Per ogni azienda che si rispetti, una delle tematiche principali è il concetto di reputazione. Possiamo definirla come il risultato della stima globale che tutti i portatori di interesse elaborano nei riguardi di una organizzazione; è il risultato delle reazioni affettive ed emozionali positive o negative, deboli o forti, di clienti, investitori, dipendenti e comunità in generale riferita alla realtà osservata. Ci sono diversi indicatori per misurare la reputazione, uno dei pilastri è la “Emotional Appeal” ovvero la capacità di riuscire a suscitare ammirazione, fiducia e piacevolezza verso le persone interessate al prodotto o al servizio che si offre. Naturalmente deve presentare carattere di innovazione, convenienza e affidabilità. Se ci riferiamo come nel nostro caso ad un club sportivo, i pilastri principali per la reputazione sono la performance reddituale e finanziaria, e la vision & leadership. Alla prima è collegata l’alta profittabilità, buone prospettive di crescita futura, alte performance nei confronti dei concorrenti, bassi rischi sugli investimenti. Per la seconda invece ci riferiamo all’eccellenza della leadership, chiara visione per il futuro e alla capacità di sfruttare le opportunità di mercato, in Italia la Juventus è leader assoluta da questo punto di vista.

In questi giorni hanno fatto discutere a lungo le dichiarazioni di Piatek e Calhanoglu nel corso dei loro impegni con le proprie nazionali. Il primo ha dichiarato “ora valgo 38 milioni e farò di tutto per valerne 60/70 la prossima volta che cambierò squadra”. Piatek si è preso anche parte delle colpe per il gol che stenta ad arrivare ma a colpire sono state soprattutto quelle parole sulla sua valutazione, come se non pensasse ad altro che ad andare via dal Milan appena sarà uscito dal tunnel. Il turco invece ha detto la sua sull’interesse del Bayern Monaco nel 2014 che lo ha cercato per rinforzare il reparto offensivo. “È stato importante che mi abbiano cercato, ma a quel tempo le posizioni in fascia con Robben e Ribery erano consolidate e loro erano amatissimi anche dal popolo. Per me sarebbe stato difficile. Se il Bayern tornasse da me ad un certo punto, allora certamente non direi di no”.

Dichiarazioni pesanti quelle dei due calciatori del Milan, che hanno provocato un danno di immagine alla squadra rossonera. Il Milan a riguardo non ha ancora preso provvedimenti. Analogo a questo episodio, in precedenza avevano fatto discutere le dichiarazioni provocatorie di Emre Can a causa dell’esclusione dalla lista per la Champions League. La squadra bianconera in quell’occasione è stata pronta a far correggere il tiro al giocatore tedesco, che ha rivisto le sue accuse dichiarando “per rispetto della Juventus e dei compagni di squadra, il cui successo è sempre stata la mia priorità, non dirò altro e continuerò a combattere sul campo, sarò sempre grato alla Juventus e al modo in cui mi hanno supportato e sostenuto da quando faccio parte del club. In particolare durante il mio periodo di malattia".

In quella occasione la strategia di comunicazione immediata della Juventus è risultata molto efficace, perché nei giorni successivi i media principali non hanno più parlato del “mal di pancia” di Emre Can. In un contesto come quello di un club sportivo, il concetto di reputazione è stabile dal punto di vista dei successi precedenti ad esempio, ma può oscillare di giorno in giorno in base ai tuoi risultati sportivi e non. Il Milan in questo caso doveva prendere una decisione, conflittuale o non, per mostrare la sua forza, e che certe dichiarazioni i giocatori non possono permettersele.
Le ultime decisioni della società sembrano molto confuse e lente, come se ognuno deleghi un ordine a qualcun altro e così via. Non avere una proprietà vicina al contesto in cui si opera rende il meccanismo decisionale molto più lento e questo condiziona le strategie aziendali, rendendole inefficaci e tardive.