E’ con il cuore gonfio di tristezza che mi accingo a battere le dita sulla tastiera e i motivi che stimolano questo mio malessere sono molteplici. La situazione legata al coronavirus sta lentamente migliorando.
E’ vero, ma l’angoscia resta e nessuno potrà mai cancellarla
.
Mi rimangono negli occhi certe immagini e nella mente alcune notizie. Non mi scorderò mai più la lunga fila di camion militari che esce lenta da Bergamo. Non dimenticherò le persone sdraiate supine nelle terapie intensive che appaiono un insieme esamine di oggetti accatastati in un garage.
Chiedo scusa per la violenza delle parole, ma la sensazione è proprio quella.
Sia chiaro: per questo fatto non vi sono colpe di chi gestisce le strutture sanitarie che non hanno avuto scelta se non cercare di rispondere in tal modo a una situazione incredibilmente disperata. Si sono dovuti adattare interi luoghi a un’emergenza che sicuramente non ci si sarebbe attesi in queste dimensioni. Le parvenze però sono assolutamente impressionanti e distruggono l’animo umano. L’impressione è proprio quella di un triste ospedale in tempi di guerra con madri, padri, nonni, fratelli, sorelle e coniugi ammassati su barelle racimolate all’ultimo istante. Sono individui talmente sofferenti che non si rendono nemmeno conto della situazione che stanno vivendo e sono ormai privi di ogni forza, in balia di chi li deve curare.

A proposito, e mi scuso per l’inciso, il mio paragone non vuole certo ferire la sensibilità di Annalisa Malara, la Dottoressa che ha consentito di diagnosticare il covid-19 a Mattia Maestri definito paziente uno. La rianimatrice ha affermato di recente al Corriere della Sera: “Due cose non sopporto di questa emergenza: che la paragonino a una guerra e che ci considerino eroi”. Brava, bando alla demagogia. Concordo.

Chiedendo nuovamente venia per l’interruzione, riprendo le redini del discorso onde evitare di uscire dal tema.
La mia memoria è consumata dal pianto di chi ha perso un proprio caro e non ha potuto nemmeno salutarlo. Ho saldo anche il pensiero di corpi che non possono avere la sepoltura desiderata perché esiste una rigida procedura. Deve essere rispettata ed è spietata nei confronti dell’umana volontà. Penso a quella specie di enormi, orrendi caschi sotto i quali sono costrette persone che non hanno alternativa per continuare a respirare. A meno che non si sia privi di una qualunque forma di sensibilità, non si può non soffrire. Siamo in un incubo. Siamo in un’oppressione improvvisa e allucinante che ci sta devastando. Vorrei sapere chi il Natale scorso si sarebbe immaginato mesi simili e così vicini nel tempo. La risposta mi pare abbastanza semplice: nessuno.

La desolazione non è ancora finita, ma occorre guardare al futuro per non trovarci di nuovo in balia degli eventi, allo stesso modo in cui siamo piombati in questo paludoso guado. E’ innegabile che l’umanità sia stata recapitata a piedi pari in una sabbia mobile senza nessun appiglio vicino. Il suo corpo sta lentamente scendendo, ma con la certezza che qualcuno gli porrà il ramoscello utile per aggrapparsi e uscire dal baratro. Come ne emergerà? Questa è una domanda per ora senza risposta, ma sicuramente con qualche osso rotto.

Non si è stati in grado di affrontare l’emergenza al meglio. Penso che negarlo sia davvero ingiusto nei confronti dei numeri di questa pandemia e di chi ha assistito alla resa di un parente. Ripeto, non voglio cercare colpe. Non sono io ad avere le competenze per farlo. Non è mia intenzione esaminare i fatti al solo scopo di sanzionare chi eventualmente ha commesso errori. La vendetta fine a sé stessa è inutile e inappagante. L’analisi di quanto accaduto è assolutamente necessaria per fare in modo che certi sbagli non si ripetano più. Solo questo. Non sarà più ammissibile una straziante recidiva. Affrontare la Giustizia potrebbe essere un passo doloroso, ma che andrà compiuto con il fine di apprendere e non di punire. Tutte le forze possibili devono essere poste a disposizione di tale elevato scopo. Purtroppo, non esiste insegnamento migliore del timore di non ripetere un determinato errore. Gli esempi sono banali. Si pensi allo studente al quale viene fornita la possibilità di ripetere l’esame o la verifica. Quasi certamente svolgerà un lavoro migliore nel secondo caso rispetto al primo. Se poi alcune responsabilità saranno appurate, potrebbe apparire inutile sanzionare chi le avrà a suo carico. E’ vero, ma paradossalmente allora lo stesso varrebbe per molti tipi di reato. Anche chi commette un omicidio colposo può non risultare pericoloso per il resto della società. Esiste, però, un codice penale che ne concepisce la condotta come condannabile. “Dura lex sed lex”. Si può discutere sull’eticità della norma, ma non riguardo al suo rispetto che è obbligatorio. D’altronde se non vi fossero le leggi regnerebbe l’anarchia e quindi il caos.

Se bene si osserva l’andamento di questa emergenza, si nota come sia confusionario e ciò pare indicativo relativamente alle difficoltà di comprensione della pandemia. Mi pare che qualche Collega Blogger lo abbia già chiarito all’interno della Community.
Si pensi soltanto alla questione riguardante le mascherine. In quante occasioni si sono forniti messaggi diversi? Scusate, ma la scienza non avrebbe dovuto essere la disciplina del rigore e della precisione? Insomma, mi sembra che questa volta vi sia stata troppa confusione.
All’inizio il coronavirus è stato persino definito da qualcuno, simile all’influenza. I risultati non mi paiono proprio confortare una tesi del genere anche se potrei errare. Capisco che la scienza non possa essere perfetta perché umana, quindi con tutti i limiti essenziali per questa specie. Sono altrettanto convinto del fatto che il SarsCov2 rappresenti una novità apparsa dal nulla quindi necessitante di tempo, prove e tentativi per essere analizzata, ma signori, siamo di fronte a una strage. Ci si trova innanzi a numeri inconcepibili e a una comunicazione che considererei non univoca. Mi pare che il punto fermo sia il distanziamento sociale ma, come ho già avuto modo di scrivere, nel 2020, forse sarebbe stato lecito attendersi qualcosa di più dal progresso.
Il mondo scientifico è un vanto del genere umano e sempre lo sarà, ma questa volta veramente pare essere in estrema e palese difficoltà. Diventa, poi, allucinante quando gli esperti giungono persino a scontrarsi tra loro in maniera mediatica. Deprimente. Questi uomini dovrebbero collaborare per fornire delle soluzioni chimiche piuttosto che comparire costantemente sui mezzi di comunicazione per sostenere teorie sulle quali non sono nemmeno totalmente concordi.

In ogni caso, come si dice solitamente, “è inutile piangere sul latte versato”. Occorre guardare avanti e cercare di analizzare il futuro in maniera positiva. E’ assolutamente vero, ma si è già parlato sovente di ciò che il mondo potrà apprendere da questa tremenda avversità. Adesso è il momento di pensare a soluzioni concrete e porle in pratica.
Siamo stati in casa. Abbiamo sopportato questa enorme limitazione alla nostra libertà e continueremo a rispettare le regole. Qualcuno ci ha detto che andrà tutto bene. Ci avete tempestato di messaggi corretti per convincerci della bontà delle misure adottate.
Ora la politica è chiamata a un ulteriore passo avanti. E’ il più difficile. E’ il più complesso, ma non può sottrarvisi.
E’ necessario che abbia la forza di predisporre idee concrete e di metterle in atto. Noto, invece, un certo immobilismo a tratti spaventoso
. Non banalizzo. E’ il contrario. Non voglio assolutamente sostenere che questa pandemia non sia una vicenda tremenda e tragica a livelli esponenziali, ma non la si renda ancora più terribile di quanto lo sia già. Si inizi da subito e con coraggio a fornire risposte per il futuro. Qualcuno affermerà che sto parlando “pro domo mia”. Può essere. Non mi nascondo e non ho la pretesa di sostenere tesi valide per terze persone. Penso, però, che molti esseri umani della mia età siano veramente preoccupati. Ho 30 anni e, alle nostre latitudini, la situazione occupazionale non era delle migliori nemmeno prima dell’avvento del covid-19. Tutt’altro. Serve una risposta netta e uno sguardo fiducioso sul domani. Non si scorge la necessità di frasi forti, di citazioni auliche o di proclami eccelsi. Non mi stancherò mai di ribadirlo. Non venero il dio denaro. Anzi sono sempre stato piuttosto avverso a una società capitalistica e votata a certi valori o tendenze, ma rimango sulla terra e ammetto che senza il soldo non vivo. Siamo tutti nella stessa condizione. La moneta ci consente di portare il pane sulla tavola. Non si millantino false illusioni.
Servono proposte realizzabili e fatti concreti altrimenti potremo dire addio alla salute che strenuamente si sta provando a tutelare dal virus.

Sono realmente affranto dalla mancanza di idee. Ho timore e non lo nascondo. Noto battaglie vane. E’ come se chi prova a sognare un futuro lontano dalla pandemia venisse considerato alla pari di un untore che odia il suo prossimo. Mi sembra eccessivo per non dire assurdo.
Leggevo sulla Gazzetta dello Sport di un runner che è stato brutalmente picchiato perché correva senza mascherina, a suo dire, a 100 metri da casa. Non voglio entrare nel merito. Non so se questa persona avesse rispettato ogni normativa e, se così non fosse, avrebbe di certo commesso un errore. Se si risponde al mancato ossequio delle regole con una situazione identica, però, non si riuscirà mai a uscire dal problema. Non è soltanto sbagliato, è pure assurdo e irrazionale.
Siamo davvero vicini a un punto di non ritorno e le Istituzioni devono percepire il dilemma. Non si dimentichi neppure il fattore culturale. Il mondo occidentale, soprattutto dopo le tremende esperienze dittatoriali di inizio secolo, ha visto la libertà come un punto cardine della sua vita e un bene da tutelare nella maniera più assoluta. In questo periodo gli è stato giustamente chiesto uno sforzo sovraumano. Occorre essere pienamente consapevoli di questo e certe soglie non si possono oltrepassare altrimenti le conseguenze psicologiche potrebbero risultare nefaste. Bisogna ricordare che questa disciplina non può esimere dal concetto di salute.

Penso a quanto sta accadendo all’interno del mondo del calcio e rabbrividisco. La Figc, la Lega Serie A e ora anche l’Aic, sempre piuttosto scettica, paiono perlopiù convinte di proseguire la stagione. Vogliono guardare con ottimismo al futuro. Gravina ha coinvolto luminari del campo medico per stabilire una serie di rigorose norme che consentano di proseguire l’attività in sicurezza e, proprio nel giorno in cui il mondo del pallone pare più compatto verso una decisione, la politica mostra una certa chiusura nei suoi confronti senza lasciarsi sfuggire neppure qualche frecciatina come quella del Ministro della Salute Speranza: “Il calcio è l'ultimo dei problemi. A questo si aggiungono le parole del Collega del dicastero dello Sport Spadafora “Quando il mondo del calcio non vuole decidere o non vuole farlo per motivi economici dice che è il governo che deve farlo. Quando poi il governo interviene a gamba tesa rivendica la sua autonomia”. Ma davvero? Ma ci si rende conto del valore socioeconomico di quest’impresa all’interno della realtà? Non mi pare un concetto così estraneo alla vita. Se io occupassi certe posizioni istituzionali, manderei messaggi completamente opposti. Avrei ringraziato la Figc per gli sforzi posti in campo. Avrei garantito il massimo impegno per soddisfare le esigenze di un mondo che se si differenzia dalle altre discipline non lo fa per supponenza o per egoismo, ma per necessità. Spadafora pareva quasi avere intrapreso una battaglia dialettica con il mondo del pallone che non giova a niente e nessuno.
La Lega Serie A è già stata molto chiara nello specificare i numeri fondamentali che vanta e non mi stancherò mai di ribadirli: “32 milioni di appassionati seguono il calcio che “dà lavoro a più di 300mila persone generando l'1% del PIL nazionale”. E ancora: “La Serie A da sempre svolge un riconosciuto ruolo di locomotiva del comparto, producendo direttamente ogni anno circa 3 miliardi di euro di ricavi totali e generando un indotto di 8 miliardi a beneficio dell'intera piramide calcistica, oltre a una contribuzione fiscale e previdenziale di 1 miliardo di euro” (Sky).
Chiaro? A quanto pare no. Allora occorre essere più diretti. Se il calcio non dovesse più esistere, si recherebbe un danno folle al Paese provocando la povertà di molti esseri umani che campano grazie a tale attività. Mi riferisco a giornalisti, massaggiatori, medici, magazzinieri, giardinieri e tutto il “turismo legato al pallone”.
Si pensi agli alberghi, ristoranti o catering che ne subirebbero un duro colpo
. Questo sport non è l’ultimo dei problemi e mi auguro che i media legati a esso, così come i protagonisti stessi, facciano udire la loro voce.
Ho letto recentemente un interessante articolo su Tuttosport di Xavier Jocobelli, dal titolo: “I veri becchini del calcio. Stringo virtualmente la mano al Direttore di Calciomercato.com Agresti, che per il sottoscritto è sempre importante fonte d’ispirazione. Mi complimento con Lui per il pezzo “Dal Ministro Speranza alla Pellegrini: basta demagogia sul calcio, deve ripartire come tutta l’Italia”. Stefano, grazie davvero. Vorrei esprimerLe tutta la mia gratitudine.

A dire il vero, con il trascorrere dei giorni, Spadafora è stato maggiormente positivo e aperturista con il mondo del calcio, ma ancora ci tiene giustamente a sottolineare come non esista soltanto questo sport. Ha pienamente ragione, ma si deve rendere conto che esso funge il ruolo di traino per tutti gli altri. In ogni caso, nemmeno dopo il noto vertice durante il quale si auspica che il pallone abbia manifestato tutte le proprie esigenze, il Ministro ha una linea chiara e decisoria se non ribadire per l’ennesima volta una corretta prudenza. E’ proprio questo che stupisce della Politica e della Scienza. Manca una prospettiva nitida che pare più marcata in altri Paesi come, per esempio, la Germania.

Il pallone non è certo l’unica realtà che potrebbe soffrire le pene dell’inferno per questo immobilismo senza una via d’uscita chiara e delineata. Ciò che inquieta è che Repubblica riporta di un piano già predisposto durante il mese di gennaio e non comunicato onde evitare di creare terrore nella popolazione. A mio modo di vedere, le persone dovrebbero essere informate sempre e in ogni caso nel rispetto del fatto che chi governa è posto in quel ruolo grazie al loro voto. Mi chiedo: se già era prevista una progettazione d’allarme perché le Istituzioni continuavano a ribadire che non sarebbe accaduto nulla e i risultati sono quelli attuali? Mi pare strano. Forse, però, è stato giusto così. Non sarò io a poter giudicare gli accadimenti. Vi saranno persone valide e competenti che svolgeranno tale opera con lo scopo di evitare il ripetersi di eventuali errori se si dovesse ricadere in situazioni simili. Le norme sono scritte per essere rispettate. Guai a mettere in moto condotte contrarie.

Ora, però, si inizi pure a fornire risposte concrete perchè la teoria e i valori condivisi penso siano stati recepiti. Le persone sono stanche e spaventate per il loro domani fuori dal virus.
Questa pandemia mi ha portato a riflettere in modo ancora più importante sui motivi che spingono tanti giovani menti a uscire dal Nostro Paese. Mi riferisco alla nota “fuga dei cervelli”.
Non sono persone che non amano la Loro Patria o che non hanno il senso delle proprie radici. Tutt’altro. Sono esseri umani che anelano a una vita migliore ed è naturale che sia così.
Le Istituzioni dovrebbero porsi molti quesiti ed effettuare un valido esame di coscienza a riguardo.

Mi spiace doverlo constare ancora una volta. Circa un mese fa ammisi di essere deluso dalla gestione che si stava mantenendo durante questa emergenza nel mio Paese. La mia sensazione è persino peggiorata, tanto da proliferare un convincimento che non ho mai nutrito in vita mia. Ora anche io paleso la necessità di lasciare questa Nazione fantastica che mi ha dato i natali, ma che non mi garantisce una soddisfacente prospettiva di vita.

Gaber affermava: “Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono”.