All’inizio dell’ondata epidemica del Covid 19 nel nostro Paese, nel constatare lo stato di isolamento in cui l’Italia si trovava nel contesto Europeo, mi sono lasciato trascinare dai sentimenti patriottici e ho redatto un articolo in cui rivendicavo l’orgoglio di essere italiano. In quella sede, pur accennando, in modo estremamente sommario ai nostri difetti, rimarcavo le caratteristiche, etniche, storiche e culturali dello Stivale, che resta un Paese, meravigliosamente unico nel panorama mondiale.

Ora, a distanza di diverse settimane, non posso non rilevare che alla genialità sempre presente (basti ricordare il prestigio di taluni scienziati italiani, che dirigono o lavorano in prestigiosi laboratori di ricerca mondiali o l’idea e la realizzazione di trasformare le maschere da snorkeling in respiratori polmonari) si sono palesate tutte le nostre solite carenze sotto il profilo sociale e politico, al punto tale da farmi tornare in mente gli anni ‘80 dello scorso secolo, epoca in cui in Italia fu coniata, per la politica, la locuzione della “corte dei nani e ballerine”. L’espressione, frutto di una brillante intuizione di un esponente di rilievo dell’allora Partito Socialista Italiano, il Ministro Formica, veniva utilizzata dallo stesso Ministro per etichettare l’ambiente umano e politico del suo partito, in particolare, ma la stessa espressione era estensibile anche alla politica in generale.

Occorre subito precisare che la citata definizione alludeva al clima culturale, godereccio e cortigiano, che accompagnava il c.d. circo della politica nostrana. Ora, è di immediata evidenza che questo periodo non ha nulla di particolarmente gaudente (ahimè), ma il sottobosco attuale del mondo politico ha mantenuto ben saldi gli altri due aggettivi (“culturale” e cortigiano) del clima di quel periodo.

All’epoca, il mondo della politica era infarcito di personaggi di varia estrazione: attori, cantanti, soubrettes, giornalisti, presentatori televisivi, etc., che hanno peraltro continuato ad imperversare sino ai giorni nostri. Oggi, con l’avvento del Coronavirus, l’humus politico conosce il volto di nuovi personaggi, prima sconosciuti ma che, anche nel contesto attuale, si appalesano sostanzialmente con le stesse modalità (costanti comparsate televisive su ogni emittente, televisiva o radiofonica nazionale o locale). Le frequentazioni mediatiche sono assidue, direi quotidiane, che viene spontaneo chiedersi: ma gli esperti trovano il tempo per studiare e lavorare nei laboratori di ricerca, dove si assume dovrebbero essere?

Mi riferisco al popolo degli infettivologi, epidemiologi, virologi, immunologi, etc. (di seguito per brevità definiti “esperti”) che, in questo periodo, sono riusciti ad affermare tutto e il contrario di tutto, contribuendo ad alimentare il clima di incertezza e confusione il cui versa il Paese, già di per sé disorientato dal fatto di avere sul territorio 21 servizi sanitari, l’uno diverso dall’altro.

Gli esperti in questione, quando non sono impegnati ad apparire su qualche emittente o a rilasciare interviste sui quotidiani, rivestono frequentemente l’incarico di consulenti del Ministero della Salute e/o dei Governatori delle Regioni e/o sono membri dei numerosissimi Comitati Tecnico Scientifici, istituiti a livello nazionale e locale. Gli esperti contribuiscono così a sfornare una pletora di indicazioni, suggerimenti, consigli, in cui spesso – stante la dinamica degli eventi - il denominatore comune è autocensurare quanto affermato dagli stessi sino a qualche giorno prima o contraddire e bollare come fake news le eventuali voci fuori dal coro.

Gli esempi non mancano:
- Nessuna epidemia in Italia. Solo sporadici focolai sotto controllo.
Sino a fine febbraio, fioccavano interviste di esperti, che assicuravano sull’inesistenza di una possibile evoluzione epidemica in Italia. I commenti erano del seguente tenore: “In Italia nessuna epidemia. Focolai simili senza conseguenze in Inghilterra, Germania e Francia”; "In Italia non c’è un’epidemia. E non lo dico per rassicurare le persone in maniera banale, ma perché ci sono costrutti scientifici a dimostrarlo"; In Italia nessuna epidemia, solo due focolai epidemici (Codogno in Lombardia e Vo’Euganeo in Veneto)”.

A meno di due mesi dalle citate dichiarazioni, i numeri riguardanti l’epidemia in Italia (nel frattempo trasformatasi in pandemia mondiale) sono talmente impressionanti ed auto esemplificativi, che non meritano alcun tipo di ulteriore commento.

- Covid 19 come l’influenza stagionale o poco più
Identicamente, gli esperti sottovalutavano la virulenza del Covid-19, con la classifica sufficienza di coloro, che dissertano su aspetti sconosciuti ai più, per cui sanno che possono esternare a ruota libera e sono costretti a tradurre al popolo concetti scientifici. In proposito, si ascoltavano e leggevano commenti sul fatto che il Covid-19 fosse da paragonarsi ad una comune influenza stagionale, solo leggermente più contagiosa”. Addirittura ci furono coloro che si spinsero oltre, affermando che l’influenza stagionale era decisamente più preoccupante del Covid-19, con dichiarazioni del seguente tipo “In Europa, e in Italia in particolare, «non c’è un’epidemia da coronavirus ma da influenza. Bisogna preoccuparsi più di quella».

Abbiamo poi tutti scoperto che il Covid 2019 è dieci volte più letale dell’influenza.

- Le mascherine: no, sì, non so
Evitiamo di addentrarci nell’ambito delle mascherine, che devono essere obbligatoriamente indossate dal personale sanitario (almeno FFP2 e preferibilmente FFP3) e restringiamo quindi l’indagine alle c.d. mascherine chirurgiche nonché alle varie realizzazioni, che ne sono seguite (in stoffa, simil-stoffa, riutilizzabili, lavabili, etc.).
Ebbene, l’indirizzo degli esperti era all’inizio dell’epidemia molto chiaro “si raccomanda di indossare una mascherina solo se si sospetta di aver contratto il nuovo coronavirus, se sono presenti sintomi quali tosse o starnuti, o se ci si sta prendendo cura di una persona con sospetta infezione da nuovo coronavirus perché ha effettuato un viaggio recente in Cina e presenta sintomi respiratori”. Durante il corso dell’epidemia, gli esperti hanno quindi modificato leggermente il tiro La mascherina può limitare la diffusione del virus, ma deve essere adottata in aggiunta ad altre misure di igiene quali il lavaggio accurato delle mani”. Infine, si è giunti alla conclusione che, quando ci sarà l’agognata fine dell’isolamento, “sarà obbligatorio l’utilizzo della mascherina”.

  1. il presente pezzo riservato agli esperti, tralascio gli orientamenti diffusi da qualche Regione circa il fatto che, in assenza di mascherine (!?), sarà necessario coprirsi il volto con sciarpe, foulard o bardature varie.

 - Distanziamento sociale: 1 metro, no almeno 1,82; meglio 3 o forse 10, magari 20
In merito al distanziamento sociale, le indicazioni degli esperti al Ministero della Salute sono state all’inizio molto chiare e si traducevano nel diktat “Occorre mantenere la distanza di almeno un metro fra le persone”. Successivamente, è stato corretto il tiro “sarebbe preferibile almeno un metro e mezzo. Quindi “La sicurezza del distanziamento si attesta ad un metro ed ottantadue centimetri (!!??)”

A questo punto, restare quindi a due metri di distanza dovrebbe assicurare una distanza di sicurezza congrua. Ed invece, in alcuni casi, potrebbe non essere ancora sufficiente, in quanto gli esperti chiariscono “il rischio di contagiare chi fa jogging o va in bici è molto più elevato e quindi il consiglio è di mantenere una distanza di almeno quattro-cinque metri in caso di camminata, dieci metri se si corre o si pedala lentamente e venti metri se si pedala velocemente”.

E qui mi fermo ma potrei tranquillamente continuare.

Ciò che mi appare più sconcertante non è solo la varietà degli interventi degli esperti, in quanto il tutto troverebbe una ovvia giustificazione nel fatto, che siamo in presenza di un virus sconosciuto ma la sicumera con la quale gli esperti manifestano il proprio pensiero. La lingua italiana, per quanto complessa e complicata, offre però la possibilità di esprimersi utilizzando il condizionale ed il congiuntivo. Sembra che gli esperti conoscano solo l’indicativo, ma posso anche comprenderli, tanto ormai lo stesso soggetto può affermare tutto ed il contrario di tutto, per cui perché formulare affermazioni ipotetiche se poi posso tranquillamente smentirmi (senza citare che trattasi di smentita) il giorno dopo?

Non so per quanto tempo dovremo convivere con il Covid-19, ma ho motivo sin da ora di ritenere che qualche esperto resterà comunque sulla ribalta mediatica, magari come candidato di un partito o come “poltronista” di ruoli o incarichi ministeriali, contribuendo così a rinnovare la fauna della corte dei nani e ballerine degli anni ‘80.