"Pronto!"
Pronto Buongiorno siamo della Sip
Mi dica
Non la sento bene
Adesso?
Provi a soffiare nella cornetta
Fuuu
Ancora
Fuuu
Ancora
Fuuu
Basta che m'hai gonfiato le palle 

Ed ecco che cominciava così il via vai di scherzi che mio padre e mio zio si facevano ogni volta che si chiamavano, certo come non poter condire il loro essere rivali nel calcio, da una parte mio padre juventino da 60 anni e dall'altra mio zio interista dallo stesso tempo.
Due fratelli, due gemelli se non fossero nati da mamme diverse, quando s'incontravano sbocciava l'amore, erano come si dice a Roma 'culo e camicia' e non potevano fare a meno l'uno dell'altro.
Si conoscevano sì dai 18 anni di età, anche se abitavano a ben 100 km di distanza. Gli bastò soltanto conoscersi, che si andarono subito in simpatia, ma che dico fratellanza.

I ricordi di mio zio, che per me è stato un secondo padre, sono tutti belli. Ricordo che arrivava il venerdì sera e arrivava la chiamata "Che facciamo domani ?" e dall'altra "Veniamo noi o voi?". Uno nato a Roma, l'altro a l'Aquila, uno juventino a Roma e un interista a l'Aquila, ma guai a tentare di mettersi in mezzo, erano fratelli uguali come due ruote, nessuno poteva permettersi di fare una battuta fuori posto perchè sia l'uno che l'altro entrava in difesa.
Ecco che i miei due guerrieri della galassia erano la fortezza di quel bambino robusto che veniva scambiato per lo più per un adolescente per la stazza, mentre non aveva nemmeno 8 anni. La domenica mattina, mi svegliavo e come per magia mi vestivo velocemente quando sentivo la voce di zio che diceva "Allora noi usciamo,ok?", ed ecco che aprivo la porta della camera e dicevo "Aspettatemi che vengo anche io ?", e lui scorgeva da dietro il montante della porta e diceva "Lo sapevo che sarebbe sbucato fuori.Dai ti aspettiamo ma si veloce". Ecco che la tazza di latte la buttavo giù in un sol fiato, doccia e nel giro di 20 minuti ero pronto. Uscivamo per le vie della nostra e loro città, a Roma l'aria era pensate, mentre l'Aquila era pulita e l'aria era aria,non attufata come quella di Roma. Così passavamo le giornate tra le bancarelle della domenica e il bar a prendere un bel aperitivo loro e un the alla pesca io.

Mio zio era una colonna, una persona dal cuore duro ma tenero, era una persona speciale, mi faceva morire dal ridere quando tra le tante parole in dialetto aquilano, quando gli chiedevo qualcosa mi sparava un romano "Ma fatte na padellata de...ahah" e ci ridevamo su. Quando sapevo che potevamo passare un fine settimana insieme ecco che mi trasformavo da un bambino normale a superfelice.
Ero il piccolo di casa e quindi ero il più coccolato e i miei cugini un po' ci mangiavano il fegato per questo. Mio zio era la felicità in persona, beh come tutti aveva i suoi momenti di serietà, ma quando stavamo insieme era sempre sereno.
Con mio padre e mio zio mi sentivo in una botte di ferro, ero piccolo, quindi non potevo uscire da solo soprattutto quando andavamo nella sua città, ma a me bastava stare con loro che mi sentivo al settimo cielo. Gli anni volavano, e di anni ne son volati davvero tanti. Quando nemmeno maggiorenne dovetti accettare che un male incurabile se lo stava portando via, pian piano. Non riuscivo a capacitarmi di quel che stava succedendo, non capivo come fosse possibile che una persona giovane potesse andare via così presto. Così in una delle ultime volte lo andai a trovare in ospedale, lui era però già più di là che di qua, gli presi la mano e gli dissi "Zio, lo so che mi senti, io ti aspetto, mi raccomando torna presto", ma sapevo che le possibilità erano poche.
Così appena una settimana dopo si spense, e non potei partecipare al suo addio perchè ero febbricitante, ma passai una giornata davvero brutta, forse la più brutta della mia vita. Il mio zio preferito era volato in cielo e non ero riuscito a parlarci per l'ultima volta.

Ora son passati 21 anni, ma posso assicurarvi che sembra ieri. Ogni tanto ripenso a quei momenti e rido alle battute come uno scemo, ma è come se fosse sempre presente, anzi sono convinto che lui in questo momento è qui, che mi sta poggiando una mano sulla spalla destra e sta leggendo quel che scrivo con un sorriso.
Mio zio è stato sempre presente nei bei e brutti momenti, per questo la sua perdita è stata dura per tutta la mia famiglia.
Ogni volta che ci penso che siano passati tutti questi anni mi domando come possano essere passati così veloci, così tanti e poi guardandomi alle foto e allo specchio capisco il perchè. La cosa che forse resterà è il suo sorriso, le sue risate e le sue battute alla romana. Quel che resta è un bellissimo ricordo e ringrazio Dio di avermi dato questo privilegio di avere uno zio come lui, che oggi manca più che mai, ma che quando voglio posso trovarlo dentro i ricordi.






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