Ore 7.15. Un addormentato Riccardo giace silenziosamente sotto le sue calde coperte a girovagare tra i suoi sogni, in un mondo fantastico che non vedremo mai sulla faccia della Terra, quando una voce debole, a tratti assonnata, proveniente dalla cucina, dice:Riccardo, sveglia. Vieni a fare colazione?” È mia madre che, come ogni mattina, si è sostituita alla sveglia che, puntualmente, non sento o faccio finta di non sentire… ehm… entrambe le cose. Io, con un’aria visibilmente stordita, scendo dal letto, indosso le mie pantofole e mi avvio con passo claudicante verso la cucina. Come di consueto, spalanco la finestra per guardare il cielo quando un soffio di vento impetuoso colpisce la mia faccia, sbattendola a destra e a sinistra e alterando il mio stato mentale in quel momento, di per sé frastornato. Io, visibilmente sconvolto, chiudo immediatamente la finestra e vado a fare colazione con un brivido lungo la schiena. Mentre la mia mente faceva qua e là cercandosi di spiegare il perché di questa fredda e cupa giornata, io sorseggiavo il latte dal mio tazzone blu, privo di alcun spirito mattutino, con un occhio alla TV e un occhio addormentato. Dopo aver finito il mio latte caldo, sconsolato, vado a lavarmi e a vestirmi, sempre con molta lentezza, pronto poi per accendere il computer e partecipare alle lezioni a distanza che, mio malgrado, sono diventate la normalità e che sono costretto a fare, mentre i miei pensieri mi riportano altrove, a quei momenti felici e spensierati passati tra i banchi di scuola, quando tutto questo orrore ancora non esisteva.

Ore 14.00. Finalmente, dopo 6, intensissime, ore di didattica a distanza, o DAD per usare un acronimo, arriva l’ora del pranzo, il momento più felice della giornata, quello in cui posso ingozzarmi come mi pare e piace, tra un bel piatto di pasta e frutta a volontà. Il pranzo per me è un momento speciale, non è solo una semplice e monotona ricorrenza quotidiana, è un momento in cui c’è un interscambio di emozioni, di pareri sulla mattinata appena trascorsa, di opinioni. È proprio il pranzo che mi permette di stare accanto ai miei cari, ancor di più in questo periodo storico, visto e considerato che la mia città sta attraversando un momento di profonda crisi, tra centinaia di positività e affollamento in terapia intensiva, permettendomi di riscoprire ancor di più i valori della famiglia. Il menù di oggi recitava pasta e piselli, salsiccia e torta alle mele preparata appositamente dalla mia cara nonnina come dessert. Che prelibatezza! Non sto qui a raccontarvi ogni singolo dettaglio, perché, detto tra noi, non vorrei farvi venire l’acquolina in bocca. Terminato il mio delizioso pranzo in compagnia della mia famiglia, ho sparecchiato la tavola e sono rimasto un attimino in cucina, pensieroso, prima di iniziare i compiti. I miei pensieri stavano giocando a pingpong, un sacco di ricordi sono riaffiorati come se stessero aspettando proprio questa gelida giornata d’autunno per fare la loro comparsa. Avevo momentaneamente perso la concezione dello spazio, la mia mente mi aveva catapultato nel mio mondo dei sogni, un mondo fantastico che al solo pensiero è irrazionale. La bellezza dei sogni risiede proprio nel fatto che sono la trascrizione di ciò che la tua anima sta pensando e io, in quegli attimi meravigliosamente candidi, ho attraversato una realtà parallela alla nostra. La gente era felice, tutti abbracciavano tutti, non c’era nessuna maledetta mascherina, nessuna forma di precauzione da pericoli invisibili all’occhio umano. L’unico essere spaventosamente grande che riuscivo a percepire era l’amore, un sentimento che in questo periodo sta scemando, facendo posto alla rabbia, alla depressione. Stavo sognando ad occhi aperti, ma quel sogno, per me, non era solo un semplice ed insignificante sogno, bensì qualcosa di molto più grande. Non si potrebbe descrivere accuratamente ciò che stavo provando in quel momento, solo io posso comprenderlo. Come tutte le cose belle però, anche il mio viaggio è finito e, dopo qualche giro di lancetta, una volta aperti gli occhi, ho constatato personalmente di esser tornato nella realtà, quella vera, che in questo periodo vorrei proprio dimenticare. Ogni tanto mi pongo delle domande assurde, forse per fuggire dalla realtà o forse per distrarmi, ma oggi, stranamente non ero ispirato, perciò ho passato il resto delle mie ore tra libri, computer e televisione.

Ore 18.00. Giunto al termine dei compiti, decido di portare avanti quei pensieri che, qualche ora prima, stavano offuscando i miei occhi per provare, almeno un’altra volta a fuggire da questo ingiustissimo mondo per cercarne uno migliore, quello che conservo dentro di me. Osservo l’orologio senza dare troppo peso all’orario, un altro sguardo alla TV, spenta, per cercare il mio spensierato riflesso fanciullesco e, ancora una volta, le mie ciglia si adagiano delicatamente l’una sull’altra, mentre i miei pensieri volano via, disperdendosi nell’aria oscura dove nessuno può importunarli. Giro indisturbato per le vie della città, trascorro infinite giornate in compagnia degli amici, dei miei parenti e vado avanti felice per il resto della mia vita. Questo è il mondo, il mio mondo, irreale, fantastico, prodotto dell’illimitata fantasia tipica di ogni adolescente, ma quando riapro gli occhi, ritorno ad essere un normale Riccardo Sinisi, trapiantato in un noiosissimo 2020, che aspetta impaziente la cena per poi andarsi a coricare, nell’attesa che tutto ciò che stiamo vivendo termini al più presto.

La nostra mente ha un potere immenso che mai nessuno riconosce abbastanza, ovvero quello di saperci portare dove vuole e quando vuole per farci vivere esperienze al limite del normale. Anch’io, ogni tanto, prenoto qualche viaggio verso terre ancora inesplorate, perché, come ho ampiamente detto in precedenza, vorrei sorvolare questo momento storico e arrivare dritto al “Quando il sole… tornerà”.

Alla fine tutto andrà bene. Se non va bene, allora non è la fine. (Ed Sheeran)