• Gli Spettri
Le confuse ombre verdastre mi studiano ormai da lunghi minuti anche se mi sembra che sia passata un'eternità. Non ho ancora capito cosa intendeva dire l'unico che mi aveva parlato. Mi ha detto: "Vedo che ti sei avventurato nel sentiero degli spettri." Ho un sacco di cose che mi frullano in testa e molte domande da fare ma so che se cominciassi a parlare non mi fermerei più, così sto zitto e studio a mia volta quegli strani esseri. Finalmente il silenzio che si stava infittendo quasi come una nebbia viene spezzato da una creatura: "Ma tu non sei morto". Mi guarda come se non avesse mai visto un normale ragazzino del ventunesimo secolo... e forse non lo aveva mai realmente visto! " Perché dovrei essere morto?" Chiedo con tono di sfida alzando il mento e cercando di nascondere al meglio la paura che si cela dentro di me. "Non lo so" mi dice quello. "Non vedevo un vivo da mooolto tempo". Io lo guardo con sguardo interrogativo e chiedo: "Perché voi non siete vivi? Insomma mi state parlando, vi vedo, non potete essere... dei fantasmi... giusto?" Tutto ad un tratto mi appare più chiaro: le divise militari stracciate, il colorito verdognolo, le facce da moribondi e le strane domande... quelli sono degli spettri! • Le Prime Parole con i Morti "Vieni ragazzo, come ti chiami?" Mi chiede con un tono di voce quasi paterno una creatura. " Mi chiamo Mauro". Rispondo un po' più a mio agio. "Bene Mauro, ora tu sarai spaventato credo, anche se fai di tutto per nasconderlo. Devi sapere però che posso leggere le tue emozioni soltanto guardandoti in volto." Io rimango sconcertato da questa ultima affermazione... insomma, ho appena avuto conferma che mi trovo davanti a dei veri e propri spettri! La paura inizia ad invadermi il corpo prendendo il posto del sangue, sudo freddo come se avessi la febbre. "Non hai nulla da temere ragazzo" mi dice il fantasma. Ha una faccia alquanto divertita... se gli spiriti possono essere divertiti. "Noi non possiamo torcere un capello ai vivi, vedi siamo fatti di aria e null'altro. Siamo delle ombre, delle brutte repliche di quello che eravamo un tempo". Detto ciò mi si avvicina e come se non esistessi mi passa attraverso lo stomaco. È una sensazione che non consiglio a nessuno, neanche al mio peggior nemico. Mi si comprimono gli organi interni provocandomi un conato di vomito e facendomi cadere carponi sul duro pavimento di terra battuta sbucciandomi i gomiti. "Be' se non altro qualcosa potete fare ai vivi no?" Chiedo alzandomi piano e guardando con più attenzione gli altri spiriti. Tutto ad un tratto mi sembrano però inoffensivi, incapaci di fare qualsiasi cosa se non parlare. Mi siedo su un sasso poco distante da me e aspetto che i giramenti di testa passino. Poi chiedo: "Ma perché siete qui? Insomma non dovreste essere tipo in paradiso o cose così?"
Una Strana Chiacchierata
"Dovremmo essere lì sì" disse uno di loro indicando con un dito scheletrico verso l'alto. "Ma sai" prosegue. "Noi siamo morti durante la guerra, soldati italiani andati all'assalto di queste roccaforti e lasciati senza una degna sepoltura. Questo ci ha condannati a girovagare per questi posti per l'eternità." Gli altri annuirono piano con aria triste e infinitamente stanca. "Solo noi diventiamo spiriti o fantasmi come ci chiamano i vivi". Io ascolto senza parlare e li faccio proseguire. Hanno un sacco di cose da dirmi ed a volte sto per appisolarmi sulle dure roccie. Mi narrano di gloriose battaglie e della dura vita del soldato in trincea. Alla fine mi raccontano di un fatto molto particolare: una partita di calcio durante il giorno di Natale: "Era l'inverno del 1915 ed era il più freddo che si ricordasse" comincia uno. "Ad un certo punto, alla vigilia di Natale le cannonate cessarono e noi iniziammo a chiederci il perché. Gli austriaci non sparavano più ed allora anche noi cessano il fuoco e qualunque ostilità. La tregua durò tre giorni durante i quali si festeggiava, si rideva, si scherzava come se fossimo realmente a casa. Come se stessimo al paese insieme alla nostra famiglia, alla fiera o al mercato. L'ultimo giorno di tregua, ossia il giorno dopo Natale qualcuno fece una palla di stracci e la buttò su di un poggio pianeggiante dietro la prima linea. Subito alcuni soldati poi giovani iniziarono a giocare tra di loro ma piano piano iniziammo a schierarci in vere e proprie squadre ciascuna con la rispettiva tifoseria. Da lì venne fuori una partita bellissima, fatta di gol, risate e sportività. Era bello il calcio!" Concluse con aria sognante. "Adesso è ancora così?" Mi chiedevo una breve pausa. "Cosa?" Ribatto senza capire a cosa alludesse. "Il calcio intendo, è ancora come te lo ho descritto?". Io non so cosa rispondere e alla fine per non deluderlo annuisco piano.
Luce...
Finalmente! Segue una lunga pausa di silenzio imbarazzante simile a quelli che scende quando vai a trovare una vecchia zia e non sai cosa dire... Ad un certo punto mi alzo scatto: mi sono completamente dimenticato di essere via da almeno un ora! Saluto frettolosamente gli spettri dando delle spiegazioni esigue e li saluto in tutta fretta: devo assolutamente tornare da mia mamma e dai miei fratelli. Appena esco scopro che loro sono ancora lì, sulla panchina a sonnecchiare. Io esco dal bunker alquanto sbalordito. "Gia tornato?" Mi chiede mia madre vedendomi arrivare. "Sì. Non c'era nulla di interessante" rispondo cercando di sembrare disinvolto. "Ma quanto tempo è passato? Così per curiosità?" Chiedo infine. "Non sei entrato da neanche due minuti" risponde mia mamma. Io sono sbalordito mi era sembrato di stare in quella macabra compagnia per ore! Un raggio di sole trafigge la nuvola che gli stava davanti e solo allora mi accorgo di quanto mi è mancata la luce. La cima del monte è illuminata dal dorato bagliore del sole mentre noi vi avviamo verso la macchina.
Posso assolutamente dire che è stata una giornata alquanto strana.