Sapevamo che poteva succedere. Sapevamo che era difficile, perché la qualificazione al turno successivo della Champions di Napoli e Inter era legata ad una serie di fattori concatenati tra loro, che si dovevano realizzare con puntualità.
Gli azzurri di Ancelotti dovevano fare risultato o segnare almeno una rete, mentre l’Inter, come prima opzione, aveva quella di vincere ad ogni costo il match con il PSV.

Sappiamo come è andata. E il giorno dopo è il tempo delle recriminazioni, delle polemiche, delle critiche – tante in questo momento sui Social - direzione Spalletti, Milano. E soprattutto è il momento delle domande: perché è successo?
Per carità stiamo parlando di calcio, che come si sa è lo sport più bello al mondo. Quindi niente drammi, ci sono cose nella vita molto più serie e  importanti.
Ma la domanda resta ed è legittima, e attende una spiegazione che proviamo ad enunciare.

Sul Napoli non c’è molto da dire. 
Nel post gara  Ancelotti ha detto che la squadra ha dato il massimo, che non può rimproverare niente a nessuno e che più di questo non si poteva fare. Il buon Carletto ha ragione; dall’alto della sua grande esperienza e con grande obiettività ha centrato pienamente il senso della gara. Contro il Liverpool, la formazione azzurra se l’è giocata alla pari e con un pizzico di buona sorte in più, vedi l’occasione di Milik nel finale, poteva anche cogliere la qualificazione. Ma se andiamo ad analizzare il confronto nelle due gare, andata e ritorno, il Liverpool ha dimostrato di avere qualcosa in più – quindi niente da dire – passa la squadra di Klopp con merito; e il Napoli va in Europa League, con l’obiettivo di vincerla, come ha fatto intendere lo stesso Ancelotti.

Ma quella che fa più rumore è l’eliminazione dell’Inter, che aveva  il compito, visto quello che è successo, più facile; bastava battere il non irresistibile PSV e i giochi erano fatti. Invece il campo, come al solito giudice inappellabile, ha emesso un verdetto diverso che riporta l’ambiente Inter ad una realtà che appena quattro giorni fa appariva di tutt’altra natura.
Sì, tutto parte dalla sconfitta con la Juve. La spiegazione della mancata vittoria sul PSV comincia proprio dall’Allianz Stadium e prima ancora dall’approccio alla partita con i bianconeri.
Dall’inizio di  quel percorso sono stati commessi tutta una serie di errori che spiegano in modo plausibile la mancata qualificazione agli ottavi di Champions. E probabilmente, le responsabilità di quanto accaduto, ce l’hanno prima i giocatori, soprattutto la guida tecnica, e in parte la Società.
Il primo errore è stato quello di aver caricato troppo, a livello psicologico, la partita con i bianconeri che è stata affrontata, non tanto come la partita dell’anno, ma quasi come la partita scudetto. Dimenticando che la classifica generale diceva meno 11 punti e che quattro giorni dopo  c’era una gara molto più importante, contro un PSV sicuramente più abbordabile dei bianconeri, che decideva non solo il cammino in Champions, ma le fortune dell’intera stagione, sia a livello economico che sportivo. La mancata qualificazione Champions costa all’Inter almeno una quarantina di milioni, euro più euro meno. Senza considerare che anche gli ottavi, con un po' di fortuna si potevano superare.

C’è stata quanto meno una sopravvalutazione del confronto con i bianconeri, che ha portato quasi a sottovalutare la partita col PSV. Come se l’esito fosse scontato. Intanto è stata sbagliata la strategia nella comunicazione mediatica, nel  mettere in dubbio, preventivamente, la sportività del Barcellona. Valverde, il tecnico degli spagnoli, già in conferenza aveva mandato un avvertimento all’Inter, come a dire: non ti preoccupare di noi, ma pensa a vincere la tua partita. In proposito, lo stesso intervento di Beppe Marotta, che ha dichiarato che il Barça avrebbe fatto il suo dovere, è apparso un po’ eccessivo.

Poi ha sollevato perplessità anche la formazione che Spalletti ha schierato contro gli olandesi, con soluzioni, vedi Candreva mezzala, quanto meno singolari; a cominciare dal centrocampo, male assortito, con  Brozovic e due trequartisti come il citato Candreva e B. Valero e con un trio offensivo come Politano, Icardi e Perisic, poco propenso ai rientri in difesa. In soldoni, una squadra troppo sbilanciata in avanti e poco equilibrata,  tant’è che alla prima occasione il PSV è passato in vantaggio.

Ma non ci sono solo le scelte, rivelatesi sbagliate, di Spalletti. Il discorso è di carattere generale, nel senso che una squadra, di solito, alla vigilia di un match decisivo, non si stravolge mai. Se stravolgi la squadra, se cambi  quelli che sono i soliti interpreti del progetto, crei disagio nella mente dei giocatori e trasmetti incertezza al gruppo. Come se quello che è stato fatto fino a quel  momento non andava bene, e allora  si cambia per cercare nuove strade.
Infine, nella valutazione della partita, c’è da dire che l’Inter non ha offerto una grande prestazione e ha giocato al di sotto delle proprie possibilità. Spalletti ha parlato di nervosismo, ma forse è più logico pensare ad un sovraccarico psico-fisico della squadra, accumulato a partire dal match con la Juve.
Il PSV è apparso più agile, più tonico dei nerazzurri. Sui contrasti arrivavano quasi sempre prima gli olandesi. Nel match contro la Juve forse  bisognava fare turnover e certi giocatori andavano preservati per il match della Champions, molto più importante di quello con i bianconeri.

Perfino Allegri aveva dichiarato alla vigilia dall’alto della sua posizione preminente, che per la Juve la priorità era il match contro lo Young Boys.