Prima di ricevere qualsiasi strale o di mancare di rispetto a qualcuno, voglio subito chiarire che si tratta solo di pura e semplice ironia.
Non vi è alcun altro intento. Lungi da me attivare un meccanismo simile. La Redazione ci ha concesso l’importante chance di esprimerci tramite il Diario dell’Isolamento e provo ad approfittarne. Sono conscio anche del fatto che non sia il periodo migliore per giocare con lo spirito. Ci mancherebbe. Ciò che stiamo vivendo è devastante e sarebbe assurdo il solo pensiero di scherzare su tematiche che possono ledere i sentimenti altrui. Non sono certamente quel tipo di persona.
Lo scrittore francese Roman Gary affermava che: “l’ironia è una dichiarazione di dignità. E’ l’affermazione della superiorità dell’essere umano su quello che gli capita”. Si tratta di un’idea dirompente. Vorrei interpretarla come utilizzo di tale strumento con la massima reverenza verso ciò che accade e i soggetti che ne sono coinvolti, ma pure con la consapevolezza che al di là del dolore esiste qualcosa: una speranza e una luce. Questa lo supera e ci concede di attraversarlo con un diverso stato d’animo.

Venite pure avanti voi poeti sgangherati, inutili cantanti di giorni sciagurati …. godetevi il successo, godete finché dura che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura”. Questo è un estratto del capolavoro di Guccini chiamato Cirano. Un autentico gioiello da cui traggo spesso lo spunto per i miei scritti. Non so quanto il cantautore volesse esprimersi con ironia mentre pensava tali versi davvero duri, ma assai efficaci. Oggi di “cantanti di giorni sciagurati” ne abbiamo davvero troppi. Attenzione!! Mi permetto di levare la parola “inutili” perché ritengo che sia un aggettivo assolutamente non riferibile ad alcuna persona.

IL PUBBLICO NON AMMAESTRATO
Non credo sia più accettabile trattare le persone alla stregua dei bambini. Artigiani, commercianti, contadini, ingegneri, avvocati, giornalisti, operai, madri, padri, blogger, designer non importa… Il Popolo merita di più. Sì, occorre ammetterlo. Valiamo qualcosa di differente. Il riferimento non è logicamente a chi ci governa Per carità… E’ necessario, però, che le Autorità inizino a comunicare in maniera totalmente differente. E’ ciò che ribadisco ormai da tempo. E’ urgente che comprendano di non avere a che fare con “un pubblico ammaestrato che non fa paura”. Nessuno ha intenzione di affermare che questo reagirà non rispettando le norme. Sia mai… Ho studiato un po’ di diritto e non mi permetterei nemmeno di immaginare che venga a mancare l’ossequio rigoroso alla legge. Serve, però, che ci si renda conto di parlare a individui con uno spirito critico importante. Non si sta colloquiando con il proprio pargolo immaturo. Non si è a dottrina al sabato pomeriggio dove il parroco, o chi ne fa le veci, insegna regole comportamentali di vita religiosa a ragazzini che attendono ansiosi la fine di quell’ora per potersi sfogare accalcati in un campo sportivo (oggi no), magari proferendo espressioni gergali non dissacratorie, ma nemmeno troppo educate. Non si è la maestra della scuola elementare o media che si arrabbia dopo un lascito fisico male odorante di un alunno assecondando il compito di insegnare lui le norme primarie del bon ton. Nel 2020 esiste una nuova struttura comunicativa e anche chi non ha avuto un’istruzione eccellente può informarsi attivamente tramite qualsiasi tipo di media. Ha una propria coscienza che dev’essere considerata alla pari di quella altrui. Basta insegnarci. Basta davvero. La si finisca di banalizzare la realtà con frasi a effetto o espressioni popolari. Risulta altamente fastidioso e può urtare la sensibilità di qualcuno. Al solo scopo esemplificativo penso alla diatriba sull’orario della Santa Messa della Natività su cui sono emerse discussioni deprimenti. Ogni persona ha una propria concezione della vita e, quando è legittima, non può essere influenzata dall’alto.

DECIDO IO I MIEI CONGIUNTI!
Proprio in quest’ottica, amo definirmi liberista. Fatico a sopportare ogni imposizione che mi derivi da chiunque perché ho sempre sostenuto il valore della responsabilità individuale. Ogni persona capace di intendere e di volere dovrebbe disporre della capacità cognitiva di autoregolarsi. So che è un’utopia perché tutti percepiamo il pericolo in modo diverso e non siamo sempre informati alla pari su ogni vicenda. A questo punto, qualche limitazione della nostra possibilità di esprimerci tramite fatti o parole diviene sacrosanta e necessaria. Resto, però, dell’idea che debba essere la meno ingombrante possibile. Non sono un negazionista. Tutt’altro. Credo che il covid-19 esista e sia tremendo, ma preferirei che la situazione fosse affrontata con maggiore senso altrui da parte di tutti. Non ho mai sopportato il rigore obbligato. Non riesco a concepire certe limitazioni che occorre rispettare in quanto norme. Come è possibile, per esempio, che una famiglia con domicilio in Emilia, non possa recarsi a trovare i parenti che vivono in Veneto? Non è così che si risponde al problema perché, se questo nucleo si spostasse nella Regione limitrofa, salutasse i congiunti con mascherine, magari FFP2, all’aperto e a distanza di sicurezza, quale sarebbe il problema? Niente pranzi, nessuna cena. Solo una fugace sosta all’autogrill per usufruire del bagno e mangiare un veloce pasto frugale senza contatto personale. Se il 24 dicembre volesse essere trascorso così, quale sarebbe il dilemma? Sinceramente non lo vedo.
Ora dirò qualcosa che sarà considerato da tanti un’eresia morale. Se, durante le festività, volessi vedere un’amica/o piuttosto che i miei familiari, perchè impedirmelo? “Natale con i Tuoi, Pasqua con chi vuoi…" No, per me non è giusto e mi auguro che non si vincolino le visite in base a legami di parentela. Trovo molto più appropriato che l’imposizione sia legata a un numero di incontri possibili, ma si lasci la scelta sui soggetti. Siamo sempre tutti molto liberisti su tante tematiche e non sarebbe appropriato non esserlo pure su questo. Perchè tutelare il genitore anziano e non il ragazzo 20enne che soffre se schiacciato sempre con i propri cari? Si facciano regole anche per loro. Qualcuno sosterrà che sono nel vero ma che, concedendo determinate opportunità, in molti esagererebbero. E’ assolutamente corretto. Il punto è proprio quello. Siamo in un bag. Viviamo un costante doppio vincolo tra chi non riesce ad autoregolarsi e chi risponde con la forza pura. Servirebbe una via media. Sarebbe necessario trovare quella regola che impone l’obbligo, lasciando la libertà senza un intervento rigido come un colpo d’accetta. E’ molto difficile ma, con un passo di avvicinamento da ambo i lati, si riuscirebbe a ricreare quel senso di comunità tipico dello scorso mese di marzo quando le persone erano assolutamente convinte che con un sacrificio breve si sarebbe risolta la magagna. Qui interviene un Conte. Si parla di Giuseppe e non dell’interista Antonio. Da ciò che emerge dai media, il Premier pare essere sempre stato sulla linea da me citata e ha dovuto barcamenarsi tra chi ha cercato di rispondere a un “Popolo disobbediente” tramite duri divieti e imposizioni.

IL MEDICO BUONO E QUELLO BUONISTA
Tra questi ultimi vi sono parecchi scienziati, ma prima di giungere a loro, vorrei trattare di un’altra importante figura: l’operatore sanitario. Ammetto di non gradire il gesto del medico o dell’infermiere che scrive sui social, sui siti o sui giornali i suoi strali offensivi nei confronti di quella nuova categoria di reietti definiti “negazionisti. Il problema è che certi lunghi poemi omerici non rendono merito a un sistema di fantastici professionisti.
Il missionario, quello bravo, si è mai lamentato nel curare chi lo costringe in zone pericolose del mondo per il suo credo politico? No. Allora non dovrebbe farlo neanche il dottore. Voi mi direte: “C’è una differenza! Il primo ha una vocazione di cui il secondo non dispone. L’uno è volontario. L’altro no”. Posto che abbiate ragione, allora vi ricordo il giuramento di Ippocrate. Dal momento che il settore sanitario è considerato giustamente mestiere e non atto di liberalità nei confronti del prossimo, è opportuno rimembrare che queste persone straordinarie, accettando il loro ruolo all’interno della società, compiono una scelta di vita. Sanno, quindi, perfettamente a cosa possono andare incontro. Una pandemia non capitava da circa un secolo e non era immaginabile, ma faceva parte della rosa dei rari eventi sfortunati. Credo che, purtroppo, tutti abbiano avuto la chance di frequentare un ospedale anche in tempi non sospetti. Non è comunque un luogo di gioia e giubilo. Tutt’altro. Un nosocomio è sempre un posto di estrema sofferenza. Proprio per questo, ritengo che gli operatori in tale settore, quelli bravi, debbano essere considerati angeli. La loro non è solo una professione. E’ una missione. E’ una vocazione che trasborda l’idea della retribuzione e pure quella della passione verso la disciplina. Sono individui che bramano l’amore per il prossimo. Contemplano la vera gioia di salvare vite umane come il dono più grande che il Destino possa garantire. Non si spiega perché, quindi, alcuni mostrino tratti di grande rabbia verso chi è nelle loro mani. Qualsivoglia parere manifesti, dovrebbe essere indifferente. Lo scopo è quello di ridonargli il sorriso perduto. Ragiono, però, e comprendo che trattasi di esseri umani. Non sono divinità. Percepiscono la stanchezza che si sfoga nella rabbia. Ecco giustificate alcune affermazioni che, forse, tra qualche anno nemmeno riusciranno a concepire.

SOLUZIONI, NON PROBLEMI
A proposito di scienziati… E i virologi dei media? Beh loro sono i nuovi miti. Si tratta di creature leggendarie. Inserisco in questo paragrafo anche chi non è propriamente dottore di quella branca, ma si trova spesso a fornire la sua augusta tesi sui mezzi di comunicazione. In tanti si chiedono i motivi delle differenti opinioni tra esimi colleghi. Come è possibile che una disciplina così oggettiva possa produrre analisi tanto differenti? Beh… Se vi attendete risposta dal sottoscritto, sbagliate obiettivo. Non ho minime conoscenze sul tema. Sono, però, grande fautore dell’imperfezione umana. Se le persone non hanno poteri illimitati e la scienza è fatta dagli individui, non è plausibile che essa possa tutto. Il sillogismo aristotelico è costantemente di grande aiuto nell’analisi della realtà. E’ talmente basilare da risultare sconcertante. Se si è appurato che anche tale materia mostra qualche limite, come si può pensare che non sussistano diverse visioni? Non voglio annoiare con le teorie cartesiane legate al dubbio metodico, al genio maligno o al cogito ergo sum, ma il fatto è che nessuno di noi è in grado di avere sicurezze perché l’incertezza è parte della nostra essenza. Come possiamo imporre il contrario ad altri? Accetto, quindi, le varie teorie e i tanti pensieri perché ho sempre preso le distanze dalla pericolosa verità univoca. Non sono spaventato dalla bulimia di informazioni e concepisco la possibilità di errore. Mi preoccupo, piuttosto, del terrore che a volte emerge da essa. Questo mi spaventa perché può sfociare in pericolose derive. Proporrei che quando i virologi o i politici si affacciano ai media con tematiche piuttosto pessimistiche mostrino anche le possibili soluzioni al problema. Esistono e non possono soltanto essere le chiusure. Queste, come ripetuto più volte, rappresentano un lenitivo, ma non una medicina in grado di risolvere il dilemma. Stiamo assistendo ad autentici miracoli come i vaccini giunti in un breve lasso temporale. Dovranno essere validati, ma sono pronti e paiono molto ben indirizzati. Nonostante necessitino di tempo, rappresentano la risposta forse definitiva al dramma. Da parte di alcuni esponenti della scienza servirebbe maggior problem solving non utopistico e minor pessimismo leopardiano. Così agevolerebbero l’unione d’intenti tipica di marzo, ma non possono pretendere di chiudere le persone in casa e aspettarsi di nuovo i canti sui balconi. Nessuno aveva mai promesso che il lockdown avrebbe rappresentato la pozione magica e definitiva, ma in troppi ci avevano sperato. La delusione è tanta. Questo sacrificio non è più spendibile né economicamente, né socialmente, né psicologicamente. Non è un caso se nessun Paese lo stia riproponendo con le modalità primaverili. Sono nate vie alternative che hanno risposto efficacemente alla seconda ondata. Più il tempo trascorre, più l’uomo apprende e si evolve. Nel caso giungesse una recrudescenza del virus, saremmo pronti con una lotta diversa, maggiormente funzionale e meno dispendiosa per la popolazione. Questo è il messaggio che dovrebbe trapelare invece delle solite e costanti minacce di blocco. Sono inutilmente dannose perché rischiano di far infuriare le persone.

E’ COLPA DI ANTONIO?
Tant’è. Ma noi ce la prendiamo con Antonio Conte sfogando su di lui le frustrazioni e attaccandolo perché non riesce a fare dell’Inter un’indistruttibile armata. Non me ne voglia il pugliese ma, alla fine, è giusto che sia così. Ben facciamo a occuparci di altro. A distrarci. Ad arrabbiarci se Andrea Pirlo non riesce ancora a dare continuità alla Juve. Loro subiscono gli strali, ma stanno svolgendo una funzione sociale davvero importante: ci donano momenti di normalità in uno dei periodi peggiori della storia. Si parlava di modifiche che tale sfortunata circostanza potesse apportare al mondo. Beh, mi sembra che il pallone stia originando tante proposte innovative. E’ vero che molte di esse paiono obbligate da una situazione economica particolarmente avversa, ma esistono. Non voglio sostenere che siano negative o positive. Non le giudico. Gradisco soltanto affermare che sto notando una grande volontà di progresso e questa mi incuriosisce. Penso al recente accordo legato ai fondi per la cessione dei diritti televisivi della serie A che ha trovato l’unanimità in Lega, senza cedere a inutili dogmi di corrente o campanilismi, e dovrebbe arricchire i vari club, ma pure ad altro. Il riferimento è all’arbitro donna che dirige Juventus-Dinamo Kiev. In Champions League, nella massima competizione europea per club, la signora Stephanie Frappart sarà chiamata a gestire l’incontro e senza necessità di quote rosa. Non serve aggiungere altro.