Correva l'anno 1995, ed ero un giovane adolescente che si affacciava alla vita, già prima era stata vissuta sempre con genitori al seguito.
Era una estate calda, non torrida, ma calda.
Così con la mia famiglia e altre due famiglie di zii partimmo da Roma in direzione Padova, con l'intento di arrivare al nostro obiettivo finale Venezia.
Era un Agosto piacevole, ricordo che tra un autogrill e l'altro alla fine ci mettemmo un paio d'ore di più per arrivare, il viaggio era interminabile. Da bambino (come ora) mi piaceva leggere i cartelli autostradali e chiedere a manetta "Papà che città è...?", mio padre per i primi centro km mi diede retta, poi fece finta di nulla e non mi rispose più dicendomi un banale "Non mi sconcentrare che devo controllare le uscite", così, mi presi il mio bel cuscino e mi distesi dietro, partendo in un "Che palle, ma quando arriviamo? Pfff....Pfff." e crollai in un sonno.

Quando tornai dai i miei sogni, ci trovammo fermi a fare benzina, così con la scusante chiesi a mio padre "siamo arrivati?", mio padre con una risata disse "Simao ancora a metà strada ai voglia te".
Allora comincia a pensare a Padova, e dicevo dentro di me "Padova, lo scudo. Quanto sarà grande? Grandissima, credo proprio che sarà grande", chissà cosa mi portava a pensare che sarebbe stata una grande città, forse l'abitudine di abitarci mi portava a pensare che ogni città fosse come Roma.
Così tra pfff varie e guardate fuori il finestrino arrivammo a Bologna, così ero fissato con i dialetti dissi "La terra dei turtelin", mio padre fece una uscita e arrivammo sotto la Torre degli Asinelli, Bologna,"Cavolo!" pensavo "Questa è Bologna?", volevo vedere lo stadio, ma non c'era tempo facemmo il giro e ritornammo sull'autostrada, mi riaddormentai di nuovo nella speranza di arrivare il prima possibile. Ecco che nel sonno più profondo mi sentii chiamare, rimbombava e poi, mia mamma accarezzandomi il viso mi disse "Siamo arrivati".
Ecco che sobbalzo e dico "Finalmente".

La prima cosa che notai di quella città fu la pulizia, cavolo non c'era una cicca atterra, era tutto limpido, sembrava che qualcuno avesse passato lo straccio sull'asfalto. Ricordo che alcune persone sentendo il nostro accento 'aggraziato' aspettava il momento di trovarci in fallo per dire qualcosa.
Mio padre in quel tempo fumava e proprio in quel momento dopo aver notato lo splendore delle strade disse "Speriamo di trovare un modo per spegnere la sigaretta", meno male che già in quel tempo al nord esistevano gli spegni sigarette vicino ai cestini dell'immmondizia. Ricordo che si respirava una pace asurda, beh dal nostro caos di Roma a Padova la differenza era abissale.
Così alla ricerca di un luogo dove pernottare ci ritrovammo in un albergo dei preti (scusate ma non ricordo) comunque si trovava su una piccola piazzetta, dove ricordo c'era una gelateria sulla sinistra sotto un porticato di colonne (per chi è di Padova forse può capire).
Appena fuori dal albergo c'era il ristorante alla sua destra.
Cosa dire? Ricordo che arrivò il cameriere che propose un melone e prosciutto come antipasto, quindi si presentò con un piatto da pizza con sopra quattro fette di melone e almeno un etto di prosciutto, al quale mio padre gli disse "Credo che due piatti bastino", il cameriere gli rispose "Questo è per una persona", tanto che rimanemmo sorpresi, visto che nella maggior parte dei ristoranti col cavolo che ti davano una antipasto simile a persona. Poi ci affidammo al cameriere che propose i tortellini con panna, quando arrivò al tavolo non potemmo che notare una cascata di parmigiano che copriva il tutto, cavolo quel sapore di quel piatto me lo porto ancora nelle papille gustative, fu una esplosione di sapori indescrivibile.
Poi ci mettemmo fuori seduti un un monumento rettangolare al centro e ricordo come al solito la presenza dei piccioni in attesa di trovare qualcosa in terra da sgranocchiare. Non ricordo tanta gente, anzi se devo essere sincero non so se era un venerdì sera, ma era completamente vuoto quel posto dove ci trovavamo.

Andammo a dormire, la mattina verso le 11 mia nonna portò me e i mie cugini a prendere un gelato, ecco qui forse c'era da rimanerci male se eri un bambino dell'epoca, abituato a tre gusti abbondanti, lì mi trovai a tre palline e panna addirittura a pagamento, quando a Roma era gratuita. Buono il gelato, ma che tirchieria in quella gelateria.
Poi alle 11 in direzione Basilica di Sant'Antonio dove scoprimmo le reliquie, quando mi trovai davanti alla lingue rimasi esterefatto, pensavo a quanto fosse secca e chiesi a mia madre "Ma com'è possibile che è ancora intatta ?", mia madre mi guardò come a dire "E lo vieni a chiedere a me" con le braccia aperte e sguardo incredulo.
Così ascoltai tutto quel che c'era da sapere sul buon Antonio e ne rimasi davvero molto colpito, beh non è storia di tutti i giorni sapere la vita di una persona vissuta quasi mille anni fa. Ricordo che ero sorpreso quanto curioso. Così passammo la giornata arrivando alla Piazza dei Signori, notai fin da subito il discostamento delle persone, ma non tutte c'erano anche quelle più affabili... con una parlantina infinita come in tutte le altre città. Mi colpiva spesso l'accento, infatti dicevo a mia madre "Ma perchè quando parlano sembrano che fanno sempre una domanda?", mia madre accortasi che una signora c'era vicino mi disse "Sh...", la signora fece un sorriso e io risposi con un sorriso, alla fine sempre di un bambino si trattava.
La giornata la passammo poi nella 'nostra' piccola piazzetta davanti all'albergo, per poi tornare la sera a mangiare al ritorante, e quale piatto potevo prendere ? I tortellini alla panna :)

La mattina dopo alle 8 in punto eravamo già davanti la stazione centrale per prendere il treno che ci portava a Venezia. Il viaggio in treno seppur corto non fece altro che accrescere la mia voglia di vedere quella piazza piena zeppa di piccioni che vedevo solo in tv. Così coi trovammo poco dopo sulla piazza San Marco, cavolo quanti piccioni, la prima cosa che feci fu quella di strattonare la giacca a vento di mia madre chiedendogli "Mamma mi dai 1000 lire per prendere il mangime dei piccioni", mia madre mi diede 1000 lire e tutto felice comprai il mais, non appena aperto fu invaso dai piccioni, in testa, sulle braccia, poi allungando il braccio con il mais mi ritrovai una mano con tre piccioni, girandomi vidi mia nonna con un piccione in testa e così nacque la mia battuta "Nonna hanno preso i tuoi capelli come un nido" e ci ridemmo sopra.

Arrivammo davanti alla Basilica di San Marco, ma per una strano gioca del destino mio padre non potè entrare perchè aveva indosso i pantaloncini, e all'epoca - adesso non so - non si poteva entrare vestiti così. Quindi ci ritrovammo io e mia madre dentro questo androne gigante, dove potevamo ascoltare tutta la storia di San Marco da una cornetta. "Cavolo!" pensavo "Adesso dalla cornetta di un telefono posso ascoltare in santa pace anche la storia. Strepitoso!". Così entrammo ad ammirare la Basilica, bellissima come lo era stata anche quella di Sant'Antonio. Come sempre avevamo una guida che ci spiegava il tutto,non so se era una persona di Venezia oppure proprio un addetto che ci spiegava la storia,cavolo quanto era preparato specialmente nelle date...Cavolo guardando in alto vidi l'organo a canne, rimasi senza parole, ogni angolo di quella Basilica raccontava una parte di storia di San Marco.
Poi uscimmo e ci facemmo un panino sulla piazza e poi via sul traghetto a scoprire i palazzi e la loro storia. Li provai una sensazione incredibile, il cicerone era acconto a noi e mi diceva "Questo è palazzo di Gianni Agnelli, poi c'è il palazzo di..." parlava di una signora che aveva la casa con nove stanze e ci abitava da sola, davvero un fatto strano, fin quando non passammo davanti la casa di Giuseppe Verdi, alla quale provai un senso di abbassare la testa in segno di riconoscimento, non chiedetemi il perchè ma sentivo di doverlo fare e lo feci. Poi tante altre case di persone che hanno fatto la storia della nostra bella Italia.
Poi scendemmo ringraziando il cicerone per tutto e facendo una offerta per ringraziarlo del racconto.
Ricordo che mi aveva preso in simpatia e mi disse "Ciao Romano!" quando scesi.

Poi tornammo alla stazione treno in direzione Padova, dove ritrovammo le nostre auto e ripartimmo per tornare a Roma, se non prima di fermarci di ritorno a Firenze. Ricordo che avevo un cappellino della Juventus, mio padre si voltò e mi disse "Nacondilo sotto il sedile, che se lo vedono ci spaccano il vetro", non capivo davvero il pericolo che c'era ad essere juventino e andare a Firenze con il cappello della Juve, ma non battei ciglio e lo nascosi.
Ricordo che mangiammo una bella fiorentina di quelle strepitosamente alte e succose, oltre che cotte con una scottata di qua e di la.

Poi si tornò a Roma, e devo dire che non vedevo l'ora, alla fine era stato bellissimo il vedere Padova e la sua tranquillità, Venezia e la piazza piena di Piccioni, le due basiliche dei santi, le due piazze importanti di Padova e Venezia, ma alla fine la voglia di rivedere la mia città era più forte di ogni altra cosa, ed erano passati soltanto tre giorni dalla partenza...



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