La tragedia che ha colpito l'umanità ha assunto ormai dimensioni di grande rilevanza. I contagiati si contano in una scala di valori che, fino ad ora, oltrepassa abbondantemente il milione di persone colpite in ogni territorio del pianeta.
Sono valori spaventosi rapportati alle più gravi tragedie bibliche che hanno funestato in passato il genere umano. Se ne parlerà in futuro citando testimonianze registrate sui testi della nostra storia.

Un evento così funesto mi induce a riflettere più del solito considerando, ad esempio, che vale la pena soffermarmi a guardare con maggiore attenzione alcune cose, solitamente ignorate più per la distrazione e il disinteresse che per ulteriori ragioni, assorbito come lo siamo tutti dai problemi che accompagnano il nostro “modus vivendi” quotidiano. Il nostro pensiero infatti è dedicato a risolvere principalmente gli impegni più impellenti, gli oneri di sempre: le scadenze, i pagamenti, le tasse, le ricette da ritirare dal proprio medico di famiglia e quant'altro bisogna disbrigare giornalmente per affrontare la quotidianità. Spesso non ci accorgiamo del micro mondo che ci circonda da vicino e che viene da noi ignorato, quando invece sarebbe più giusto che fosse osservato con maggiore interesse. Ma questo è sempre stato il nostro vivere abituale, fatto di azioni eseguite più o meno a memoria e poche volte ponderate chiedendoci il perchè dello scorrere della vita stessa, e se il nostro pensiero agendo in bene, sia in grado di tradurre le nostre azioni con serena coscienza.

Una di queste riflessioni nasce dal fatto che, ad esempio, una mattina di una decina di giorni orsono quando un caldo sole primaverile inondando l'ampio spazio del mio terrazzo, mi invitava ad uscire per respirare un po' d'aria fresca mattutina. Era da tempo che non respiravo così bene a pieni polmoni, sentivo che l'aria era più leggera, più pulita, evidentemente per effetto della circolazione dei mezzi stradali notevolmente ridotta. Provavo una strana sensazione dentro di me, come se le siepi e tutto il verde lussureggiante del mio giardino pensile mi avessero felicemente catturato per esprimermi le loro sensazioni. La vegetazione inumidita dalla rugiada notturna e ormai già in avanzata crescita, mi trasmetteva a suo modo un vago flusso di tranquillità, risollevandomi improvvisamente dai pensieri in cui ero assorto. In quel particolare frangente mi sentivo stranamente libero, quasi depurato dalle scorie negative accumulate in parecchi giorni vissuti in modo assai angoscioso. Tutto ciò, in maniera bizzarra, mi dava una sensazione di gioia contenuta, di vaga serenità, una sensazione comunque che non saprei ben definire, ma tuttavia di effimero appagamento spirituale.

Notavo la forsizia esprimere tutta la sua rigogliosità, mostrando la colorazione di un giallo carico della sua infiorescenza che tra qualche giorno avrebbe mutato il suo aspetto per assumere il colore verde abituale. E poi la camelia, che mostrando il colore rosso vivo dei suoi fiori, esprimeva un tono cromatico in contrasto con la colorazione verde scuro delle sue foglie. Notavo con soddisfazione anche il risveglio di alcuni rampicanti come il gelsomino dal fiore bianco candido molto profumato e i teneri virgulti del caprifoglio in avanzato stato di crescita floreale comunicandomi la gioia del loro mondo limpido e puro, ma non inquinato e corrotto come invece lo è quello umano. In ultimo osservavo anche i due arbusti di bignonia che, risvegliandosi dopo un lungo letargo invernale, avrebbero dato vita, in poche settimane, a una futura esplosione di fiori a campanula tinteggiati di giallo e arancione e sollecitando la mia attenzione per ammirare tutta la loro vividezza.

Guardavo loro e criticavo me stesso, dicendomi che avrei dovuto imparare ad assumere nel mio pensiero l'atteggiamento filosofico del mondo botanico per vivere meglio, con più serenità e con meno angoscia...

Ho avuto anche la piacevole sorpresa di notare la timida presenza di un paio di farfalle, forse attirate dal profumo della menta e dal piacevole olezzo del gelsomino, oltre che dal contrasto cromatico di tutto l'insieme dell'ambiente. La loro sparuta presenza, comunque, era certamente sollecitata dalla soleggiata giornata di un avanzato clima primaverile, ma la sorpresa più grande e inattesa è stata quella di aver scoperto un nido di volatili tra i folti cespugli di oleandro. Alquanto incuriosito mi sono avvicinato con estrema cautela, accertandomi di cosa si trattasse.
Il nido, abilmente edificato, mi ha suscitato un discreto stupore poichè oltre ad essere una cosa inusuale, al contempo si è rivelata pure un'improvvisa presenza gradita. Allungando lo sguardo non mi è stato difficile intravedere il contenuto del nido, poiché lo stesso si trovava situato in una posizione piuttosto medio-bassa e comoda alla vista, riparato dal parapetto del muro perimetrale di cinta, tra la folta vegetazione degli arbusti. Ho capito in quell'istante che non sarebbe stato opportuno avvicinarmi oltre, avrei profanato una dimora soggetta alla ferrea legge del mondo animale esercitata contro l'intrusione di presenze estranee, compromettendo l'incolumità vitale del contenuto medesimo.
Spinto da un sentimento di curiosità misto a una carica emotiva naturale, mi sono precipitato con passo affrettato in casa andando subito nello studio per rovistare nei cassetti, sicuro di trovare il binocolo di mio padre che egli usò durante la seconda guerra mondiale e che io ho sempre gelosamente custodito onde utilizzarlo all'occorrenza. Infatti, dopo averlo trovato, sono tornato ancora nel terrazzo tenedomi a debita distanza dalla lunga siepe degli oleandri, ma in posizione tale da consentirmi di focalizzare meglio il contenuto di quel nido con l'aiuto del binocolo.
Mi sono sentito pervaso da gioiosa meraviglia, quattro ovetti di merlo dal colore azzurro intenso posti all'interno in ordine ravvicinato, troneggiavano in attesa della visita imminente dei legittimi proprietari i quali li avrebbero amorevolmente custoditi e difesi. Però pensando anche alla sgradita visita di possibili predatori come alcuni rapaci tipo le cornacchie, la cui presenza dal verso gracchiante sarebbe stata ora più che mai sgradevole e pericolosa, ho sentito nascere in me un forte istinto di protezione verso quelle prossime nuove vite in arrivo e quindi, rientrando in casa mi sono preoccupato di collaborare a mio modo con mamma merla. Ho pensato pertanto che sarebbe stato ancora più opportuno avvicinare il tavolo alla siepe, depositando una ciotola d'acqua onde poter facilitare l'approvvigionamento idrico a mamma merla e inoltre, depositando alcuni pezzetti di mela e qualche briciola di pane fresco spargendolo accuratamente, pur temendo che non sarebbe stato di esclusivo appannaggio di mamma merla. A questo punto non mi restava che aspettare, pertanto mi sono appostato all'interno del salone dietro alla finestrella prospiciente la mensola esterna del barbecue e posta frontalmente in direzione della siepe dell'oleandro in cui dimorava il nido appena scoperto.

Prima o poi mamma merla sarebbe arrivata per covare le uova e infatti dopo circa un'ora, favorita dall'assenza dei rumori esterni, comunque ovattati per la desueta circostanza, ecco avvicinarsi svolazzante la sagoma del merlo che si accovacciava comodamente sul nido. Con il binocolo ho potuto così vedere da vicino i movimenti del volatile, alla ricerca della posizione migliore per riscaldare il prezioso contenuto. Un altro merlo a breve distanza si aggirava tra i grossi vasi del terrazzo, evidentemente alla ricerca di cibo, ma soprattutto per controllare che non ci fosse alcun pericolo in arrivo. Ho notato che questo merlo era leggermente diverso dal precedente, aveva il becco giallo, il contorno degli occhi di un tenue colore arancione, la pigmentazione del piumaggio di colore più intenso e la dimensione di poco più accentuata. Tutte queste caratteristiche mi hanno fatto supporre che si trattasse del papà merlo, esso infatti ha incominciato ad emettere il suo inconfondibile gorgheggio aggirandosi tra la vegetazione del terrazzo e dando, tempo dopo, il cambio alla compagna per la covata. Chissà da quanti giorni ciò avveniva e senza che io mi fossi ancora accorto del tutto!

Intanto il sole stava diventando più alto e più caldo e invitava i pennuti a cercare ristoro alla ricerca di acqua. L'olfatto e l'intuito degli animali è portentoso, infatti i due merli con assoluta e attenta circospezione si sono avvicinati alla ciotola d'acqua per immergere timidamente il becco all'interno sorseggiando più volte a turno il prezioso liquido. Io ero estasiato guardando l'avvicendarsi di queste operazioni, via via mi sono infervorato ancora maggiormente a guardare senza perdere un istante di ciò che consideravo un evento speciale, inconsueto per i miei occhi. Mamma merla continuava la covata mentre il maschio si involava, probabilmente alla ricerca di cibo da procurarsi presso il parco sottostante.

Ormai avevo deciso di continuare il mio rituale controllo visivo a puntate, per soddisfare la mia curiosità e per arricchire il mio bagaglio di conoscenza delle cose, soprattutto verso il mondo animale che tanto mi avvince, specialmente ora in questi tempi di estrema difficoltà.
Ed ecco che anche per il giorno successivo ho proceduto al controllo della situazione spiando le mosse dei merli considerati ormai presenze di natura già familiare.
Ora i merli non disdegnavano beccare pezzetti di mela e qualche briciola di pane anche se le due cose non potevano essere per loro l'unico mezzo di sostentamento. In quei due giorni ho evitato di uscire più volte in terrazzo limitandomi solo a un paio di sortite per non alterare l'equilibrio dell'habitat naturale, creato ad hoc per l'occasione. Ma le mie perlustrazioni, con l'ausilio del binocolo dietro la finestrella del soggiorno, sono continuate per qualche ora registrando la presenza assidua della merla sul nido. Anche per la terza mattina mi sono apprestato al controllo della situazione, ma con mia grande sorpresa e gioia ho notato che gli ovetti si erano schiusi, segno evidente che la covata durava ormai da parecchi giorni.
Quattro esserini implumi animavano il nido con i loro teneri movimenti e non passò molto tempo prima che arrivasse mamma merla per portare del cibo alla nidiata. I piccoli pulli a becco spalancato attendevano la madre che portasse loro del cibo e dell'acqua. Ho individuato infatti tra il becco della merla un paio di lombrichi che venivano depositati all'interno delle fauci spalancate dei piccoli. Mamma merla si serviva pure dei pezzetti di mela posti sul tavolo beccando in modo da porgerli alle bocche protese degli affamati neonati. Anche il maschio dei merli, svolazzando a poca distanza, faceva sentire la sua presenza controllando che non ci fossero pericoli dovuti a eventuali presenze di estranei e sgraditi ospiti nelle vicinanze.

L'iter si è ripetuto per giorni e giorni, mentre i piccoli pulli crescevano a vista d'occhio. Arrivò il momento in cui indossarono il primo piumaggio che all'inizio sembrava assumere un colore tendente a un leggero leucismo, ma che poi col passare dei giorni assunse il colore più definito passando prima a un grigio chiaro, poi via via più scuro fino ad assumere definitivamente il colore nerastro, caratteristico per tutti i merli.
La mia attenzione e il mio interesse per quanto avveniva di giorno in giorno sul mio ampio terrazzo, mi incitava ad aver cura dei piccoli senza far loro mancare nulla di cui essi potessero aver bisogno: l'acqua, le briciole di pane e qualche pezzetto di mela, benché il mio intervento esterno non avrebbe ovviamente sopperito alle cure che già i piccoli ricevevano naturalmente dai propri genitori. I due merli ormai si erano abituati ad attingere l'acqua dalla ciotola considerandola come la fonte da cui servirsi per dissetare i propri piccoli. Curioso era il modo in cui mamma merla attingeva l'acqua trattenendola nel becco ben serrato e versandola poi nella bocca dei piccoli con la dovuta attenzione mentre papà merlo, appollaiato su un ramo del mio unico albero di albicocco, intonava melodiosi gorgheggi allietando la presenza di tutta la congrega familiare. Sempre con l'aiuto del binocolo ho notato molto da vicino la precisione e l'accuratezza dei movimenti che mai hanno distolto la mia attenzione sempre più interessata a tutto ciò.
Piuttosto la mia funzione di custode nei loro confronti poteva e doveva essere quella di vigilare sulla presenza di un possibile quanto temuto arrivo di rapaci nemici, le cui incursioni avrebbero potuto mettere seriamente a repentaglio l'incolumità di quella simpatica famigliola.

Ho sempre paventato questo pericolo, ma fortunatamente è sempre andato tutto bene fino a quando un pomeriggio, mentre ero assorto nella lettura del testo di uno dei tanti classici antichi preferiti, mi sono sentito attirato da versi striduli e incessanti, accompagnati da strilli gracchianti e assordanti provenienti dal terrazzo. Mi sono precipitato velocemente sul luogo da cui provenivano gli schiamazzi e ho assistito, rabbrividendo, a uno spettacolo raccapricciante a conferma dei miei timori. Una grossa cornacchia dal mantello grigio e dal becco lungo e puntuto minacciava i merli con molta aggressività puntando gli artigli verso di loro. Mamma merla stava accovacciata sul nido a difesa dei pulli, mentre il merlo papà cercava di rintuzzare a suo modo gli attacchi del pennuto rapace. La mia tempestiva irruzione alle spalle del malcapitato uccellaccio è stata provvidenziale e quando mai opportuna. Un veloce fendente inferto con una scopa alla cornacchia, colpendola sia pure solo di striscio, è stato decisivo per allontanare il rapace, il quale resosi conto di soccombere si è eclissato immediatamente, magari abbandonando ulteriori velleità di future incursioni belligeranti.

Allontanato il pericolo, mamma merla ha continuato a difendere il nido senza mai abbandonarlo. Io ho capito che, in quel particolare frangente, sarebbe stato più opportuno rientrare immediatamente per non spaventare viepiù la famigliola dei merli. Infatti mi sono appostato dietro la finestrella e con l'aiuto del mio inseparabile binocolo per osservare la reazione dei volatili. Tutto lo scenario si è svolto in pochi secondi e così come drammaticamente aveva avuto il suo inizio, così serenamente ha trovato il suo più giusto epilogo.
Una conclusione che mi ha richiamato alla mente l'esempio della poesia descritta da Giacomo Leopardi “La quiete dopo la tempesta”. Una sensazione di progressiva soddisfazione si è impadronita dei miei pensieri, valutando quali accorgimenti avrei potuto mettere in atto a difesa di quella famigliola di merli. Benchè affascinato dal fatto che la mia presenza non avesse suscitato in loro una reazione di paura, mi sono reso conto che, con ogni probabilità, essi abbiano intuito il mio gesto di difesa nei loro confronti, pertanto mi sono sentito inorgoglito per aver conquistato la loro riconoscenza, confermata dalla loro continua permanenza nel luogo dove avrebbe potuto consumarsi un evento delittuoso.
Ho continuato ancora per un paio di giorni a sorvegliare la nidiata sempre con l'aiuto del binocolo, questa volta con più assidua frequenza, rilevando una crescita costante dei piccoli merli ormai prossimi al momento dell'abbandono del nido.

L'altra mattina, appostandomi come al solito dietro la finestrella ho constatato il nido vuoto. Sono andato fuori per controllare se i piccoli merli non fossero caduti faticando a spiccare il volo, ma non trovandoli ho intuito che per loro, evidentemente, fosse arrivato il momento giusto per spiccare il volo verso la libertà che spettava loro di diritto. Non so dire se il sentimento che ho provato nel constatare il nido ormai abbandonato fosse stato di dispiacere o meglio di soddisfazione contribuendo al loro ingresso nella vita, di sicuro però mi sono sentito felice e orgoglioso, nel mio piccolo, per aver contribuito ad aiutare quei merli.

Ho deciso di non toccare mai il nido lasciandolo integro, forse con la speranza di rivedere un giorno la stessa coppia di merli, magari ancora pronta per una seconda nidiata.
Mi sono reso conto, in ogni caso, che le mie cure non sono state poi così discretamente rilevanti in questa bellissima avventura, ma questa esperienza è servita per farmi notare ciò che altrimenti non avrei mai potuto considerare e cioè “il dare agli altri senza pretendere di ricevere” una morale che per altri versi la si può trasferire alla sfera politica, quel mondo che durante l'aggressione da parte del “corona virus”, ha reagito con alterne vicende... Infatti le azioni intraprese da parte dei governanti sia in ambito casalingo come in quello internazionale, a difesa dell'umanità, nascondono tuttora delle verità inconfutabili in cui le scelte sono scevre da interessi personali, ma non esenti dai soliti interessi politici.
I “signori della politica” anteponendo i meriti partitici al mero obiettivo benefico, hanno dimostrato che l'unione di intenti per agire con fermezza è scaturita solo esaltando i meriti di potere. Pertanto è vero che la salute e la sicurezza del popolo sia stata difesa tramite interventi necessari e improcrastinabili, ma è altrettanto vero che si sarebbe potuto salvaguardare il merito evitando di rivendicare paternità politiche con evidenti cadute di stile. Le frasi pronunciate dalla solita schiera dei soloni favorevoli e di quelli bastiancontrari non fanno bene al presente e non lasciano intravedere un roseo futuro!
A questo proposito mi sovviene un antico proverbio latino che dice:
Adulator propriis commodis tantum suadet” ovvero “L'adulatore tiene di mira solo i suoi interessi”.
Ed è proprio questo il concetto che si sta delineando fra le quinte della politica, quando invece sarebbe necessario e opportuno citare apertamente sul palcoscenico della vita, in antitesi alla logica delle convenienze di partito, una celebre frase pronunciata da Virgilio e precisamente:
Amor vincit omnia” ovvero “L'amore vince su tutto”

Sono passati due giorni da quando la famigliola dei merli ha lasciato il nido per continuare l'iter esistenziale imposto loro dalla natura. Credo fermamente, a torto o a ragione, di aver riportato in questo mio umile scritto le sensazioni e le emozioni che ho provato in quella circostanza.
Mentre scrivo, sento chiaro e distinto il canto di un merlo provenire dal terrazzo. Costretto ad interrompere, esco e trovo sul ramo dell'albero di albicocco quel merlo che ha deliziato il mio spirito per qualche giorno. La sua melodia è sempre inconfondibile, esso prosegue imperterrito il suo canto flautato malgrado la mia presenza, stavolta molto ravvicinata, possa causare la sua possibile fuga. Forse con questo dolce gorgheggio intende tributarmi un ringraziamento...

Grazie a te invece caro merlo, ho imparato da te più di quanto si possa credere!...
Torna ancora e magari assieme alla tua compagna per rendere più allegri i miei giorni di noia.
Grazie per aver risvegliato in me
il sentimento di amore verso la natura e... buona Pasqua!


Dedicato alla mia nipotina

nostalgico rossonero