ha prodotto solo molta ammuina, che non ha mai tanto di pericoloso. Trascorsa la metà del primo tempo, inoltre, i bianconeri si sono un po' spenti e il Milan è stato pericoloso, quindi si è spinto un gradino più su dell'ammuina, la pericolosità. Ha preso, infatti, 2 pali con Leao (uno di tacco a portiere battuto su calcio d'angolo e l'altro con un tiro diabolico dal limite). Dal momento, tuttavia, che la pericolosità non conta nel calcio, perché contano i gol, le squadre sono arrivate ai minuti finali sul risultato di reti bianche. Un pari che, secondo la legge inesorabile del gol, era legittimo.

Il Milan ha sbloccato il risultato grazie a Hernandez che prima ha tolto palla a Cuadrado, commettendo un fallo non fischiato da Orsato, e poi, sul calcio d'angolo che ne è scaturito, ha tirato un sinistro secco finito casualmente su Tomori, bravissimo a girarsi per metterla dentro. Come abbiamo detto, l'azione nel suo complesso trae origine da un indubbio fallo di Hernandez su Cuadrado. Va detto che, poco prima, Orsato e il VAR avevano considerato involontario un braccio in area di Vlahovic, che tanto involontario non era. Il braccio era vicino al corpo, questo è vero, ma solo nel momento iniziale dell'azione, perché il centravanti serbo, oltre a spostare il corpo di lato per intercettare il pallone, ha anche allargato l'arto superiore. Al VAR questo particolare non può non essere stato notato. Diciamo che Vlahovic è stato astuto nel commettere un'irregolarità al limite della regolarità, quella che, se viene sanzionata fa urlare allo scandalo per il rigorino. E va poi anche segnalato che a inizio ripresa, Vlahovic ha commesso un intervento simile proprio su Hernandez, più duro nella dinamica di quello del francese su Cuadrado, ma Orsato non è intervenuto e non sarebbe stato fuori luogo un cartellino. Sempre nel secondo tempo, Orsato ha sorvolato su un intervento in area di Bremer da Tae-kwon-do. Il piede altissimo del forte brasiliano ha sfiorato la testa di Rebic, sottraendogli la palla. Del tutto involontario, invece, è stato un altro mani di Bremer, identico nella dinamica al mani di Ballo-Touré a Empoli. Se quindi le proteste di Cuadrado erano fondate, Orsato ha applicato un metro coerente, anche se discutibile.

La ripresa ha confermato la bontà dell'assetto tattico. Il Milan ha raddoppiato con Diaz, fin lì non pervenuto, ma non spompato da un lavoro di copertura che non gli si addice. Pobega e il centrocampo compatto, con alle spalle Kalulu in grande spolvero, avevano lavorato per lui e ne avevano mantenuto intatta la brillantezza. Lo spagnolo tascabile ha intercettato a centrocampo un pallone destinato a Milik, un po' come Rivera a Wembley nel '62 sul raddoppio che stese il Benfica. Non avendo davanti Altafini, come lo ebbe Rivera, è fuggito per 50 metri, la cosa meno adatta alla sua falcata corta. Ieri, però, era rimasta abbastanza acqua nel torrente da non esaurirsi prima di arrivare al mare. Diaz, comunque, ha aggirato anche l'ultimo disperato, per poi scaricare con rabbia in rete. Il portiere sporcava il tiro, che si insaccava. Pioli lo sostituiva dopo il gol, perché sapeva che la prestazione avrebbe rischiato di calare e, diciamolo, per lasciare negli occhi degli spettatori l'immagine della rete. Una mossa intelligente e astuta che ha dato soddisfazione al giocatore. Come detto, intelligenza e astuzia sono un merito.

Girandola di sostituzioni e cambio di modulo. Entrati Rebic per Giroud e De Ketalaere per Diaz, la squadra è tornata a sfruttare la fascia destra per tenere in apprensione la Juventus, in salita per recuperare, ma senza avere un'ala destra fissa. De Ketalaere e Rebic si sono scambiati spesso la posizione, così come su quella fascia si è visto anche Origi, entrato nei minuti finali al posto di Leao. Krunic, sulla mezza sinistra per fortuna, ma non a destra come a Londra, faceva rifiatare il gagliardo e bravo Pobega.

Il resto della partita vedeva la solita ammuina bianconera, che fruttava un colpo di testa telefonato di Danilo e una sola vera palla gol. Kean aveva ricevuto palla da Milik al limite dell'area, ma subiva la diagonale di Kalulu in recupero. Il difensore ne aveva già fatta una provvidenziale a Londra, sia pura più defilato, e sembra sempre più specializzato in questa giocata che rese famoso Baresi in un intervento ancora più prodigioso quando correvano gli anni '90.

Il Milan avrebbe potuto segnare ancora con Hernandez, lanciato a destra da De Ketalaere con una pennellata di pregio. Il francese aveva aggirato l'estremo difensore, ma aveva ignorato Rebic, solo a centro area. Avrebbe potuto farlo anche con Origi, partito in valocità sempre a destra come un'ala. Il portiere non si era lasciato sorprendere sul suo palo. Gli era andata male, ma aveva fatto vedere che il suo problema non è mai stato tecnico, E' un nazionale belga, ha giocato anni nel Liverpool e sa il fatto suo.

Ora, nel pesare la partita, bisogna tenere conto che la Juventus non è il Chelsea, ma non per la qualità dei giocatori, che a mio avviso è paragonabile. Lo è per il modo di giocare, in quanto Allegri non è Potter. Il tecnico di Livorno è molto italiano nella filosofia e lascia giocare, mentre Potter non lo fa. La Juventus non era né corta né alta ed era densa solo nella fase difensiva, in area e a ridosso dell'area. E' tuttavia fondamentale che Pioli abbia apportato correzioni tattiche, che non richiedevano una abiura dalla propria filosofia, ma solo opportuni aggiustamenti. 

Martedì l'avversario sarà diverso e giocherà in maniera diversa. Sarà anche un'altra serata, però, e forse, per quanto alto corto e denso, magari il Chelsea non riuscirà a ripetere la prestazione perfetta di qualche giorno fa. L'importante è che la partita non venga preparata con la colpevole superficialità di mercoledì. Il segnale di ieri è stato estremamente positivo in tal senso.
Nel finale si è visto Vrancx, per poco, ma bene. Al di là della vittoria di ieri e della prestazione di chi ha giocato, c'è chi è tenuto completamente fuori dal progetto. Trattandosi di giocatori giovani, ma già con esperienza a livelli validi, non devono imparare nulla e, se non li si coinvolge, si finirà per essere sempre in emergenza. Certe cose non bisogna dimenticarle neanche nelle grandi serate. Se lo si fa, si finisce per pagare dazio nelle brutte serate.