Non so come sia in altre case, ma nella mia da quando c'è il Covid che incombe tra le sue mille sfaccettature e mutazioni, c'è una mattina che si divide tra il lavoro sul pc e una famiglia da seguire, con mio figlio che è a casa perchè la sua scuola è ancora chiusa, quindi il mattino la sveglia suona presto, alle 8 in punto, ma non dal cellulare o dalla sveglia vicino al letto, no, è mio figlio che arriva ai piedi di fianco al letto e dopo avermi spinto la spalla mi dice "Papà, dai che è mattina", "Ma perchè non ti svegli?". Così come uno zombi mi alzo accompagnato dal mio solito...Yawn..."Ma che ora sono? Dov'è la sveglia? Ma quando si mangia? Ma che sto a di?". Ecco che dopo una bella colazione, e con il lavoro che inizierà soltanto alle 9, mi siedo in cucina con il mio caffè e una fetta biscottata con Nutella, mentre mio figlio mi chiede "Papà, mi racconti una storia?". Dopo essermi girato verso la finestra, dove si affaccia un bel sole, come un Iguana resto immobile masticando alla velocità di una lumaca il companatico, mentre mio figlio continua a tirarmi la manica del pigiama..."Cosa mi hai chiesto Picchio? Una storia? E che ti racconto? Vediamo...Oggi ti racconto la storia di alcune persone che si potrebbero accomunare con gli allenatori della nostra Serie A", Picchio mi guarda incredulo, come a pensare "Questo ancora dorme, non sa quello che dice...". Ed ecco che inizia il racconto e la famiglia si volta tutta verso il lettore.
La storia è ambientata in Italia, tra la il Veneto e la Calabria, dove il calcio non esiste più...in che anno papà?...In che anno, 2029-2030, ma senza il calcio. Inizio? Ok! 

Era una estate caldissima in Italia, tanto che la gente invece di girare per le strade, se ne restava a casa, tra un bicchiere di vino per i signori e un bicchiere d'acqua per le signore, oltre a pasti lucuriani che portavano ad alzare notevolmente il loro peso corporeo. Alcuni giravano per le strade mentre lavoravano, e altri bivaccavano, tanto lo sfaticato di turno in strada c'era sempre. Così ecco le Regioni, tra una canzone e l'altra, con lo stereo sempre ad alto volume, tra un inno nazionale e una canzone d'epoca, s'affacciava sul balcone a scambiare due chiacchiere, parole, nel momento in cui il sole decideva di calare. Tutto era cambiato, il calcio non esisteva più, lo sport non esisteva più. Nei viali di Bergamo, s'aggirava un signore detto 'Gasperson', era un professore, al quale la vita le volle dare una voce talmente fina che infastidiva chi lo ascoltava, tanto che la gente le stava distante, per non riportare una cufene o un mal di testa di quelli che durava giorni e giorni. Il professore aveva una fissazione, ogni giorno prendeva una tavola di legno, la metteva su di un muretto, e diceva "Vedi questo, è l'attaccante, devi stare a due metri di distanza, ma non devi mai farti superare. Nooo! Ti ho detto che devi restare in posizione". Spesso si avvicinava qualcuno a vedere cosa facesse, e per la maggior parte veniva scambiato per un calciatore "Tu, sei la punta di diamante, cosa fai se la palla dal centrocampo va sulla fascia?", impreparato e con la paura di sbagliare questi rispondeva "Corro e vado verso l'area di rigore e tiro". Lo sguardo del professore si fa di fuoco "No! No! Devi allargarti sulla fascia e crossare, ma quante volte te lo devo dire?". Appena dieci anni prima il professore era un allenatore di calcio, allenava l'Atalanta, una squadra che trasformò da una piccola squadra tra le grandi, a una squadra importante in tutto il Mondo. Ma il calcio oramai era solo un ricordo, e nessuno sembrava più interessato a seguire un qualcuno che voleva insegnare a giocare, tantomeno uno che si arrabbiava da solo e che continuava a rimproverare qualsiasi persona si avvicinasse a per ascoltare.
Nel frattempo in Campania e nel Lazio abitavano due fratelli, il primo era stato un grandissimo attaccante che aveva tentato la carriera di allenatore, mentre l'altro era stato un giocatore normale, ma al contrario un buonissimo allenatore. Così in una telefonata tutta piacentina, perchè di nascita erano di Piacenza... Pronto Pippo come va il tuo Benevento? Pronto? Ma chi è?Sono tuo fratello Simone, ma che ti sei rincoglionito?Mio fratello Simone...Ma io non ho fratelli, forse hai sbagliato numero...Non ho fratelli? Pensandoci bene, potrebbe essere vero, allora perchè hai chiamato? Io ho chiamato, mi sarà partita la chiamata. Il Benevento...ma che cos'è il Benevento? Era la squadra che allenavi, ma possibile che non ti ricordi? Bhà, io ricordo solo quando indossavo quella maglia a righe rossonera, ma questa squadra non la ricordo, e tu anche allenavi? Certo la Lazio...almeno credo... Da lontano una voce "...Abbiati...Thiago Silva...Pippo Mio, Pippo Mio!"...Ti ricordi quei nomi? No, è un signore, tale...ehm...Scusi come si chiama? Ah, Carlo Pellegatti, che dice fosse stato un giornalista e telecronista per il...per il...come si chiamava quella squadra a righe rosso e nere? Ah...Milan...Ok, mi stanno chiamando anche qui c'è uno che dice di essere un  grande imprenditore e che ha fatto una montagna di soldi con una ditta delle pulizie, un certo Claudio Lotito. Bah, forse ha perso un pò la memoria, almeno credo.

Dall'altra parte di Roma, in una deserta Trigoria, un uomo correva a su e giù per il viale, con una scopa di saggina come cavallo, una mascherina e un cappello nero, si faceva chiamare Zorro, ma in realtà si chiamava Paulo, correva e ogni tanto si affacciava su un campo vuoto, almeno apparentemente per tutti gli altri, mentre lui chiamava a gran voce "Edin, tanto la prossima volta ti mando in tribuna, non mi sono dimenticato quelle parole nei miei confronti. La fascia di capitano? te la puoi scordare!". Ma se in questi casi, la situazione era per lo più tranquilla, a Bologna, girava un signore dall'accento al quanto straniero, sguardo fisso e mai un sorriso, anzi chi rideva veniva messo in castigo, si chiamava Sinisa, detto anche il Generale, incuteva timore con la sua solita frase "Attenti! Spalle alte, petto in fuori, e mantenere la stessa velocità, e ricordatevi, come ha insegnato il mio allenatore, la partita non è finita fino a quando arbitro non fischia la fine", ma non era tutto "Io ero allenatore di Bologna, e tutti mi rispettavano, quando io dicevo stop, nessuno rideva, quando io dicevo silenzio nessuno parlava, quando io dicevo seduti nessuno rimaneva in piedi, quando io dicevo...che dicevo...non importa, importante e seguire la mia voce. Adesso correre e non deve volare mosca".

Da Cagliari la situazione era più strana del solito, già c'era Eusebio, che continuava a dire "Io sono l'allenatore del Cagliari", tanto che alla fine tra le strazianti grida di qualcuno che diceva "Ma la vuoi piantare? Con questa storia del Cagliari?". Indossava una Berrita (copricapo dei vestiti tipici sardi) mentre sventolava la bandiera con i 4 mori, tentando un improbabile canto sardo, quando sbagliato in termini dialettali. A Crotone nel frattempo, in una silenziosa cittadina in piedi poco distante da una panca, c'era Giovanni, detto Giovannino, che diceva "Lo sapevo, se mi avresti ascoltato, non saremmo ultimi in classifica, ti avevo detto che non era una squadra per lottare per la salvezza, guarda quello...Messias, passala su quella fascia, non puoi fare miracoli come quel signore del passato", poi si sedeva in panchina e tirava giù tutto il rosario.

Da Firenze, tra un canto fiorentino e una campana che suona, Giuseppe e Cesare, che ogni ora scambiavano i loro ruoli, da maestro ad allievo, e si trovavano sempre nella medesima situazione "Questa Fiorentina, come la giri la giri è sempre una squadra da salvezza". Genova, tra i suoi mille colori, aveva due rivali, Ronaldo che intonava un "Un uomo onesto, un uomo probo. trallalallero tralalla lalla", mentre dall'altra parte della strada, da una finestra, con schiuma da barba su viso, Claudio rispondeva con uno spiccato accetto romano "Sveglia e caffè, Barba e bidé, Presto che perdo il tram, Se il cartellino, Non timbrerò...", ricordando un vecchio Ragionier Ugo Fantozzi. Dalla finestra il buon Claudio affacciandosi saluta il rivale "Oggi contro chi giocate? La procaccolese?",  Rolando risponde "No, l'abbiamo battuta la scorsa settimana, oggi giochiamo contro la Leincesterese", Claudio "Allora occhi che ve fanno li bozzi, io c'ho vinto uno scudo", ma in questo caso, prima una signora prende il cantore, mentre la finestra si chiude dall'altra, dove c'è un'altra signora "Dai claudiè, che fa freddo, hai finito lo show!".

Milano, città della moda, ma anche il Duomo, dal quale esce vestito di saio e sandali senza calzini, il Pio Stefano, che era pronto a predicare per le strade "San Zlatan Ibrahimovic, prega per noi...San....San...Zlatan Ibrahimovic, prega per noi", nel frattempo vede un signore calvo seduto sul ciglio di una strada, che guarda in terra, poi chiude gli occhi e ripete "Ora torneranno al loro posto. Uno...due e tre", al tre si toccava la testa, e poi scoppiava in lacrime. Così il frate Stefano si avvicinò al malcapitato e gli disse "Come ti chiami fratello?", questi rispose "Antonio da Lecce, che con i suoi capelli si faceva le trecce, ma i capelli ora non ci sono più per colpa di Zhang e di Lukaku". Così colto di sorpresa frate Stefano si sedette al suo fianco, e riconosciuto chi era costui, gli disse "Zlatan Ibrahimovic 1-0, Zlatan Ibrahimovic 2-0", al quanto Antonio da Lecce alzando gli occhi disse "Ti sei fatto frate, perchè avrai anche vinto quel derby, ma l'hai vinto perchè la colpa è stata della mia squadra, che non ha seguito i miei consigli. Ma alla fine chi lo ha vinto quel campionato?". I due si guardarono ed esclamarono "Chi l'ha vinto!" e rimasero una giornata intera nell'intento di ricordare chi avesse vinto quel campionato.

A Torino, sotto una Mole che giganteggiava passava un un barbuto e silenzioso signore di mezza età di nome Andrea, mani conserte e sguardo basso, intento al silenzio eterno, nel frattempo sulla sua strada si ritrovo il signor Marco e il signor Davide,  che battibeccavano di come l'uno si sentiva migliore dell'altro, Marco diceva "Se restavo io, il Torino sarebbe stato in lotta scudetto", Davide invece rispondeva "Se c'eri tu, la squadra era in Serie B, da inizio campionato". Ecco che Andrea passa davanti ai due, che lo riconoscono "Tu...Tu hai allenato la Juventus. Ma come hai fatto?", questi non rispose, ma rimase fermo a contemplate le pietre, ma ancora una volta i due ripeterono "Tu...Hai allenato la Juve, ma come hai fatto?", dopo svariate volte sentendo ripetere tale frase questi ruppe il silenzio e rispose "Non lo so nemmeno io, per questo navigo da ben 10 anni alla ricerca di capire come sia possibile che una squadra così importante mi abbia scelto per tale ruolo, ora salirò sulle montagne a contemplar i venti, nella speranza che da lassù né il signor Gianni né il signor Umberto affacciandosi non mi sputino in un occhio". 

Napoli sonnecchiava, ogni tanto un mandolino intonava Funiculì Funiculà, ma alle 8 del mattino, non era proprio di compagnia, anzi, soprattutto sotto quella finestra che dava sul mare, dove un ingrugnito e infastidito signor Gennaro, si affacciò ed esclamò "###[@[[][@", tanto che la musica cessò e dal basso il musicista chiese "Non ho capito!", e Gennaro "Ce rutt o cazz". Nel frattempo rientrato in casa, il figlio gli disse "Papà, ci facciamo una partita a Pes?", al solo sentire Pes, Gennaro si fiondò a prendere posto sulla poltrona, ma con grande sorpresa disse "Ma o Napoli, a ro sta!", il figlio lo guarda impaurito e gli risponde "Il Napoli non esiste più, nemmeno il calcio italiano...", e Gennaro abbassando la testa rispose "Adesso mi scatta l'ignoranza però, come fu con Joe Jordan...".

Stadio Ennio Tardini di Parma, vuoto da 10 anni, eppure c'è un signor Fabio che gridò "Fusaje, bruscolini", si avvicina pronto ad acquistare un altro signore, sconquassato e spaesato "Quanto costano le fusaglie?", Fabio risponde "Fusaje, no Fusaglie. Anvedi, ma te nun sei quello che m'ha sostituito quando allenavo er Parma? Certo che potevano sceje de mejo, a sto punto se restavo io era mejo", l'altro che nel subire le sue parole e i suoi sputazzi, rispose "Scusa ma sai parlare? Perchè se allenavi come parli, allora capisco perchè ti hanno cacciato via. Con me il Parma è tornato a splendere", Fabio rispose "Se come la tazza der cesso de casa mia...".

A Sassuolo, tra un piatto di fettuccine capricciose e un coniglio alla reggiana, al tavolo di un ristorante c'è un signore di almeno 140 kg, sporco in viso di sugo e olio, che si fa portare una penna dal titolare, e sulla carta del tavolo disegna il suo schema, e lo fa vedere ai vicini di tavola: "Vede, il mio Sassuolo giocava così, questo sale e questo scende, proprio come queste fettuccine", poi una volta spolpato il coniglio con gli ossetti disegnava il campo, la porta avversaria, e mentre divulgava il suo modulo giù di vino rosso, che traboccava e si adagiava sul suo maglione. Alla fine il titolare del ristorante diceva "Dai Roberto che è ora di chiusura, domani farai vedere ai nuovi clienti il tuo modulo", mentre si girava verso i suoi camerieri con una faccia sorridente.

Dal porto di La Spezia, tra un odor di avariato e la caserma militare, vagava uno sportivo, già ripeteva sempre "Io sono Vincenzo Italiano, di nome e di fatto. Io ero Ammiraglio Ispettore Capo di una squadra di calcio, che ho portato a navigare su i più importanti terni d'Italia, fin quando sono stato spodestato da un Cargo battente bandiera Lega Italiana, che mi ha tolto i gradi e mi ha portato al Porto". Molti marinai, sembrano ascoltarlo in modo assiduo, altri se la ridono credendolo pazzo. Vincenzo guarda con sguardo fiero verso il mare, con il sole in faccia, e continua il suo racconto "Stagione 2019-2020, con la mia squadra, Spezia, abbattemmo il grande nemico, era la squadra più forte del campionato, era il Milan, la domammo dall'inizio alla fine, e ci portammo a casa i tre punti. Tutti ci davan per spacciati fin dall'inizio, ma poi si dovettero ricredere, perchè con l'invenzione dei 14 acquisti, riuscimmo a dare del filo da torcere a tutti. Ora da Ammiraglio Ispettore Capo, ho ammainato le vele e continuo a rimirar il mare, nell'attesa del mio ritorno".

Da Udine, con temperature sotto zero, c'era un giovane-vecchio, già un signor Luca, che cantava ubriaco "Con un bicchier di Grappin, solo un  bicchiere di Grappin, io sto bene notte e dì". Un passante fermandosi gli dice "Ma lei non era l'allenatore dell'Udinese?", Luca lo guarda e dice "Allenatore? Io allenatore? Ahahahahaha. Ricordo solo un aneddoto, mentre tutti festeggiavano io mi facevo un bel bicchierin di Grappin, proprio un buon Grappin!". Poi ripensandoci si ferma "Ehi, io ero allenatore?", "Certo che si" rispose il passante, che ricordava come quella squadra, l'Udinese, stava tornando, anche grazie al tecnico, una squadra di buon livello. Così questi l'ascoltò per quasi un ora e poi rispose "Ok, sono stato un allenatore, è vero, ma oggi che il campo non mi cerca più, sento un richiamo più forte..." e il passante "E quale?", la risposta fù questa "Un bel Grappin!".

E infine ecco che la tratta Udine-Verona porta a casa di una cuoco, già Ivan, che si dilettava in un veronese "Quando se tribulava, se tribulava", era intento dietro ai fornelli, intento a fare la polenta, che no, non utilizzava per mangiarla, ma per disegnare i personaggi della sua squadra, una volta terminato il tutto, si sedeva al tavolo e ripeteva "Zaccagni, devi stare fermo lì, dietro le punte, non sulle punte, dietro. Di Marco scendi sulla fascia, Lasagna....come si può avere un cognome così, a me fa venire fame solo a nominarlo", nel frattempo dalla casa accanto in dialetto veneziano "Ma te vien dal Dòeo?", che è una frse che è rivolta alla città vicina a Venezia, di nome Dolo, dove si dica che quest'ultimi siano dormienti, cosa poi non proprio vera. 

E già, cosa sarebbe il mondo senza il calcio, per gli appassionati sarebbe come un rinunciare alla cosa più divertente, a quel passatempo che stacca dalla vita tra lavoro e casa, dietro solamente alla famiglia, ai figli e agli affetti più cari.
Cosa sarebbe il mondo senza calcio? Forse peggiore, forse no, ma al solo pensiero ci sentiremmo come una di queste storielle simpatiche o  meno che abbiamo letto...
Bèh papà, se devo dirla tutta, spero che il calcio non finisca mai, perchè il solo pensiero di veder questi allenatori divenire così, mi intristisce, ma soprattutto Frate Pioli sarebbe forte da incontrare. Grazie papà, alla prossima storia... 
E di che figlio mio, basta che la prossima sia o di sabato o di domenica, e soprattutto in un giorno di riposo.