L’uomo è per natura un animale sociale”. Questo affermava Aristotele, uno dei più grandi pensatori della storia della filosofia, vissuto nel IV secolo avanti Cristo. Gli esseri umani dispongono delle relazioni interpersonali nella loro essenza. E’ inutile negarlo. Senza rapporti tra gli individui non esiste vita degna di quel nome. Senza il contatto con l’altro, nulla ha più senso. Gli scambi di opinioni e di emozioni con un amico, con un conoscente o persino con un individuo che non si aveva mai visto rappresentano una situazione essenziale nella nostra realtà. Non è soltanto una forma di arricchimento, ma una necessità assoluta che l’uomo manifesta in quanto tale. Se viene impedita questa possibilità significa limitare in maniera palesemente innaturale le nostre capacità.

Il giornalista Jean Charles Harvey, vissuto tra il 1891 e il 1967, è ancora più diretto: “Essere uomo non è tutto: bisogna essere socievole”. Abbiamo necessità dell’altro. Senza il resto della società non siamo completi. La realtà è un sistema complesso e gli individui hanno esigenza dei loro simili per potersi realizzare, per trasformare la potenza in atto. Questo è sicuramente un aspetto magnifico della nostra vita. L’unione pacifica tra i singoli è un meraviglioso modo di interpretare l’esistenza. Immaginate quanto sia suprema la collaborazione umana per originare la realtà. Pensandoci bene, la vita stessa nasce dal rapporto con l’altro. E’ frutto, infatti, dell’amore tra 2 individui. Questo a dimostrazione ancora più nitida dell’importanza dei legami interpersonali e della spinta che la natura propone nei loro confronti. Il creato ci vuole uniti. Questa è la vita.

Il virus è riuscito a distruggere anche grande parte di tale essenza umana. L’essere immondo penetrato nelle nostre esistenze è stato in grado di ridurla a un nulla quasi totale. Ci sta distruggendo sotto ogni punto di vista. Non soddisfatto di colpire il corpo, si sta accanendo pure all’animo. Non dobbiamo lasciarlo trionfare e ci stiamo provando. Oddio, non avevamo iniziato granché bene. I balli sui balconi, gli hashtag, i cartelli con su scritto “Andrà tutto bene” attaccati alle case erano una maniera di esorcizzare la paura che sinceramente non mi pareva raggiungere lo scopo voluto. Si tratta chiaramente di una percezione personale che come tale può non essere condivisa. Mi apparivano tentativi che, forse, potevano funzionare per convincere un bambino a cui manca l’esperienza per analizzare nel concreto la situazione. Un adulto necessita di un sostegno diverso. Abbisogna della voce di un esperto che gli spieghi accuratamente la situazione e che gli motivi con un messaggio di speranza l’esigenza per cui gli sono chiesti sacrifici che ledono la sua natura e la sua libertà. Penso che questo non sia mai giunto o comunque sia stato troppo tardivo. Ripeto, la mia non vuole essere una battaglia contro la scienza. Tutt’altro. Non mi stancherò mai di sostenere che questa disciplina è fondamentale perché con le sue geniali scoperte è salvifica. Questa volta mi ha deluso. Può capitare. Non sto affermando che vi siano sicuramente colpe nella mancanza di soluzioni chimiche al problema. Non ho le competenze per sostenerlo. Non a caso parlo di rammarico personale e non di errori.
La soluzione del distanziamento sociale è certamente corretta e sacrosanta ma, suvvia, dal progresso ci si sarebbe legittimamente attesi qualcosa di diverso. Non è stato possibile. Almeno, allora, si sarebbe gradita una comunicazione più rassicurante da parte del mondo scientifico e più attenta a tutte le esigenze umane.
A mio parere, non è stato così.
L’ultima dimostrazione giunge dal professor Rezza e dalla sua uscita “infelice” in conferenza stampa relativamente al mondo del calcio. Posso affermare di concordare pienamente con l’opinione del direttore Agresti al quale vi rimando in una delle sue classiche pagelle. E’ anche vero che il dottore sembra aver intuito il valore e l’interesse che l’Italia ha per il pallone e con il trascorrere del tempo ha modificato le parole nei suoi riguardi. Di questo gli occorre rendere merito. Siccome si parla spesso di possibilità di apprendimento e anche di miglioramento di certe situazioni dopo il covid-19, forse, sarebbe il caso che si valutasse l’opportunità di un percorso ancora maggiormente legato anche alla psicologia e alla comunicazione durante la formazione di tali figure professionali. In questo caso la situazione emerge chiaramente, ma può rivedersi anche negli istanti di vita quotidiana. La mentalità scientifica porta forzatamente a rigore e disciplina, ma ciò non può considerarsi in contraddizione con la considerazione delle diverse esigenze.

La vita è una sola. Essendo credente la vedo come un dono divino e un passaggio della nostra esistenza che non deve essere sprecato, ma volto a un risultato finale fondamentale perché lungo tutto il corso dell’eternità. Non penso che Dio voglia perdere nemmeno una delle sue creature e farà di tutto per salvare chiunque. Dopo la morte non ci sarà un giudizio nudo e crudo, ma un’opera di redenzione mirata alla vittoria di ogni essere umano. In tale ottica non occorre vedere l’aldilà come la fine, ma un nuovo inizio e una gioia infinita. Per arrivarvi, però, è necessario godersi tale stupendo viaggio terreno che è fatto di gioie e dolori. E’ costellato di sentimenti e passioni. Non è un encefalogramma piatto, altrimenti significherebbe morte anticipata. Uccisione non del corpo, ma dell’anima. Questa è chiaramente una visione personale che può trovare tante eccezioni tutte accoglibili. Nella prospettiva descritta la vita ha un valore fondamentale. L’esistenza di qualsiasi individuo è primaria e deve essere salvata. Non può venire sperperata in alcun modo. E’ obbligatorio tutelarla sino allo strenuo delle forze.

Una simile ottica apre a una miriade di riflessioni.
Innanzitutto, qualsiasi persona ha il medesimo valore. Mi pare che in questa Community si sia già affrontato il tema. Non esistono decessi di serie A o di B. Il mio pensiero corre, per esempio, alla guerra araba. Questo è solo un esempio perché stragi nascoste sono protagoniste in ogni parte del globo. E’ naturale che il mondo risenta principalmente dell’attuale pandemia e che chi non supera il covid-19 abbia un’attenzione mediatica diversa. I motivi sono piuttosto banali.
Primariamente la causa è geografica. Certe situazioni sono chiuse in un determinato luogo quindi hanno maggior risalto in quella località. E’ chiaro che un terremoto farà grande scalpore per chi lo vive. Risulterà più difficile, invece, percepire la sofferenza in chi non è soggetto all’evento. Non ci si nasconda dietro la retorica. Purtroppo, è così. Non dico che sia giusto o sbagliato perché come sempre mi esimo dai giudizi di valore, ma mi pare sia la realtà.
Il virus ci ha colpiti tutti in egual misura. Ci sentiamo falcidiati e dobbiamo sopportare enormi sacrifici per sconfiggerlo. Lo sgradito ospite ha innegabilmente bersagliato l’intera società senza distinzione di classe. Davanti a questa malattia siamo uguali e non esiste veramente alcuna differenza di reddito o di altro genere. Il SarsCov2 non guarda le professioni o i conti correnti. E’ completamente cieco e non è programmato dalla natura per ferire qualcuno, ma l’intera popolazione. Non si dimentichi, inoltre, la durata. Un attacco terroristico, enorme tragedia, ha un inizio e una fine assolutamente limitate nel tempo. La ricostruzione riparte immediatamente. Questo terribile virus è molto peggiore, perché non lascia scampo e si resta in apnea per mesi. E’ ormai da gennaio che opprime il mondo. Se si pensa a quello che sta accadendo e si valutano anche solo i freddi numeri, ci si rende conto che qualcosa di così grave è fortunatamente un evento molto raro. Siamo di fronte alla storia e siamo in uno dei periodi più tremendi per l’umanità. La speranza è che questo trauma ci insegni in futuro a porci diversamente di fronte alle terribili notizie che ci giungeranno da altre zone della terra e magari a fornirvi maggiore attenzione.

Questa, però, è soltanto la prima esigenza.
La scienza ha giustamente fermato il mondo perché è l’unica arma di cui dispone per fronteggiare il virus. Ho già spiegato che penso che abbia sbagliato il modo di comunicarlo in quanto avrebbe potuto farlo con maggiore tatto, chiarezza nei modi e tempi, umiltà, attenzione alle esigenze altrui e messaggi di fondata, rassicurante, speranza. Detto questo, non si aveva altra scelta e pure chi ha provato a fronteggiare l’emergenza diversamente dalle linee guida della nota disciplina, poi, è tornato sui suoi passi. La differenza è ormai solo nel rigore delle misure adottate. In Italia, è certamente molto elevato. Ora si pensi seriamente cosa significhi vivere questo momento.
Siamo chiusi in casa. Barricati senza possibilità di movimento. E’ stata fatta una battaglia persino per potere espletare necessità sane della vita. Mi riferisco, per esempio, alla lotta ai runner. Normalmente ci verrebbe consigliato di svolgere attività fisica. Adesso è pressoché impossibile se non si gode di uno spazio privato sufficiente per effettuarla restando entro gli stretti confini dei regolamenti.
Si badi all’idea di non potere andare a trovare i nostri cari. Mi sovvengono alla mente i genitori o i parenti nelle Rsa, ma anche le persone nei nosocomi oppure semplicemente in casa. I nonni che non possono vedere i nipoti e questo, purtroppo, ha portato pure a un suicidio.
Tutto ciò non è sano e non può passare in sordina. Non si morirà di fame. E’ vero. Forse non tutti, ma qualcuno alla fine di questa tragedia ne inizierà una nuova, perché non avrà di che campare. Sfortunatamente non esiste soltanto la punta dell’iceberg al quale lo Stato può fare fronte, ma vive pure una massa nascosta di persone che non per scelta propria si trova già in stato di povertà e che probabilmente subirà il colpo definitivo del k.o.
L’economia non è importante in sé e per sé, ma è fondamentale perché, che lo si voglia o no, guida il mondo attuale e sfama i popoli. Questo è indipendente da un giudizio di valori. Si potrà cambiare la realtà? Il covid-19 contribuirà a modificarla? Sicuramente vi saranno variazioni nella specie umana, ma non posso garantire che siano così importanti. Anzi, sono praticamente certo che il sistema si evolverà, ma non nella sua essenza. La natura resterà la medesima e il denaro continuerà, purtroppo o per fortuna a seconda dei punti di vista, a essere un bene essenziale. Personalmente spererei che non fosse così, ma penso che mi dovrò arrendere alla realtà. Chi lavora come proprietario o dipendente in un ristorante, un bar o un negozio da parrucchiera cosa pensa della situazione attuale? E’ preoccupato? Beh, immagino proprio di sì. E come dargli torto. Molti di questi esercizi commerciali sono allo stremo delle loro forze. Per esemplificare basti pensare alla questione delle locazioni. Alcuni affittuari hanno “condonato” questi mesi, altri no. Gli aiuti erogati dalla politica sono di certo importanti e questa si starà impegnando al massimo, ma fermare l’emorragia è quasi impossibile. Vi sembra normale inoltre che la tecnologia, prima dai tanti bandita come arma demoniaca, sia divenuta improvvisamente l’angelo che consente alle persone di mantenere vivi i rapporti sociali? Spero almeno che questo possa essere un modo per potenziare e migliorare l’utilizzo di tali strumenti che sinceramente ho sempre guardato di buon grado. Nel 2020 internet e il web, per esempio, dovrebbero essere un bene primario. Il mondo si evolve e forse il coronavirus ha sbattuto in faccia la realtà. Ora, però, gli eccessi stonano e non sono mai positivi. L’armamentario che lo sviluppo ci pone tra le mani deve essere gestito e non può sostituire gli scambi interpersonali. Suvvia, la natura chiama e l’uomo deve rispondere. Un bacio non potrà mai essere schermato da un monitor di un telefonino o di un computer e lo stesso vale per un abbraccio. A volte questa gestualità è più valida di un mare di parole e gli strumenti del progresso non sono in grado di surrogarla o lentamente si spegne la vita cancellandone la sua natura. “L’uomo è per natura un animale sociale”. Valeva 2300 anni fa ed è ancora così. L’essenza è immutabile.

Le persone hanno bisogno di tornare lentamente alla loro normalità altrimenti il rischio è quello di complicare una situazione già tragica a causa del SarsCov2. Per carità, un periodo di chiusura è sacrosanto e occorre reggerlo. Punto. Se si dilunga troppo, però, si incontra il pericolo di creare l’effetto contrario. Qualsiasi situazione ripetuta eccessivamente può divenire ossessiva e nascondere dietro di sé problematiche immani. Si deve pensare, in tempistiche che non sono io a dover stabilire ma piuttosto brevi, a un ritorno alla vita. Come affermato dagli esperti, occorrerà essere posti nella condizione di convivere con il virus e la società civile dovrà essere brava a rispettare disciplinatamente le regole al fine di ridurre al minimo un pericolo che esisterà sempre. Fintanto che non vi sarà un vaccino, l’idea di scongiurarlo totalmente è utopistica. Occorre essere franchi.

Certamente è necessario risolvere i problemi gradualmente partendo da quelli più impellenti, ma dimenticarsi di tutti gli altri potrebbe risultare un errore madornale perché tali problematiche rischierebbero di piombare addosso come un male inatteso. Spero che l’uomo possa apprendere pure “questa lezione”. Forse, il coronavirus è stato sottovalutato anche perché le nostre menti erano così piene di dilemmi da non riuscire a fermarsi un attimo e riflettere su una situazione che invece era palesemente complessa. Ammetto che pure io mi sentivo molto sicuro e mai avrei pensato che si potesse raggiungere una simile catastrofe. Perché non si sono recepiti i segnali di allarme che comunque giungevano da una parte del mondo della scienza? L’esempio cinese era piuttosto lampante. Sono state chiuse intere città. Il lockdown di uno dei Paesi più laboriosi e attivi del globo terracqueo è risultato mostruoso e persino più forte di quello che stiamo vivendo. Se hanno reagito così significa che il nemico era davvero potente ed efficace. Quando vi sono stati i primi casi in Europa, anche se provenienti dalle zone precedentemente colpite, non si poteva proprio immaginare che la malattia si espandesse in maniera esponenziale e che vi potessero essere contagi? Non sono io a poter giudicare ma, da profano assoluto, forse un campanello d’allarme dal suono più intenso avrebbe potuto manifestarsi. Ora ci siamo dentro. Esiste, però, lo spiraglio di uscita ed è viva la necessità di considerare anche le altre esigenze onde evitare di ritrovarci un giorno all’improvviso nel bel mezzo del guado come quell’ormai tristemente celebre venerdì di qualche mese fa. Ascoltare tutto e tutti è possibile. La società ha infinite orecchie e l’essere umano ha tante potenzialità. Le si sfruttino. Non ci si concentri soltanto su un problema, ma si faccia il massimo per costruire il brainstorming che porta sempre a soluzioni più azzeccate perché frutto della condivisione dei pareri e delle capacità dei molti. L’unidirezionalità non è mai vincente.

La speranza è che davvero si possa giungere presto alla fine di questo incubo. Pur non avendo una storia di vita così semplice, posso garantirvi che è di certo il periodo peggiore della mia esistenza perché regnano l’angoscia e la paura. Penso che sia così per molti. Il terrore che la malattia possa colpire noi stessi o qualcuno vicino, ma anche l’incertezza di cosa riserverà il futuro sotto ogni punto di vista. L’idea di doversi reinventare nei rapporti sociali e anche nelle questioni più banali della vita quotidiana. Tutto questo non è paragonabile alla morte corporale, ma non può essere sottovalutato perché genera grossi turbamenti nell’animo. Riporto un esempio semplice. Visto che questa Community è normalmente legata al calcio, anche se adesso ci viene fornita la magnifica opportunità di spaziare tra più argomenti, mi rivolgo a tale sport. Avete mai pensato a come potrà essere il pallone del futuro? Sicuramente il professionismo tornerà anche piuttosto presto. Al massimo è questione di mesi. Ma come sarà? Per quanto assisteremo a gare a porte chiuse? Che effetto farà? E i dilettanti? Come reagirà tale settore che è il cuore pulsante del movimento? Gli amatori? Torneranno le sfide tra le borgate?
Tutto questo è soltanto una parte del domani che ci aspetta e magari, per molti che non sono del mestiere, non sarà sicuramente la più importante. Le stesse domande, però, potrebbero essere traslate su altre attività che risulteranno invece fondamentali per altri individui. Si torna sempre al medesimo concetto. Tutte le esigenze hanno un valore particolare, basta modificare il punto di osservazione.