Che il tango fosse un pensiero triste che si balla lo sentenziò Enrique Santos Discépolo, uno dei padri del genere musicale argentino, ma quello a San Siro di Mauro Icardi e Paulo Dybala sarà ancora più frustrante. Loro seduti, gli altri due il Toro e CR7 a volteggiare. Ancora poche ora e la sfida tra due mondi, due modi di essere, due pezzi di storia d'Italia avrà inizio. Gianni Brera la ribattezzò derby d'Italia proprio per rimarcare la grande rivalità tipica di un derby, anche se in città e regioni diverse. La definizione per quanto abusata racconta tutto, definisce i contorni di una rivalità eterna che si rinnova ad ogni appuntamento e che è pronta a riproporsi in tutta la sua bellezza per la 172esima volta in Serie A.

C’è chi se la gioca solo per l’orgoglio, perché quello che doveva fare lo ha già fatto e se lo è cucito sul petto; c'è chi va a caccia di punti perché il suo obiettivo stagionale – il piazzamento valido per qualificarsi alla prossima Champions League – se lo deve ancora conquistare. Ci sono le ragioni della classifica, poi ci sono tutte le altre, che non sono poche, e che per quanto possa essere paradossale pesano forse di più. Questo confronto delimita i contorni di una sfida che ora è anche metro utile a calcolare quanto manca ancora per potersi ribellare a chi ha imposto la sua dittatura sul nostro calcio; per misurarsi; per capire se 26 punti di distacco sono rappresentazione coerente della differenza di valori con chi l'Italia domina da anni o se il gap si sia ridotto molto di più di quanto non dicono i numeri per il presente e per il futuro e per tutto ciò che significa e ha sempre significato per l'Inter il confronto diretto con la Juve.

Non c’è classifica che tenga, sono i dettagli a fare la differenza. All'andata il tiro di Mandzukic servì a rompere equilibri sottilissimi. In queste partite spesso è il singolo che fa la differenza. Guardi la Juve e pensi che non possa essere che lui il candidato ideale, l'alieno che è sbarcato sul pianeta bianconero, tornato a giocare in Serie A contro la Fiorentina dopo un mese di assenza. Le brevi e dorate vacanze di Pasqua sono servite a CR7 per ricaricare le batterie. A lui la fame non manca mai e ne avrà ancora di più visto che in campionato non segna dal 15 febbraio, visto che c'è una classifica marcatori da scalare. Guardi in casa Inter e penseresti a lui, Mauro Icardi, l'uomo che decise l'ultimo derby d'Italia a San Siro marchiato nerazzurro Inter. Ci penseresti, ma ci pensi poco perché gli ultimi mesi non gli hanno tolto solo la fascia da capitano ma anche i galloni da titolare fisso. Ora Icardi è in ballottaggio costante con Lautaro, il giovane Toro argentino è in vantaggio e non c'è derby d'Italia che tenga. Il mondo dopo girone dopo si è rovesciato. L'uomo degli otto gol alla Juve, terza squadra italiana cui Maurito ha segnato di più, è stato degradato, da molti rinnegato, perché per troppo tempo infortunato precipitando nel gradimento e nelle medie realizzative.

Lautaro Martinez, legittimamente per carità, ha poco a poco preso lo spazio dell’ex capitano – in campo così come nei cuori dei tifosi – che però stando alle ultime voci sarebbe più intenzionato a restare che a lasciare. Di farsi da parte o accettare qualunque maglia neanche a parlarne, e non è un mistero che in mancanza di offerte adeguate e destinazioni gradite la gestione del caso sarebbe più problematica per il club che non per il giocatore. L'ipotesi di uno scambio proprio con Dybala appare al momento come poco più di una suggestione. Anche Paulo ha conosciuto il peso gravoso della fascia da capitano, ma Cristiano ha fagocitato la scena e l'argentino si è ritrovato ai margini anche per demeriti propri. I cinque gol nel girone di Champions sono diventati illusori; in campionato ne sono arrivati appena altri 5 e l’incedibilità resta un'etichetta teorica… specie se nel mirino la Juve mette a fuoco Federico Chiesa. A San Siro Dybala sarà forzatamente out per infortunio, Icardi al contrario partirà dalla panchina. Per entrambi la Coppa America che si giocherà in estate in Brasile può essere foriera di riscatto ma anche le convocazioni del CT Scaloni, in attesa della decisione di Messi di tornare o meno in Albiceleste, saranno ispirate dalla forma e dalla condizione dei papabili.

Quindi questa sera la scena sarà tutta per Martinez da una parte e Cristiano Ronaldo dall'altra, dando vita a una sfida del gol a distanza, con l'argentino che vuol diventare un punto fermo mentre il portoghese vuole incrementare il suo bottino di reti al primo anno di Serie A. Nel momento in cui a Bahia Blanca Lautaro Martinez iniziava a tirare calci ad un pallone Cristiano Ronaldo alzava già a Lisbona il suo primo trofeo da giocatore. Dodici anni di differenza, tanto basterebbe per pensare che nella stanza del Toro potesse trovar posto almeno un poster di CR7, ma ad un giovane argentino del nuovo millennio non mancavano certo gli idoli da imitare dal principe Milito al Divino Messi. Lautaro Martinez e Cristiano Ronaldo si ritrovano ora nello stesso campionato, si incontreranno stasera sullo stesso rettangolo di gioco. La sfida tra Inter e Juve passerà anche e soprattutto per una loro giocata, un colpo di classe, un gesto. I due si studieranno dal vivo, anche se a distanza, lasciando ai loro compagni il compito di soffocare i rispettivi punti di forza. Un talento strappato al basket nella città più cestistica d’Argentina (Bahia Blanca) contro un predestinato, figlio di un'umile magazziniere del club di Funchal, chiamato con un nome ispirato ad un capo di stato quasi ad indicare al piccolo Ronaldo la via verso il tetto del mondo. Lautaro Martinez ha solo iniziato la sua scalata dall'Argentina all'Italia, dalla panchina al sorpasso sull'amico Icardi, ora la prova del nove con la sfida alla Juve e a Ronaldo. Oscurare CR7 sarà un'impresa quasi impossibile. La Champions ha solo ingrigito la prima straordinaria stagione italiana del fuoriclasse portoghese, impreziosita da Super Coppa e campionato, ma a livello personale ancora viva per mettere una ciliegina sulla torta bianconera quel titolo di capocannoniere da contendere fino in fondo a Quagliarella, Zapata e Piatek. Lautaro contro Cristiano, 12 anni e 13 gol di differenza che potrebbero anche non sentirsi nella battaglia del Meazza.

Pochi dubbi di formazione per Spalletti: i soliti tre Politano, Nainggolan e Perisic a supporto della punta; le chiavi del centrocampo tornano nelle tasche di Brozovic recupero fondamentale per l'incrocio pericoloso nonché deviazione decisiva per il presente e per il futuro. In casa Juventus invece qualche dubbio in più: Bernardeschi dovrebbe per la prima provare il ruolo di falso nueve, mentre in difesa c’è l’allegrata Emre Can. La motivazioni da entrambe le parti non mancheranno. Arbitra Banti, c’è Mazzoleni al Var, dettagli che dettagli non sono quando Inter e Juve incrociano le loro strade, quando va in scena il derby d'Italia, la partita più sentita che c'è.